Trump manderà altri soldati in Afghanistan
È l'opposto di quello che aveva promesso, ma il resto della strategia è ancora molto vago
In un discorso pronunciato ieri sera alla base militare di Fort Myer, in Virginia, il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato la nuova strategia degli Stati Uniti in Afghanistan, dove gli americani stanno combattendo una guerra che dura dal 2001, la più lunga nella storia del paese. Trump, che negli anni passati era stato molto critico verso la strategia decisa dall’amministrazione di Barack Obama e aveva chiesto più volte un ritiro dei soldati dall’Afghanistan, ha annunciato invece un aumento delle truppe americane impegnate nella lotta al terrorismo e la fine della strategia del cosiddetto “nation-building”, cioè del processo di costruzione di uno stato afghano democratico e funzionante. Non ha specificato però quanti soldati verranno mandati nei prossimi mesi in Afghanistan – anche se fonti dell’amministrazione parlano di 4mila soldati, che andrebbero ad aggiungersi agli 8.500 già presenti – e non ha nemmeno definito quale sarà precisamente il tipo di impegno dei militari americani nella regione: ha detto di voler adottare una strategia più completa rispetto al passato, insistendo che saranno le “condizioni sul campo” a determinare concretamente il livello di coinvolgimento dei militari e la strategia generale da adottare.
Trump ha anche annunciato che gli Stati Uniti aumenteranno la loro pressione sul Pakistan, un paese alleato degli americani ma che continua ad avere un atteggiamento ambiguo verso i gruppi estremisti, di fatto fornendo loro protezione nel suo territorio. L’obiettivo della nuova strategia di Trump – che Trump stesso ha definito “principled realism”, traducibile più o meno come “realismo di sani principi” – è quindi sconfiggere lo Stato Islamico e al Qaida ed evitare che i talebani riconquistino i territori che controllavano nel 2001, prima dell’inizio dell’intervento militare americano nel paese, ma non la ricostruzione dello stato afghano.
Come hanno sottolineato diversi giornali americani, Trump è stato molto vago e ha fatto notevoli passi indietro rispetto a quando definiva la guerra in Afghanistan uno spreco di tempo e di risorse, e un “disastro totale” per gli Stati Uniti. «Il mio istinto originale era tirarcene fuori, e storicamente mi piace seguire il mio istinto. Mi sono accorto che le decisioni sono molto diverse quando sei seduto dietro la scrivania dello Studio Ovale», ha detto Trump. La decisione annunciata lunedì sera è stata sostenuta dal dipartimento della Difesa, che chiedeva un aumento delle truppe impegnate in Afghanistan per frenare la rapida avanzata dei talebani degli ultimi 10 mesi. Le forze afghane addestrate dagli Stati Uniti, una piccola parte dell’intero esercito afghano, non sono state in grado di resistere alla pressione militare dei talebani, che potrebbe continuare in futuro e mettere in seria difficoltà la stabilità del governo di Kabul.
Il Washington Post ha scritto che lunedì sera Trump si è rivolto soprattutto ai suoi sostenitori, molti dei quali gli chiedono di andare avanti con il noto slogan “America First” (l’America prima di tutto) e di ridurre quindi le truppe americane impegnate in Medio Oriente e Asia Centrale. Non è chiaro come Trump abbia intenzione di mettere in pratica la sua nuova strategia, anche perché la diplomazia americana non attraversa uno dei suoi periodi migliori: il dipartimento di Stato americano è in crisi da mesi, gli Stati Uniti non hanno ancora nominato un ambasciatore a Kabul e l’amministrazione Trump ha eliminato l’incarico di speciale rappresentante per l’Afghanistan e il Pakistan, un ruolo che finché è esistito si era dimostrato importante per prendere le decisioni riguardanti quella parte di mondo.