Macron ha già scocciato?
La sua popolarità è bassa come quella di Trump, è accusato di essere arrogante e superficiale e forse il peggio deve ancora arrivare
I francesi si sono innamorati molto rapidamente di Emmanuel Macron, il più giovane presidente della storia francese, eletto lo scorso maggio: soltanto un anno fa era il non troppo conosciuto ministro dell’Economia di un traballante e impopolare governo socialista; nel giro di dodici mesi ha abbandonato i socialisti, formato un suo partito, vinto le elezioni presidenziali e sbaragliato i suoi avversari in quelle legislative, diventando così presidente della Repubblica e capo di una delle maggioranze più forti nella recente storia parlamentare francese. Altrettanto rapidamente, però, sembra che Macron stia perdendo il suo consenso.
Secondo un sondaggio della società Ifop pubblicato dal quotidiano Le Figaro, a cento giorni dall’inizio del suo governo soltanto il 36 per cento dei francesi approva l’operato di Macron. Cinque anni fa a questo punto il 46 per cento dei francesi approvava l’operato di François Hollande, quello che si è rivelato poi il più impopolare presidente della storia francese. Non solo: sempre secondo lo stesso sondaggio, solo il 45 per cento dei francesi ritiene che Macron stia rispettando le sue promesse, mentre di Hollande, a cento giorni dalla sua elezioni, lo pensava il 57 per cento dei francesi.
Secondo Ifop, tra le cause di questa situazione ci sono una serie di annunci impopolari fatti da Macron nelle ultime settimane. Il presidente ha parlato di tagli ai sussidi per pagare gli affitti, di aumento dei contributi per l’assistenza sociale e dell’aumento delle tasse sulle sigarette. Sono misure, in particolare le prime due, che colpiranno soprattutto le fasce più deboli della popolazione francese oltre a circa 800 mila studenti.
Sembra però che dietro i bassi consensi di Macron ci sia qualcosa di più di qualche uscita sbagliata negli ultimi giorni. Il suo piano di riforma fiscale è stato esaminato dal Osservatorio economico dell’Università Sciences Po che ha concluso che il 10 per cento più ricco della popolazione francese otterrebbe il 46 per cento dei benefici della riforma. Tagliare le tasse ai ricchi e lo stato sociale ai poveri non sta aiutando Macron a scrollarsi di dosso l’immagine di rampollo privilegiato dell’élite borghese, lontano dai problemi della vita quotidiana della gente comune. Anzi: probabilmente ha ulteriormente peggiorato la situazione.
Inoltre Macron ha promesso una vasta riforma del lavoro che renderà più semplice licenziare, che ridurrà il potere dei sindacati e che darà più libertà ai datori di lavoro di organizzare come preferiscono i loro dipendenti. Diversi governi francesi del recente passato, di destra e di sinistra, hanno provato negli anni ad approvare una riforma che liberalizzasse il mercato del lavoro; l’ultimo tentativo su questa strada è stato fatto da François Hollande, la scorsa estate. Migliaia di persone avevano protestato e Hollande aveva ritirato le parti più controverse della legge. La sconfitta della cosiddetta “loi travail” è considerata da molti la cosa che più delle altre ha spinto poi lo stesso Hollande e il suo entourage a rinunciare alla ricandidatura.
Macron sembra comunque intenzionato a portare avanti la sua nuova “loi travail”. Ha promesso di approvarla tramite decreti governativi, senza passare dal Parlamento se non per l’approvazione in un secondo momento, dopo l’entrata in vigore della legge (la legge delega che glielo consente è già stata approvata). Il suo atteggiamento fin troppo “presidenziale”, cioè con un’altissima concezione delle sue prerogative e del rispetto che gli debba essere portato, era già stato notato da molti in campagna elettorale, quando Macron aveva lasciato intendere che avrebbe preso molto seriamente il suo ruolo in caso di elezione. La presidenza di Macron è già stata definita da alcuni “imperiale” per i toni usati dal presidente, per la sua attenzione per le prerogative che gli spettano e per i modi spesso arroganti che ha esibito negli ultimi mesi.
La stampa francese si è particolarmente arrabbiata perché Macron è stato il primo presidente da quasi mezzo secolo a non dare un’intervista nel giorno dell’anniversario della Presa della Bastiglia. Un membro del suo staff ha fatto sapere ai giornalisti che il pensiero del presidente è così complesso che mal si adatta alla formula “domande e risposte” di un’intervista. Questa risposta ha fatto comprensibilmente infuriare gran parte della stampa francese, che ha cominciato a paragonare Macron a Luigi XIV, il Re Sole (quello de “Lo stato sono io!”) o addirittura al presidente turco Erdogan.
Macron non ha fatto arrabbiare solo stampa, studenti e sindacati, ma ha litigato anche con l’esercito. In campagna elettorale aveva promesso nuovi investimenti e, in ogni caso, nessun taglio al bilancio militare. Appena eletto, però, si è reso conto che senza tagli alla difesa non avrebbe potuto raggiungere il suo obiettivo di contenere il deficit, che a sua volta gli serve per trattare da pari con la Germania. Secondo i giornali Macron avrebbe comunicato la sua decisione al capo dell’esercito, il generale Pierre de Villiers, in modo piuttosto brusco. Quando il generale ha fatto arrivare al presidente la sua insoddisfazione, Macron ha detto pubblicamente: «Quando il presidente e un generale non sono d’accordo, il generale dovrebbe dimettersi». De Villiers si è immediatamente dimesso, generando così molte polemiche sui metodi “brutali” e “autoritari” del presidente.
Poi c’è la questione first lady. Poco tempo fa Macron ha proposto di dare un incarico ufficiale a sua moglie Brigitte, creando in maniera formale il ruolo di “first lady” nell’ordinamento francese. Brigitte, nel suo piano, riceverebbe uno stipendio pubblico in quanto consulente del governo francese. Non è un’idea che sembra particolarmente adatta al momento storico, visto che negli scorsi mesi numerosi politici francesi sono finiti al centro di scandali per aver dato consulenze pagate con denaro pubblico ai loro parenti. François Fillon, candidato presidente del centrodestra e favorito alle elezioni fino a pochi mesi prima del voto, è stato probabilmente penalizzato – al punto da arrivare soltanto terzo – proprio per un scandalo relativo al lavoro della moglie. Una petizione contro il piano di Macron, che sembra intanto essere stato accantonato, al momento ha più di 300 mila firme.
Al di là delle contingenze, degli errori e dell’eventuale arroganza e mancanza di tatto di Macron, sembra che le ragioni della sfiducia nei suoi confronti siano in realtà più profonde. Le ultime elezioni – sia quelle presidenziali, che hanno portato all’elezione di Macron, sia quelle legislative, che gli hanno dato una sostanziosa maggioranza in Parlamento – sono state le meno partecipate della recente storia francese. Contando che in pochi sono andati a votare, Macron e i parlamentari del suo partito sono il presidente e la maggioranza parlamentare votati dal numero minore di francesi nella storia recente.