Gli italiani che viaggiano in Corea del Nord
La storia di come alcuni tour operator hanno iniziato a portare i turisti in uno dei posti più chiusi al mondo, tra incontri casuali, diffidenze e molti rischi
di Elena Zacchetti
Nel 1999 un 34enne di Siena che si chiama David, professore di matematica e appassionato di viaggi, andò per la prima volta in Corea del Nord. Ci andò per i fatti suoi, anche perché all’epoca l’Italia non aveva relazioni diplomatiche con il governo nordcoreano – furono avviate solo nel 2000 grazie all’iniziativa di Lamberto Dini, allora ministro degli Esteri – e quindi non c’erano tour operator che organizzavano viaggi in Corea del Nord.
David, che preferisce essere citato solo con il suo nome, si era incuriosito quando era ragazzo perché nell’agosto 1989 un suo amico aveva fatto parte della delegazione italiana invitata a Pyongyang, la capitale nordcoreana, per il “Festival mondiale della gioventù democratica”, un evento a cui parteciparono centinaia di organizzazioni da molti paesi del mondo. Il suo amico gli aveva raccontato di un evento incredibile e affascinante, dove a lunghi convegni politici erano alternate iniziative culturali più leggere. Erano passate poche settimane dal massacro di Tienanmen: non era presente la delegazione cinese, nonostante la Cina fosse vicina al regime comunista della Corea del Nord, e si racconta che gli italiani ravvivarono parecchio gli incontri, tra le altre cose esponendo striscioni scritti in coreano che criticavano il governo di Pechino. Ma c’era ancora il Muro di Berlino – sarebbe stato abbattuto pochi mesi dopo – e c’era la Guerra fredda, anche se agli sgoccioli: la Corea del Nord stava con i russi ed era praticamente impossibile per un italiano comune arrivare fin là.
Due anni dopo finì l’Unione Sovietica e il mondo cambiò. David riprese quella curiosità per la Corea del Nord coltivata dai racconti del suo amico e si mise alla ricerca di un modo per andarci. Lo trovò a Zurigo, in Svizzera, in un ufficio senza una targhetta o un campanello: era un distaccamento della Kitc, Korea International Travel Company, l’agenzia statale nordcoreana che si occupa ancora oggi di decidere chi entra e chi esce dalla Corea del Nord. All’epoca c’erano pochi uffici della Kitc in Europa, e nessuno in Italia: erano punti di appoggio per i tour operator, ma anche uffici che si occupavano di altre cose, per esempio di facilitare incontri nel mondo degli affari. David ha raccontato al Post che dopo quella visita cominciò a farsi dei contatti all’interno dell’agenzia, che gli permisero di entrare per la prima volta in Corea del Nord nel 1999, su invito diretto dell’ufficio della Kitc a Zurigo. Arrivò a Pyongyang a bordo di un vecchio aereo Tupolev di produzione sovietica della compagnia di bandiera nordcoreana, la Air Koryo, e atterrò su una pista in mezzo ai campi: «L’arrivo all’aeroporto di Pyongyang fu stranissimo, perché la pista di atterraggio era in mezzo ai campi coltivati, pieni di contadini al lavoro con vecchi strumenti e carri trainati dai buoi, con un gruppo di bambini che tenevano a bada le oche in una pozzanghera. L’aeroporto a quel tempo era poco più che un capannone vecchio e brutto. Anziché dall’aereo fu come scendere dalla macchina del tempo», ha raccontato David.
Un pezzo della storia dei viaggi di italiani in Corea del Nord parte da qui. È una storia di incontri casuali, di tour operator volenterosi di sperimentare cose diverse e anche, a volte, di pericoli scampati.
Intanto: che vuol dire viaggiare in Corea del Nord?
