La legge sul lavoro di Emmanuel Macron
Il nuovo presidente francese ha presentato il suo progetto più ambizioso e rischioso fin qui
«Se Emmanuel Macron era preoccupato per la sua popolarità in crollo verticale, è bene che sappia che non ha ancora visto nulla», ha scritto ieri Nicholas Vincour, corrispondente dalla Francia per Politico.eu. Giovedì 31 agosto il presidente francese ha presentato con un’intervista al settimanale Le Point il suo progetto più ambizioso: la più grande riforma delle leggi sul lavoro francesi mai tentata negli ultimi decenni. È una riforma molto delicata per la Francia, un paese dove i sindacati hanno molto potere contrattuale e dove i lavoratori godono di un elevato grado di protezione dal licenziamento.
Secondo Macron e secondo molti dei politici francesi di destra e di sinistra moderata, questa rigidità del mercato del lavoro francese si è trasformata negli ultimi anni in un ostacolo alla crescita economica e per questo motivo il settore deve essere riformato. Altri accusano Macron di voler introdurre un eccessivo grado di precarizzazione nella vita dei lavoratori francesi. In passato riforme del lavoro meno ambiziose sono state accolte con proteste in tutto il paese e hanno messo in difficoltà i governi che le promuovevano. Per il momento, però, Macron sembra essersi giocato bene le sue carte e l’opposizione alla sua riforma appare più debole di quanto prevedevano i più pessimisti.
In sostanza, lo scopo della riforma è indebolire il potere contrattuale dei sindacati e rendere più semplici i licenziamenti e quindi, in teoria, le assunzioni. Per farlo, la riforma introduce una serie di ampie modifiche al codice del lavoro francese, un documento lungo circa 3.400 pagine in cui alcuni articoli sono vecchi di oltre un secolo. La riforma – i cui dettagli tecnici non sono ancora stati del tutto decisi – si articola in cinque punti principali.
- I contratti di lavoro potranno essere negoziati a livello aziendale, non soltanto a livello nazionale. Significa che le singole imprese potranno contrattare con i lavoratori alcuni dettagli del loro contratto, mentre oggi devono adeguarsi ai contratti decisi durante le contrattazioni di settore (il contratto dei metalmeccanici, per esempio, viene discusso dal sindacato dei metalmeccanici con i rappresentanti delle industrie del settore e vale per tutte le industrie del paese). La contrattazione nazionale non sarà abbandonata del tutto, ma le singole imprese potranno derogare in parte ai contratti nazionali, anche se non è ancora chiaro in quale misura.
- Sarà eliminata la clausola della “salute globale dell’azienda” che consente di bloccare i licenziamenti collettivi se l’azienda ha complessivamente i conti in attivo. Con la modifica che sarà introdotta dalla riforma, il giudice potrà opporsi solo se la sezione francese dell’impresa in questione ha i conti in attivo.
- La legge stabilirà una tabella per le compensazioni monetarie in caso di licenziamento scorretto. Attualmente esistono simili tabelle ma sono considerate indicative. La cifra con cui compensare il lavoratore viene decisa durante un arbitrato ed è frequentemente molto più alta dei minimi previsti. È un sistema molto criticato dalle aziende, che lo trovano imprevedibile e difficile da gestire; per lo stesso motivo i sindacati lo considerano una delle principali assicurazioni contro il licenziamento dei lavoratori.
- Le imprese con meno di 50 dipendenti avranno meno regole. Per esempio non dovranno più formare una rappresentanza dei lavoratori, un comitato di controllo della salute dei lavoratori e uno dedicato alla loro sicurezza. Questi tre gruppi di controllo saranno unificati in un’unica struttura.
- I contratti a tempo determinato (CDD) saranno liberalizzati. Al momento la loro durata e la possibilità di rinnovarli (un massimo di due volte) sono stabiliti da una legge dello stato. Con la riforma questi dettagli potranno essere contrattati a livello di settore. I metalmeccanici e le industria del settore, per esempio, potranno decidere di allungare o accorciare la durata del contratto e il numero di volte in cui può essere rinnovato.
