In Norvegia le elezioni si giocano sul petrolio
Si vota oggi e centrodestra e centrosinistra sono molto vicini: per formare una maggioranza dovranno allearsi con i piccoli partiti che chiedono maggiori limiti alle estrazioni petrolifere
Alle elezioni politiche norvegesi di oggi il governo di centrodestra sta tentando un’impresa storica: diventare la prima coalizione conservatrice a farsi rieleggere per due mandati consecutivi dopo oltre 30 anni quasi sempre dominati dal centrosinistra. Il risultato è ancora incerto e i principali partiti potrebbero trovarsi separati soltanto da pochi punti percentuali. I primi exit poll saranno pubblicati alle 19, ma per conoscere il vincitore potrebbe essere necessario attendere fino a martedì, quando il conteggio ufficiale dei voti sarà terminato.
Indipendentemente da chi prenderà più voti, ci sarà comunque bisogno di formare ampie coalizioni per dare una maggioranza parlamentare al governo. A quel punto entreranno in gioco i piccoli partiti di minoranza, che dovranno essere convinti dai grandi partiti a formare alleanze. Questo significa che centrodestra e centrosinistra dovranno probabilmente accettare dei compromessi su un tema che sta a cuore a quasi tutti i partiti minori: la tutela dell’ambiente, che, in Norvegia, significa in primo luogo mettere un freno all’espansione della grande industria petrolifera del paese.
Probabilmente, le elezioni si giocheranno per poche migliaia di voti. Secondo i sondaggi, il Partito Laburista norvegese, socialdemocratico, sarà il partito di maggioranza relativa, con circa il 26 per cento dei consensi. La coalizione di centrodestra, però, dovrebbe riuscire a superarlo: il Partito Conservatore è stimato intorno al 24 per cento mentre il Partito del progresso, spesso accusato di essere una formazione di destra populista, è dato al 15 per cento. I conservatori, come gran parte dei partiti di centrodestra attualmente al potere nei paesi scandinavi, propongono di ridurre le tasse per rendere il paese economicamente più competitivo e promettono di dare maggiore attenzione al mondo delle imprese. I socialdemocratici propongono un ritorno alle radici della politica norvegese: maggiori tasse per offrire migliori servizi pubblici, danneggiati dai tagli degli ultimi anni.
Il programma dei socialdemocratici aveva ottenuto molti consensi nel corso dell’ultimo anno, anche a causa della crisi causata nel 2014 dal crollo del prezzo del petrolio, la principale industria norvegese. Circa 50 mila persone hanno perso il lavoro e, a causa delle loro difficoltà, si sono avvicinati ai socialdemocratici. Negli ultimi mesi, però, l’economia ha subito un “rimbalzo”, come si dice in gergo: gran parte della disoccupazione è stata riassorbita, il governo di centrodestra è cresciuto nel gradimento degli elettori e i socialdemocratici hanno perso in pochi mesi circa dieci punti nei sondaggi. Anche a causa di questo calo, la competizione tra i principali partiti è diventata molto più serrata.
Il sistema elettorale norvegese è un proporzionale con una soglia di sbarramento al 4 per cento. Per formare una maggioranza è necessario che i grandi partiti formino una coalizione con i partiti più piccoli che sono riusciti a superare la soglia. Tra questi “piccoli partiti”, il Partito del centro e il Partito della sinistra socialista sono più inclini ad allearsi con i socialdemocratici, mentre i Cristiano democratici e i Socialiberali sono più vicini al centrodestra. In questo scenario, l’ago della bilancia potrebbero diventare i Verdi, che sono dati dai sondaggi appena sopra il 4 per cento. Nel corso della campagna elettorale i verdi hanno sottolineato la loro estraneità all’asse destra e sinistra, ricordando che il loro programma e quindi le loro richieste a un eventuale partner di coalizione saranno legate soprattutto alle questioni ambientali.
Il cambiamento climatico e il futuro dell’industria petrolifera norvegese sono da tempo un elemento centrale nel dibattito pubblico norvegese. Il paese ospita un’importante industria estrattiva che alimenta il più grande fondo sovrano del mondo del valore di quasi mille miliardi di euro. Il petrolio ha permesso alla Norvegia di avere il più alto tenore di vita della Scandinavia e di mantenere numerosi servizi pubblici moderni ed efficienti. Tra le generazioni più giovani, però, è cresciuta la consapevolezza dei danni causati all’ambiente dall’uso dei carburanti fossili. I sondaggi mostrano che per la prima volta una maggioranza dei norvegesi è favorevole all’idea di lasciare parte delle riserve di petrolio nel paese sottoterra (secondo gli accordi sul clima di Parigi, circa un terzo delle riserve di carburanti fossili andrebbe lasciato dove si trova).
Tutti i principali partiti, Socialdemocratici, Conservatori e Partito del progresso sono favorevoli all’industria petrolifera (uno degli slogan dei progressisti è “Tireremo fuori fino all’ultima goccia”), ma dopo le elezioni dovranno fare i conti con le richieste dei loro potenziali alleati.
Quasi tutti i piccoli partiti, sia di destra che di sinistra, chiedono limiti più severi all’industria, come ad esempio l’istituzione di divieti di esplorazione ed estrazione nelle aree ecologicamente più delicate. Il caso più simbolico è quello dell’arcipelago delle Lofoten, una delle località naturalistiche più apprezzate della Norvegia che, secondo i geologi, ospita nei suoi fondali circa 50 miliardi di euro in barili di petrolio. Tutti i principali partiti sono favorevoli a iniziare lo sfruttamento dell’area, ma i loro futuri e potenziali alleati chiedono che le estrazioni nell’arcipelago vengano vietate.
I più agguerriti nelle loro richieste sono i Verdi, che vogliono fermare tutte le nuove esplorazioni e trivellazioni e chiedono anche una riduzione degli sconti fiscali e delle altre agevolazioni che riceve l’industria petrolifera. Se centrodestra e centrosinistra non riusciranno a formare un governo con i loro tradizionali alleati minori, i Verdi diventeranno essenziali a formare una maggioranza e per partecipare a qualsiasi governo chiederanno probabilmente un prezzo molto alto. Da domani, quindi, le prospettive dell’industria petrolifera norvegese potrebbero cambiare parecchio.