La Corea del Nord è uno dei paesi più chiusi al mondo, forse il più chiuso. A frenare il turismo italiano in Corea del Nord negli ultimi vent’anni non è stata solo la limitatezza dei rapporti diplomatici con l’Italia, o l’embargo internazionale imposto a causa dei test missilistici e nucleari di cui si parla molto oggi, ma anche il tipo di regime che governa a Pyongyang. Chi fa turismo lì deve rispettare regole rigidissime, soprattutto quelle che riguardano i leader nordcoreani – Kim Il-sung, il fondatore della Corea del Nord e “presidente eterno”, Kim Jong-il, “leader supremo” dal 1994 al 2011, e Kim Jong-un, l’attuale dittatore – attorno ai quali è stata sviluppata una cosa simile al culto della personalità, anche se secondo alcuni è ancora più forte, vicina a una religione. Per dire: non si possono toccare manifesti di propaganda, non si possono fotografare i ritratti dei leader se non per intero (quindi non si può tagliare nella foto un pezzo di corpo) e non si può lasciare nel paese materiale con simboli religiosi.
I turisti in Corea del Nord – che siano da soli o in gruppo – sono sempre e costantemente seguiti da due guide, una guida ufficiale e una specie di guida poliziotto, che oltre a controllare gli stranieri si controllano tra di loro e si denunciano a vicenda, nel caso uno dei due violi qualche regola imposta dal regime. Non si può viaggiare in autonomia, cioè partire da soli come in qualsiasi altro paese del mondo, non si può noleggiare una macchina una volta arrivati. L’itinerario di ciascun viaggio deve essere sempre approvato preventivamente dalla Kitc e ci sono alcune tappe obbligatorie che non si possono saltare, come la visita di alcuni posti di Pyongyang che celebrano il regime dei Kim. I turisti occidentali non possono nemmeno entrare da soli in un bar e ordinare qualcosa: se non mostrano un tesserino con le necessarie autorizzazioni, vengono riportati immediatamente al loro hotel dalla polizia. Il titolare di un tour operator italiano contattato dal Post ha spiegato che non è nemmeno certo che l’itinerario venga sempre rispettato dall’inizio alla fine: per esempio è successo che il regime nordcoreano abbia voluto far assistere a una grande parata militare a Pyongyang un gruppo di viaggiatori italiani, senza che l’evento fosse stato inserito preventivamente nel programma; in altre occasioni è successo invece che le visite a Pyongyang fossero rimandate di qualche giorno, a causa di importanti eventi politici su cui il regime voleva tenere il riserbo più assoluto.
L’itinerario del viaggio di Avventure nel Mondo, uno dei tour operator che viaggia in Corea del Nord: oltre alle tappe obbligatorie a Pyongyang, il viaggio prevede la visita a una cooperativa agricola, a una scuola confuciana, a un parco nazionale, a un Luna Park di fabbricazione italiana, a una festa della birra, a un resort extra-lusso e a Panmunjeom, sulla Linea di demarcazione militare che divide le due Coree (Avventure nel Mondo)
Le guide parlano la lingua del gruppo, se possibile: per molto tempo i turisti italiani non hanno avuto la possibilità di avere delle guide che parlassero italiano – e quindi si faceva tutto con l’inglese – ma da qualche anno l’Università di Pyongyang ha istituito un corso di italiano e qualche giovane studente è già stato fatto entrare nel settore del turismo.
Un’altra recente novità ha riguardato il precedente divieto per i turisti di portare dentro alla Corea del Nord i cellulari, oggi rimosso. Gli smartphone comunque continuano a servire a poco, vista la mancanza di Internet e le tariffe stratosferiche per telefonare all’estero, e vengono usati praticamente solo per fare fotografie, ma anche quelle sono soggette a regole e limitazioni. Alcuni tour operator contattati dal Post hanno raccontato che le autorità nordcoreane fanno controlli casuali all’aeroporto in uscita dal paese: se trovano qualche foto proibita la cancellano, se ne trovano decine proibite allora il proprietario dello smartphone potrebbe essere fermato dalla polizia. Ancora oggi non c’è possibilità di collegarsi a una rete Internet che permetta a chi entra nel paese di comunicare con l’esterno, e nessuno offre connessioni wifi. A Pyongyang non c’è nemmeno l’ambasciata italiana: ci si può rivolgere all’ambasciata d’Italia a Seul, in Corea del Sud, o nei casi di emergenza in loco ad altre ambasciate estere che invece sono presenti nella capitale, come quella svedese o tedesca.