Tutte queste novità hanno lo scopo di “abbassare” il livello della contrattazione, rendendo meno importanti i grandi sindacati. I critici sostengono che in questo modo i lavoratori avranno meno potere contrattuale e quindi lavoreranno in condizioni peggiori. La riforma servirà anche a rendere più flessibile il mercato del lavoro, permettendo così alle imprese di licenziare con maggiore facilità i lavoratori, ma anche di assumerli senza la preoccupazione di non potersene liberare se non con grande difficoltà.
Una riforma meno ambiziosa di quella voluta da Macron e promossa dal presidente François Hollande venne contestata duramente nell’estate del 2016, al punto da costringere il governo a eliminare dal testo le parti più controverse. Tentativi simili fallirono anche nel 1995 e nel 2010. A bloccare le leggi ha contribuito la capacità dei sindacati francesi di mobilitare milioni di lavoratori e organizzare grandi proteste in tutto il paese.
Questa volta però le cose potrebbero andare in maniera differente. Gran parte dei giornali scrivono in questi giorni che Macron e la sua squadra hanno negoziato con abilità con i sindacati. Nel corso dell’estate si sono svolti più di cento incontri, a volte tra governo e sindacati riuniti, a volte tra governo e singoli sindacati, per illustrare i contenuti della riforma ma anche per spezzare l’unità sindacale e rendere così meno pericolose le eventuali proteste. Almeno per il momento, Macron sembra aver avuto successo.
Il prossimo 12 settembre ci sarà uno sciopero organizzato dal più grande sindacato francese, la CGT. Anche il leader della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon, che alle ultime elezioni ha ottenuto a sorpresa un buon risultato, ha annunciato una manifestazione, ma ha scelto un’altra data, il 23 settembre. Per Mélenchon le proteste contro la riforma sono l’occasione di presentarsi come l’anti-Macron, vicino ai lavoratori e alle loro istanze. Non sembra essere riuscito, però, a unificare la sua proposta con quella del più grande sindacato francese.
Il fronte della sinistra e dei sindacati è ulteriormente diviso sulla riforma. Una parte del Partito Socialista, per esempio, la appoggia più o meno apertamente. Force Ouvrière e CFDT, due dei principali sindacati del paese, hanno detto che per quanto non siano del tutto soddisfatti, non aderiranno allo sciopero generale proclamato dalla CGT e nemmeno alla manifestazione di Mélenchon. La CFDT, un sindacato moderato e il più grande del settore privato, aveva scelto di non partecipare a diverse proteste già in passato, quindi la sua posizione era in parte scontata. Force Ouvrière, invece, era tra i sindacati che si erano opposti con forza alla riforma del lavoro di Hollande. La sua astensione dallo sciopero del 12 settembre è considerata da molti un importante successo per Macron.
Non è detto però che vada tutto liscio. Come ha notato Politico.eu in un altro articolo, in almeno un’occasione lo stesso Macron non è sembrato del tutto certo del suo successo. Durante una conferenza stampa una settimana fa, ha detto che la Francia è “irriformabile” e che i francesi “odiano le riforme”. Il presidente francese probabilmente si riferiva ai sondaggi secondo cui 9 francesi su 10 ritengono che il codice del lavoro vada riformato, ma il 60 per cento di loro dice di essere preoccupato dalla riforma Macron. A questo bisogna aggiungere che da alcuni mesi la popolarità del presidente è in calo costante. Secondo un sondaggio realizzato ad agosto soltanto il 36 per cento dei francesi approva l’operato di Macron. Cinque anni fa a questo punto il 46 per cento dei francesi approvava l’operato di François Hollande, che si è rivelato poi il più impopolare presidente della storia francese.
Quello che sembra sicuro, invece, è che la riforma non incontrerà ostacoli nel suo percorso legislativo. Macron controlla la maggioranza del Parlamento francese e probabilmente riceverà l’aiuto del centrodestra e forse di parte del centrosinistra. Il Parlamento ha già dato un’approvazione preventiva alla legge e dovrà confermare i decreti che la compongono dopo che saranno ufficialmente approvati dal governo nelle prossime settimane. Macron ha ancora un mese per modificare i decreti, prima che il testo definitivo venga inviato alla Corte Costituzionale.