In India a una bambina di 10 anni incinta è stato proibito di abortire
Lo ha deciso la Corte Suprema perché è all'ottavo mese di gravidanza; è rimasta incinta perché uno zio la stuprava
Il 28 luglio la Corte Suprema dell’India ha deciso che una bambina di 10 anni incinta di 32 settimane perché ripetutamente stuprata da uno zio non sarà sottoposta a un’interruzione di gravidanza. In India la legge proibisce gli aborti dopo la ventesima settimana di gravidanza a meno che la vita della madre non sia a rischio: nel caso di questa bambina sarebbe l’aborto a essere troppo rischioso secondo i medici consultati dalla Corte Suprema, ma il parto è un processo pericoloso a quell’età, e infatti chi l’ha visitata per conto della famiglia ha un parere diverso. La richiesta di interruzione di gravidanza è arrivata solo da poche settimane perché i genitori della bambina – che è un po’ sovrappeso e fino a quel momento stava bene – si sono resi conto della gravidanza solo tre settimane fa, dopo che la figlia aveva cominciato a lamentarsi di un dolore nella parte bassa dell’addome. Non sapevano che la bambina fosse vittima di abusi sessuali da parte dello zio, un cugino della madre.
Non è la prima volta che in India succede qualcosa del genere: nel 2015 più di 10mila bambini sono stati stuprati nel paese ed è già successo che alla Corte Suprema fosse chiesto il permesso di far abortire delle bambine rimaste incinte dopo uno stupro e arrivate a uno stadio avanzato della gravidanza perché non consapevoli di essere incinte. La bambina di questo caso non sa tuttora di essere incinta: le è stato detto che ha un sasso nella pancia e che per questo ha l’addome gonfio. Dopo il parto, che dovrebbe avvenire a metà settembre (anche prima in caso di complicazioni) e che sarà effettuato dai medici con un parto cesareo, il neonato sarà dato in adozione perché la famiglia non ha intenzione di prendersene cura.
La giornalista di BBC Geeta Pandey ha parlato al telefono con il padre della bambina, che le ha raccontato soprattutto di come la grossa attenzione mediatica ricevuta da questo caso abbia cambiato la vita della propria famiglia nelle ultime settimane. Il nome della bambina e dei suoi genitori non è mai stato pubblicato dai giornali (c’è una legge che lo vieta) ma quello dello zio responsabile degli abusi sì, e per questa ragione giornalisti, conoscenti e altre persone sono riusciti a risalire all’identità della bambina. La famiglia, residente nello regione di Chandigarh, nel nord del paese, ha mezzi modesti – il padre è un impiegato statale, la madre una colf – e vive in un appartamento di una sola stanza, che negli ultimi giorni è stato circondato dai giornalisti. Anche per questo i genitori della bambina temono che i suoi compagni di scuola sappiano ciò che le è capitato e che in futuro la figlia dovrà affrontare lo stigma sociale. Il padre della bambina ha detto a Pandey: «Perché parlate del caso di mia figlia? La stampa ha trasformato questa storia in un business».
La grande attenzione mediatica però potrebbe anche avere delle conseguenze positive: probabilmente la bambina riceverà le migliori cure mediche possibili e i suoi genitori potranno chiedere un risarcimento allo Stato. In India ogni anno 45mila donne muoiono durante il parto e il rischio di morire per le ragazze minori di 15 anni è 2,5 volte più alto rispetto a quello per le donne con più di 20 anni. Nel caso di questa bambina il rischio potrebbe essere ancora più alto, anche se per ora sta bene: ha solo una leggera anemia. Dopo il parto è probabile che avrà bisogno di un sostegno psicologico, anche solo per il fatto di essere stata vittima di abusi sessuali per molto tempo.
Sullo zio responsabile degli abusi, il padre della bambina ha detto: «Voglio che sia severamente punito. Dovrebbe essere condannato alla pena di morte o tenuto in prigione per il resto della sua vita. Ha ammesso il suo crimine, ma non ci ha mai chiesto scusa». L’uomo è stato arrestato e sarà processato.