La festa della birra che si tiene ogni anno a Pyongyang, sulle rive del fiume Taedong, agosto 2016 (Foto di David)
Dal primo viaggio di David a Pyongyang, 18 anni fa, la Corea del Nord è cambiata parecchio. Alla fine degli anni Novanta i nordcoreani stavano ancora subendo le conseguenze di una terribile carestia che uccise centinaia di migliaia di persone. Pyongyang era una città formata da palazzoni grigi costruiti ai lati di enormi viali di dieci corsie percorsi praticamente solo da pedoni e da qualche tram. «La prima immagine di Pyongyang fu da “deserto dei tartari”: una vigilessa con una bellissima divisa che dirigeva in atteggiamento marziale un traffico del tutto inesistente, e dappertutto enormi monumenti, statue, mosaici, manifesti di propaganda», ha raccontato David. Oggi i vialoni di Pyongyang sono trafficati di mezzi pubblici e auto private, molti dei vecchi palazzoni sono stati abbattuti per far posto a grattacieli colorati dalle forme più moderne e in strada si vedono spesso persone con cellulari e tablet. La Corea del Nord continua però a essere un paese chiuso, praticamente senza contatti con l’esterno: è per questo motivo, nonostante le trasformazioni del paesaggio, che rimane ancora oggi una destinazione di viaggio quanto meno bizzarra, che provoca molta curiosità tra i viaggiatori più esperti ma anche timori e diffidenze.
Chi organizza i viaggi per italiani in Corea del Nord?
Nonostante tutte queste difficoltà, nel 2003 il tour operator italiano Azalai Travel Design, con sede a Firenze, decise di organizzare il suo primo viaggio in Corea del Nord. Il fondatore e proprietario di Azalai Travel Design, Vittorio Coccoletti, ha raccontato al Post che la curiosità per la Corea del Nord era già nata negli anni precedenti ma la svolta arrivò dopo un incontro casuale: quell’anno Coccoletti conobbe una collega della Repubblica Ceca che con il suo tour operator aveva avuto contatti con la Kitc, l’agenzia nordcoreana che si occupa di viaggi per stranieri. Azalai Travel Design fu il primo tour operator italiano a lavorare direttamente con la Kitc, dopo un approccio iniziale con alcuni intermediari, tra cui l’agenzia Koryo Tours. Nei primi anni, ha raccontato Coccoletti, non fu per niente facile, perché i tempi burocratici per ottenere i visti e i permessi dal governo nordcoreano erano molto lunghi e gli impicci frequenti: ci potevano volere anche 3-4 mesi di tempo per sbrigare tutte le pratiche e il numero delle persone che chiedevano di partire era molto ridotto. Da allora Azalai Travel Design ha continuato a organizzare viaggi in Corea del Nord e oggi manda nel paese un centinaio di italiani all’anno.
Quattro soldati nordcoreani nella Zona demilitarizzata coreana, cioè quella striscia di territorio che divide le due Coree e che fu istituita con l’armistizio del 1953. La foto è stata scattata il 16 agosto 2016 (Foto di Matteo Bracali / Barbara Provvedi di Azalai Travel Design)
Pochi anni dopo fu un’altra agenzia toscana a infilarsi nel mercato dei viaggi in Corea del Nord: si chiamava Together in Val D’Orcia, aveva la sede a San Quirico d’Orcia, un piccolo comune di poco meno di 3mila abitanti in provincia di Siena, e una delle tre persone che ci lavoravano era David, che allora aveva già fatto diversi viaggi in Corea del Nord. Together in Val d’Orcia – che oggi si chiama Tempo di viaggi – si era occupata fino a quel momento di tutt’altro: gite di gruppo (scolastiche e parrocchiali), organizzazione di vacanze in ville e agriturismi nelle colline toscane e servizi di biglietteria aerea e ferroviaria, come molte agenzie di viaggi di provincia. La passione di David per la Corea del Nord fu il motivo centrale che spinse Together in Val d’Orcia a entrare in quel mercato.
