7 cose che forse non sapete su René Magritte
Uno dei pittori più famosi e riconoscibili del Novecento morì 50 anni fa oggi, e oggi le sue opere sono dappertutto
Il 15 agosto 1967, cinquant’anni fa, morì a Bruxelles René Magritte, uno dei più conosciuti e importanti pittori del Novecento. I suoi dipinti surrealisti, con i loro temi comuni – le bombette, gli uccelli, le nuvole, le pipe, gli alberi – e le loro situazioni impossibili, sono tra i più riconoscibili dell’arte contemporanea, e la popolarità di Magritte va ben oltre gli appassionati d’arte: le sue opere sono dappertutto, su magliette, tappetini per il mouse, tazze, pubblicità, cartoni animati. Abbiamo raccolto sette cose che raccontano qualche pezzo della sua vita, che facilmente non sapete o avete dimenticato, se sono passati molti anni dall’ultima volta che avete studiato storia dell’arte.
1. La leggenda sulla morte di sua madre
René François Ghislain Magritte nacque a Lessines, una piccola città a Ovest di Bruxelles, in Belgio, il 21 novembre 1898. Sappiamo che era il più vecchio di tre fratelli, che suo padre era un sarto e un commerciante di tessuti, e che sua madre faceva la cappellaia prima di sposarsi. Magritte prese lezioni di disegno fin da bambino, ma nella sua infanzia non successe niente di particolarmente importante fino al 1912, quando sua madre, che da tempo soffriva di disturbi mentali, si uccise annegandosi nella Sambre. Non era la prima volta che ci provava, e suo marito era arrivato a chiuderla nella camera da letto, dalla quale però era riuscita a uscire. C’è una versione della storia secondo la quale Magritte, allora 14enne, era presente al momento del ritrovamento del corpo, il cui volto fu coperto da un lembo del vestito mentre usciva dall’acqua. Questo avrebbe dato spunto a molti dei quadri di Magritte, in cui gli uomini e le donne hanno il volto coperto (a volte proprio da un lembo di stoffa, come in Gli amanti). Nuove indagini sembrano però suggerire che sia una leggenda, e che Magritte non fosse lì quando il corpo della madre fu tirato fuori dal fiume.
Magritte si iscrisse poi all’Accademia delle Belle Arti di Bruxelles, fu per un po’ soldato, e lavorò prima come disegnatore in una fabbrica di carta da parati e poi come designer per delle agenzie di moda. In questo periodo realizzò anche una pubblicità per Alfa Romeo, di chiara ispirazione cubista. A differenza di altri artisti surrealisti, uno su tutti Salvador Dalí, Magritte non amava vestirsi in maniera eccentrica. La sua proverbiale bombetta era infatti tipica degli impiegati e funzionari belgi di quell’epoca.
2. Questo fu il suo primo dipinto surrealista
Lo dipinse nel 1925-1926 e si chiama Il fantino perduto. Il sipario dipende probabilmente dal fatto che Magritte aveva disegnato per un po’ le scenografie del Theatre du Groupe Libre di Bruxelles. Sulla destra c’è un cosiddetto “oggetto impossibile”: il pilastro che sta sia dietro che davanti alla tenda. Magritte disse di avere avuto l’ispirazione vedendo Canto d’amore di Giorgio De Chirico, anche se spiegò che si trattò di un’influenza emotiva, e non sui contenuti vero e propri. Iniziò comunque a esplorare le possibilità che venivano fuori mettendo vicini oggetti reali che non c’entravano niente tra loro, provocando spaesamento nello spettatore.
3. Fu un abile falsario
Magritte cominciò a fare il pittore a tempo pieno dalla fine degli anni Venti, ma per ovviare alle ristrettezze economiche degli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale si mise a realizzare copie di dipinti di artisti famosi, come Tiziano, Pablo Picasso, Georges Braques e Giorgio De Chirico. Si crede anche che abbia contraffatto banconote, in questo periodo. Qualcuno ha interpretato la sua attività di falsario, di quadri e di banconote, come parte del suo atteggiamento sovversivo e della sua dichiarata battaglia contro l’ideologia borghese: fu infatti per molti anni legato al Partito comunista belga.
4. La sua prima esposizione andò male
Si tenne a Bruxelles nel 1927, ma ai critici non piacquero i quadri di Magritte e ne scrissero male. Lui cadde in un periodo di depressione che lo convinse a trasferirsi a Parigi, dove entrò in contatto con i surrealisti e diventò amico di André Breton. Magritte rimase a Parigi per tre anni, diventando uno dei principali esponenti del movimento surrealista; poi tornò a Bruxelles, perché quello parigino non era lo stile di vita che amava. Si crede che ci fu un episodio in particolare a convincerlo a tornare in Belgio: una sera, nel 1929, era con degli amici surrealisti e con Breton, quando quest’ultimo criticò davanti a tutti Georgette Berger, moglie di Magritte, perché portava al collo un crocifisso dorato. Lei spiegò – inutilmente – di non essere cattolica praticante, e che la collana apparteneva a sua nonna. Georgette si arrabbiò molto, con lei il marito, ed entrambi decisero di andarsene.
Una visitatrice a una mostra dedicata a Magritte al Los Angeles County Museum of Art. (ROBYN BECK/AFP/Getty Images)
5. Conobbe sua moglie a 15 anni, la tradì e venne tradito a sua volta
Magritte conobbe la ragazza che sarebbe diventata sua moglie a quindici anni, nel 1913. I due si sposarono nel 1922, e rimasero insieme per tutta la vita: lei morì vent’anni dopo di lui, nel 1986. Ma per un certo periodo, in mezzo, si erano separati. Magritte nel 1936 aveva infatti iniziato una relazione con Sheila Legge, una giovane artista inglese che ebbe anche relazioni con i poeti David Gascoyne e Dylan Thomas. Per distrarre sua moglie, Magritte chiese a un suo amico, Paul Colinet, di passare del tempo con lei. Ma Colinet e Berger finirono per iniziare a loro volta una relazione. Litigarono molto, e si riconciliarono soltanto nel 1940.
René Magritte con Georgette Berger all’inizio degli anni Venti.
6. Anche se non si vede, diversi suoi quadri sono autoritratti
Un tratto comune dei dipinti di Magritte sono i volti coperti, perché gli piaceva giocare su quello che vediamo e su quello che non vediamo, sulle cose nascoste dagli e negli oggetti, letteralmente e metaforicamente. In quello che probabilmente è il suo quadro più famoso, Il figlio dell’uomo, è lui l’uomo con la faccia coperta dalla mela, così come in Uomo con bombetta, in cui a nascondergli la faccia è un uccello. Ma il suo autoritratto più famoso è probabilmente è Chiaroveggenza, nella quale lo si vede intento a dipingere un uovo, che sulla tela diventa un uccello.
7. I suoi quadri sono troppo famosi per essere rubati
Nel 2009 dei ladri rubarono l’Olympia di Magritte – un ritratto di Berger – dal museo a lui dedicato a Bruxelles: entrarono poco dopo l’apertura e minacciarono gli inservienti con le pistole, facendosi consegnare il quadro, che secondo le stime valeva più di un milione di euro. Tre anni dopo, i ladri lo restituirono al museo, perché non erano riusciti a venderlo sul mercato nero: era troppo famoso e riconoscibile perché un collezionista accettasse di comprarlo.
Una cartolina del quadro “Olympia” di Magritte, davanti al museo poco dopo il furto, il 24 settembre 2009. (JOHANNA GERON/AFP/Getty Images)