Perché non si parla più del Venezuela
Perché il presidente Maduro ha vinto, di fatto: dopo sei mesi di proteste e 125 morti il Parlamento è stato sciolto e i manifestanti hanno abbandonato le piazze
Dopo mesi di proteste e scontri durissimi, in Venezuela il principale partito dell’opposizione ha detto che parteciperà alle prossime elezioni locali indette dal governo, mentre le proteste contro il presidente Nicolas Maduro e la sua Assemblea costituzionale si sono affievolite. I manifestanti sembrano essersi rassegnati alla vittoria politica ottenuta da Maduro, che è riuscito a sciogliere il Parlamento – dove l’opposizione aveva la maggioranza a seguito di regolari elezioni – e a sostituirlo con una nuova Assemblea costituente, formata dai suoi sostenitori e scelta con un voto probabilmente truccato.
Le proteste in Venezuela avevano ripreso forza lo scorso marzo, quando la Corte suprema – controllata dal governo – decise di togliere i poteri al Parlamento del paese, accusato di «ribellione e oltraggio» nei confronti della stessa corte. Dalle elezioni del 2015 il Parlamento era dominato dai partiti che si oppongono a Maduro, che all’epoca ottennero il 56 per cento dei voti contro il 40 per cento della coalizione che sostiene il governo. Secondo la maggior parte degli esperti, il disastroso risultato di Maduro era stato causato dalla terribile crisi economica che da anni è in corso nel paese: in Venezuela l’inflazione è a due cifre, mancano beni di consumo e di prima necessità, c’è poco cibo e quello che si trova al mercato nero ha prezzi altissimi.
Le opposizioni accusano della crisi il presidente Maduro, che ha adottato una politica di ampissimi interventi dello Stato in economia senza riuscire però a creare ricchezza e sviluppo da settori che non siano quello petrolifero, peraltro in crisi da anni. In Venezuela molte aziende sono controllate dallo Stato o sono state sequestrate in tempi recenti; il regime dei cambi è strettamente sorvegliato ed è praticamente impossibile procurarsi valute estere al cambio ufficiale, bisogna invece recarsi sul mercato nero, dove i cambi sono molto meno vantaggiosi. Secondo il governo, invece, la crisi è frutto di un complotto delle opposizioni che stanno portando avanti una “guerra economica” in combutta con i principali imprenditori del paese e con il governo degli Stati Uniti.
Le proteste sono proseguite per tutta l’estate con la partecipazione di decine di migliaia di persone. Dalla fine di luglio, però, anche a causa della durissima reazione della polizia contro i manifestanti, le grandi marce hanno lasciato il posto a scontri locali tra gruppi di ragazzi mascherati e reparti della polizia. Si calcola che nel corso dell’estate 125 persone siano morte negli scontri tra polizia e manifestanti. Altre 2 mila sono rimaste ferite. Diversi leader dell’opposizione sono stati uccisi negli scontri o in circostanze poco chiare. Altri sono stati arrestati oppure costretti a fuggire dal paese. Al momento le strade delle città venezuelane sono presidiate dall’esercito e dalle milizie fedeli al governo, e tra l’opposizione si respira un clima di delusione e sfiducia. Gli ultimi comizi organizzati dagli avversari di Maduro hanno attirato poche decine di persone.
La principale causa di scoramento sembra essere la vittoria che Maduro ha ottenuto con l’insediamento dell’Assemblea costituente che, in teoria, dovrà formulare una nuova Costituzione. L’assemblea è stata votata alla fine di luglio, al culmine delle grandi proteste; l’opposizione ha boicottato il voto; il governo, a quanto sembra, ha truccato il dato dell’affluenza. Ma nonostante questo l’Assemblea si è insediata regolarmente e ha sciolto il Parlamento, eliminando così l’unico ostacolo politico al presidente Maduro, che ora controlla il potere giudiziario, tramite la Corte suprema, e quello legislativo, visto che l’Assemblea ha anche le funzioni del vecchio Parlamento.
Il principale leader dell’opposizione, il governatore dello stato di Miranda Henrique Capriles, ha detto che il prossimo passo per combattere il governo sarà vincere le elezioni locali di ottobre, quando i venezuelani saranno chiamati a rinnovare i governatori dei 23 stati che compongono il paese. Nel 2012 il voto non era andato bene per le opposizioni, che vinsero in soli tre stati. Secondo alcune sondaggi il prossimo ottobre le cose dovrebbero andare diversamente e l’opposizione dovrebbe portare a casa la maggior parte dei 23 stati. Capriles ha detto che il voto sarà un’ottima occasione per mostrare l’impopolarità del governo e la forza delle opposizioni.
Non tutti però sono d’accordo con lui. I più duri tra i leader dell’opposizione, quelli che hanno condotto gli scontri di agosto, sostengono che partecipare alle prossime elezioni sarà come accettare quello che è avvenuto quest’estate: lo scioglimento del Parlamento, il voto truccato, l’insediamento di una nuova Assemblea. Secondo loro l’opposizione dovrebbe continuare a protestare contro gli atti illegittimi del governo senza giungere a compromessi. In parte sembra pensarla così anche lo stesso Maduro, che dopo l’annuncio di Capriles ha detto che la volontà dell’opposizione di partecipare alle elezioni locali è il segnale che in Venezuela la situazione si è normalizzata e che il voto sarà libero e corretto.
Non sembra improbabile, però, che il governo decida di utilizzare il potere giudiziario per ostacolare i candidati dell’opposizione. Lo stesso Capriles non potrà ricandidarsi a governatore del Miranda per via di un’indagine nei suoi confronti. L’Assemblea costituente ha già detto che intende processare tutti i principali leader dell’opposizione per tradimento, in seguito al loro comportamento durante le proteste degli ultimi mesi. Il comportamento del governo venezuelano è stato criticato dall’Unione Europea e da gran parte dei paesi dell’America Latina. Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni al presidente Maduro e ai suoi principali consiglieri.