David organizzò il primo viaggio con Together in Val d’Orcia in Corea del Nord nel 2008, sfruttando i molti contatti che era riuscito a farsi negli anni precedenti all’interno della Kitc. Nel 2011 Together in Val d’Orcia organizzò i viaggi per due tour operator italiani, I Viaggi di Maurizio Levi, con sede a Milano, e Avventure nel Mondo, con sede a Roma, e poi cedette loro il primo pacchetto, quindi itinerario, contatti, eccetera. I contatti di David e la sua già ampia conoscenza del paese furono molto importanti e convinsero entrambi i tour operator a superare i dubbi e le diffidenze e organizzare il loro primo viaggio nel paese. Fabio Scalzo, responsabile dei viaggi in Corea per I Viaggi di Maurizio Levi, ha raccontato che già prima del 2008 il suo tour operator si era incuriosito alla Corea del Nord: un accompagnatore dell’agenzia aveva incontrato un collega di un operatore turistico spagnolo che ci era stato e che ne aveva parlato come di un’esperienza unica. Fu però solo grazie ai contatti di David che I Viaggi di Maurizio Levi si convinse ad aggiungere quella destinazione alle sue offerte.
Oggi David collabora con Avventure nel Mondo, che non è un tour operator tradizionale ma funziona su regole un po’ particolari: non c’è una guida vera e propria ma un “coordinatore”, cioè una persona che generalmente – a parte casi eccezionali – ha già viaggiato come partecipante e viene “presentato” all’agenzia da un altro coordinatore. In Avventure nel Mondo il “coordinatore” propone il suo itinerario, che però i partecipanti del viaggio possono decidere di cambiare sia prima di partire che strada facendo. Un’altra figura di un gruppo di viaggiatori di Avventure è quella del “cassiere”, che gestisce la cassa comune e tiene conto di tutte le spese di viaggio. David è coordinatore del viaggio in Corea del Nord, che solitamente viene organizzato ad agosto con gruppi tra le 10 e le 20 persone.
David con due guide nordcoreane davanti al Palazzo del Sole, dove sono sepolti i presidenti, a Pyongyang (Foto di David)
Quali sono i pericoli di viaggiare in Corea del Nord?
Il problema più grande che devono affrontare ancora oggi tutti questi tour operator, oltre alle lentezze burocratiche, è la sicurezza dei turisti. Nonostante il viaggio in Corea del Nord sia organizzato nei minimi dettagli – non ci si può mai allontanare dalle guide locali, né prendere iniziative fuori programma, né tantomeno interagire con i cittadini nordcoreani – il rischio di fare qualcosa di vietato e subire le pene sproporzionate del regime esiste sempre. Otto Warmbier, uno studente statunitense, è stato arrestato nel gennaio 2016 per avere tentato di rubare un poster di propaganda dal suo hotel a Pyongyang; è stato restituito moribondo agli Stati Uniti a giugno 2017 ed è morto poco dopo. Warmbier era partito con Young Pioneer Tours, un tour operator con sede in Cina specializzato nei viaggi in Corea del Nord e molto criticato per usare slogan come «Viaggi economici per posti dove tua madre non vorrebbe che andassi», e per non dare alcuna indicazione su regole e comportamenti da tenere in viaggio. Diversi giornali internazionali, tra cui Politico Magazine, avevano raccontato le trascuratezze e gli errori compiuti da Young Pioneer Tours durante quel viaggio, che in più di un’occasione avevano messo in pericolo la sicurezza dei viaggiatori.
Quando si parla di sicurezza dei turisti in Corea del Nord non si parla del rischio di essere derubati o subire aggressioni per strada, ma di fare qualcosa che può essere inteso come un’offesa a uno dei tre leader che ha avuto il paese, tutti appartenenti alla famiglia Kim. In questo senso tutti i tour operator italiani sentiti dal Post hanno detto di informare sempre i turisti delle regole da seguire una volta entrati in Corea del Nord, e dei rischi derivanti da qualsiasi violazione. Prima di ciascun viaggio Avventure nel Mondo manda a tutti i partecipanti un documento di 22 pagine nel quale vengono spiegati nei dettagli molti comportamenti vietati e che potrebbero comportare dei rischi per il tour operator, per il coordinatore – cioè la persona che accompagna i viaggiatori – e anche per le guide locali: nel documento si legge che i giornali con i ritratti dei leader non possono essere piegati né gettati per terra, di fronte alle statue dei Kim bisogna inchinarsi in una certa maniera per render loro omaggio, e anche i francobolli che ritraggono i leader devono essere attaccati alle cartoline in maniera perfettamente simmetrica. Alcune indicazioni e avvertenze generali sono pubblicate anche sul sito del ministero degli Esteri, che ha una pagina dedicata alla sicurezza e una alla situazione sanitaria.
