C’è molta tensione intorno al referendum in Catalogna
Si dovrebbe votare l'1 ottobre per l'indipendenza dalla Spagna, ma il governo spagnolo sta facendo di tutto per impedirlo
In Spagna ci si sta preparando per il referendum sull’indipendenza della Catalogna, che si dovrebbe tenere l’1 ottobre nonostante le autorità spagnole lo abbiano definito “illegale”. Negli ultimi giorni i rapporti tra le autorità di Madrid e il governo catalano guidato dal presidente Carles Puigdemont sono diventati ancora più tesi. Ieri il procuratore generale spagnolo José Manuel Maza ha annunciato l’avvio di un’indagine su 712 sindaci di altrettante città catalane (PDF) accusati di cooperare con gli organizzatori del referendum, mettendo per esempio a disposizione le strutture per votare. Maza ha aggiunto che i sindaci che non coopereranno con gli investigatori saranno arrestati e la procura generale spagnola dice che potrebbero essere accusati di disobbedienza di fronte alla Corte Costituzionale, reato per il quale sono previsti diversi anni di carcere.
Tra i comuni che hanno annunciato di voler offrire le strutture per il referendum ci sono per esempio Girona, Vic, Manresa, Martorell, Villanova i la Geltrú, Reus e Villafranca del Penedés; ci sono anche dei municipi legati agli attentati di Barcellona e Cambriles del mese scorso, come Alcanar, dove la cellula terroristica aveva la sua base operativa, e Subirats, dove è stato ucciso l’attentatore di Barcellona, Younes Abouyaaqoub. Proprio le indagini successive agli attentati in Catalogna avevano mostrato i pessimi rapporti esistenti tra il governo centrale di Madrid e quello catalano, nonostante i continui appelli pubblici all’unità arrivati da diverse parti: per esempio Puigdemont e il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, contrario al referendum sull’indipendenza, avevano aspettato ben 20 ore prima di parlarsi dopo gli attentati.
La Sagrada Familia con srotolata una bandiera catalana, Barcellona, 11 settembre 2017
(David Ramos/Getty Images)
Il procuratore generale Maza ha anche ordinato ai Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, di farsi carico delle indagini su eventuali atti di disobbedienza dei sindaci catalani e li ha incaricati di adottare qualsiasi misura necessaria per evitare che il prossimo 1 ottobre si celebri il referendum indipendentista. È difficile dire cosa succederà ora, anche perché nelle ultime settimane la stessa polizia catalana si è scontrata più volte con le autorità spagnole, soprattutto dopo gli attentati di Barcellona e Cambriles: tra le altre cose i Mossos d’Esquadra hanno rivendicato il diritto di accedere direttamente a informazioni di intelligence senza passare per le forze di sicurezza spagnole, e hanno pubblicamente smentito alcune dichiarazioni del ministro degli Interni spagnolo sulle indagini allora in corso sugli attentatori.
L’Español ha raccontato un episodio rilevante: nell’estate 2016 Josep Trapero, il capo dei Mossos d’Esquadra, partecipò a una festa a Cadaqués (Girona) dove c’erano anche Puigdemont e altri indipendentisti molto noti, come il presidente della squadra di calcio del Barcellona, Joan Laporta: «A un certo punto Trapero prese la chitarra per interpretare Serrat [Joan Manuel Serrat, famoso cantautore catalano] mentre i presenti gli andavano dietro. Durante la giornata furono anche scattate fotografie di alcuni degli invitati con la bandiera estelada indipendentista», ha scritto l’Español. Trapero è diventato molto noto, sia in Spagna che all’estero, grazie alle conferenze stampa tenute nelle ore e i giorni successivi agli attentati in Catalogna, nelle quali si presentava insieme al ministro degli Interni catalano, Joaquim Forn, che in una recente intervista ha scartato l’ipotesi che i Mossos d’Esquadra agiranno per fermare il referendum. Forn ha detto: «Non solo non arriveremo a impedire il referendum, tutto il contrario: ne renderemo più facile la partecipazione».
Josep Trapero, capo dei Mossos D’Esquadra (a destra), insieme al ministro degli Interni catalano Joaquim Forn durante una conferenza stampa tenuta a Barcellona dopo gli attentati in Catalogna, il 31 agosto 2017 (LLUIS GENE/AFP/Getty Images)
La polizia catalana e quella spagnola sono state incaricate di sequestrare tutto il materiale che potrebbe essere usato dal governo catalano per tenere il referendum, come per esempio le urne. Il Pais ha scritto che «le urne sono un elemento chiave nella battaglia tra Madrid e Barcellona: non si può tenere un referendum senza urne, senza schede elettorali o senza seggi dove votare»; il fatto è che non si sa dove le autorità catalane tengano il materiale da usare per il voto, né si conosce ancora come si svolgeranno precisamente le operazioni di voto.
Il referendum sull’indipendenza della Catalogna è stato organizzato e voluto dal governo catalano, che è sostenuto da forza indipendentiste. La scorsa settimana la Corte costituzionale spagnola ha sospeso la legge con la quale il Parlamento della Catalogna aveva convocato il referendum sull’indipendenza della regione, per valutare se violi o meno la Costituzione del paese, che dice che la Spagna è indivisibile. Nelle intenzioni dei leader indipendentisti catalani, il referendum non dovrebbe richiedere un quorum e il suo risultato dovrebbe essere vincolante.