Obama ha criticato Trump
Sulla decisione di abrogare il programma a favore degli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini
Martedì 5 settembre, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di mettere fine a un importante programma dell’amministrazione Obama sull’immigrazione, il DACA (da “Deferred Action for Childhood Arrivals”), quello per cui gli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini, seguendo i propri genitori, sono stati immuni dalle espulsioni e hanno avuto la possibilità di ottenere permessi di lavoro.
Dopo qualche ora Barack Obama ha pubblicato una nota in cui ha definito l’abrogazione «sbagliata», «autolesionista» e «crudele». L’ex presidente ha scritto che l’immigrazione «può essere un argomento controverso» e che «tutti noi vogliamo frontiere sicure» e «un’economia dinamica». Ha però spiegato le ragioni che lo avevano spinto ad approvare il DACA: il fatto che «non aveva senso» punire quei ragazzi, i cosiddetti “Dreamers” – che sono «americani nei loro cuori, nella loro mente, in ogni modo, tranne uno: sulla carta» – «a causa delle azioni dei loro genitori». «La mia amministrazione ha agito per allontanare l’ombra della deportazione da questi giovani».
«Ma oggi quell’ombra è stata calata ancora una volta su alcuni dei nostri migliori e più brillanti giovani. Prendere di mira questi ragazzi è sbagliato, perché non hanno fatto niente di male. È autolesionista perché vogliono solo iniziare a fare impresa, lavorare nei nostri laboratori, servire nelle nostre forze armate o contribuire in altri modi al benessere del Paese che amiamo. Ed è crudele».
E ancora:
«Sia chiaro: il provvedimento deciso oggi non è richiesto legalmente. È una decisione politica e una questione morale».
Obama si è poi rivolto al Congresso al quale Trump ha chiesto di rimpiazzare il programma con una nuova legge prima della sua fine ufficiale, il 5 marzo 2018:
«Ora che la Casa Bianca ha spostato la responsabilità per questi giovani sul Congresso, spetta ai membri del Congresso proteggere questi giovani e il nostro futuro».
E infine:
«Si tratta di sapere se siamo persone che espellono i giovani lavoratori pieni di speranza fuori dall’America o se siamo persone che li trattano nel modo in cui vorremmo fossero trattati i nostri figli. Si tratta di sapere chi siamo come popolo e chi vogliamo essere».