Finora non ci sono mai stati casi di turisti italiani arrestati in Corea del Nord, anche se qualche momento di tensione c’è stato: tre anni fa una ragazza in viaggio con Avventure nel Mondo si fece fotografare dal fidanzato seduta sui gradini di fronte al monumento dei Grandi Leader, mentre indossava gli occhiali da sole e il cappellino, tre infrazioni considerate gravi dal regime nordcoreano. Nel giro di pochi secondi arrivarono sul posto alcune guardie con l’intenzione di arrestarla: poi fu fatta una telefonata alla direzione della Kitc, la questione venne risolta e il gruppo poté allontanarsi senza problemi. Altre volte durante i controlli all’uscita dal paese le autorità nordcoreane hanno trovato e cancellato dai cellulari fotografie non ammesse, senza però che ci fossero conseguenze più gravi.
I monumenti di Kim Il-sung e Kim Jong-il a Mansu Hill, Corea del Nord (Foto di David)
Chi sono gli italiani che viaggiano in Corea del Nord?
La Corea del Nord non è una destinazione particolarmente popolare tra i viaggiatori italiani, e non solo per tutte le limitazioni che si devono accettare ma anche perché il viaggio è piuttosto costoso. Il più economico è quello di Avventure nel Mondo, che costa circa 3mila euro tutto compreso per 16 giorni; Azalai Travel Design e I Viaggi di Maurizio Levi offrono viaggi di qualche giorno di meno con un prezzo che si aggira attorno ai 3mila euro, mentre altri tour operator sono un po’ più costosi. Gli italiani che vanno in Corea del Nord in vacanza – «la nicchia della nicchia», li ha definiti Scalzo – sono poco più di 200 all’anno, secondo i dati della Banca d’Italia. Negli ultimi anni non ci sono stati grandi cambiamenti nel numero di viaggiatori e non sembra che la morte di Otto Warmbier e le sempre alte tensioni politiche con l’Occidente abbiano avuto influenza sul turismo italiano.
I tour operator sentiti dal Post hanno raccontato che le persone che vanno in Corea del Nord per vacanza sono generalmente istruite, sanno il tipo di viaggio che faranno, sono persone curiose di vedere un posto di cui hanno sentito e letto ma che sanno essere completamente diverso da qualsiasi altro paese del mondo: «Sono una nicchia che privilegia l’esperienza emotiva di un viaggio», a prescindere dai servizi che la Corea del Nord ha da offrire, ha detto Fabio Scalzo del tour operator I Viaggi di Maurizio Levi. Oltre ai viaggiatori informati e desiderosi di visitare proprio questo paese, ci sono le persone che hanno viaggiato più o meno ovunque nel mondo, per le quali la Corea del Nord è una delle “bandierine” mancanti. L’età media dei viaggiatori è piuttosto alta, tra i 50 e i 65 anni, ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato, ha raccontato Vittorio Coccoletti di Azalai Travel Design, e sempre più trentenni hanno cominciato ad aggiungersi a questo tipo di viaggio. È difficile anche fare un “profilo politico” del viaggiatore medio: «La cosa buffa è che spesso si è portati a credere che in Corea del Nord vadano comunisti nostalgici, invece il paese attira anche persone di destra e liberali», ha detto Coccoletti. C’è comunque una cosa che accumuna quasi tutti i turisti che tornano dal loro viaggio: l’impressione di avere visitato un posto molto diverso da quello atteso, anche perché è difficile anche solo immaginare qualcosa di simile alla Corea del Nord.