«Wait for the show»
La storia di come stanotte John McCain ha fatto fallire l'abolizione di Obamacare, causando una nuova grande sconfitta per Trump
di Ed O’Keefe – Washington Post
È stata la serata più drammatica della storia recente del Senato degli Stati Uniti. Chiedete a chi c’era.
Sette anni di sforzi per abolire la riforma sanitaria di Obama sono collassati, almeno per ora, giovedì notte: mentre il senatore dell’Arizona John McCain teneva i suoi colleghi e i giornalisti con il fiato sospeso per più di due ore.
Non succedeva dal settembre 2008, quando la Camera respinse il piano di salvataggio delle banche – facendo precipitare il Dow Jones di 800 punti in un pomeriggio – che un voto inaspettato causasse tutto questo clamore.
(L’edificio del Senato, questa notte – Zach Gibson/Getty Images)
«L’ho detto ancora e ancora che uno dei più grandi fallimenti di Obamacare è essere stata approvata dal Congresso senza nemmeno un voto Repubblicano», ha detto McCain in un comunicato che spiegava il suo voto. «Non possiamo fare lo stesso errore».
Delle voci che McCain avrebbe votato contro la cosiddetta “abolizione parziale”, una versione annacquata dell’originale proposta dei Repubblicani per abolire la riforma sanitaria del 2010, avevano cominciato a circolare già giovedì sera, pochi giorni dopo che McCain stesso aveva ricevuto il sostegno di tutti i suoi colleghi per aver rimandato l’inizio delle sue cure per partecipare al voto.
Durante una conferenza stampa organizzata frettolosamente, giovedì pomeriggio McCain aveva avvisato che stava pensando di votare contro la proposta se lo speaker della Camera Paul Ryan non avesse assicurato ai senatori Repubblicani che la Camera non avrebbe forzato i tempi per approvare la legge di abrogazione nella sua forma attuale. McCain e gli altri senatori Lindsey O. Graham e Ron Johnson volevano che Ryan lanciasse una grande commissione bicamerale con l’obiettivo di trovare un ampio accordo per una più profonda riforma di Obamacare. Due ore dopo la conferenza stampa, Ryan ha diffuso un comunicato per dire che avrebbe avviato i negoziati, ottenendo il sostegno di Graham e Johnson.
Ma non di McCain.
I giornalisti lo hanno incontrato intorno alle 23 di ieri sera.
(McCain tra i giornalisti al suo arrivo al Senato – Zach Gibson/Getty Images)
«Ha deciso cosa votare?», hanno chiesto.
«Sì», ha risposto McCain.
«Cosa?»
«Wait for the show», ha detto lui.
McCain si è diretto verso l’aula del Senato intorno a mezzanotte, lasciando il suo ufficio e prendendo la metropolitana interna che porta a Capitol Hill.
Quando è arrivato ha chiacchierato brevemente con il capo dei Democratici al Senato, Charles Schumer, e se ne è andato lasciandolo sorridente. «Lo sapevo appena è entrato nell’aula», ha raccontato poi Schumer, spiegando che McCain lo aveva chiamato per spiegargli il suo piano.
Ma pochi, se non nessuno, dei suoi colleghi Repubblicani avevano capito cosa stava per succedere.
Poco dopo mezzanotte erano in programma due voti. Il primo era su una proposta dei Democratici di rimandare la cosiddetta “abolizione parziale” alla commissione parlamentare. Il secondo era invece un voto sulla legge, che avrebbe di fatto abrogato la parte più importante della riforma di Obama.
«Vi invito a votare contro l’abolizione parziale», ha detto Schumer parlando ai suoi colleghi prima del voto, mentre ancora una volta criticava i tempi forzati che i Repubblicani avevano imposto al dibattito parlamentare.
McCain era seduto tra i Repubblicani dall’altra parte dell’aula, ma annuiva in assenso.
Con i senatori Repubblicani Susan Collins, del Maine, e Lisa Murkowski, dell’Alaska, che avevano già deciso di votare contro, i Repubblicani non potevano permettersi di perdere McCain. Il vice presidente degli Stati Uniti Mike Pence era già a Capitol Hill pronto per votare in caso di parità. Invece ha dovuto provare un’ultima volta a convincere McCain.
Mentre iniziava la prima delle due votazioni, McCain si è seduto accanto a Graham, il suo amico più caro al Senato. Il senatore del South Carolina annuiva mentre McCain gesticolando spiegava che avrebbe votato no. Quando ai due si è aggiunto anche Murkowski, McCain le ha fatto l’occhiolino, mostrandole il pollice girato verso il basso, per spiegarle le sue intenzioni.
(Un usciere del Senato sorveglia una delle porte dell’aula durante il voto di questa notte – Justin Sullivan/Getty Images)
Collins si è poi unita al gruppo, mentre altri senatori Repubblicani formavano un capannello in mezzo all’aula: Jeff Flake, l’altro senatore dell’Arizona, il capo dei Repubblicani Mitch McConnell, John Cornyn e Mike Pence. Dopo un po’, Flake è stato mandato a parlare con McCain.
Lui ha ubbidito, si è diretto verso McCain e ha chiesto a Graham di spostarsi di un posto. Ma McCain lo ha ignorato, continuando a parlare con Murkowski e Collins. Questo ha lasciato uno dei più educati membri del Senato, Flake, a seguire la conversazione a margine del gruppetto, scomodo, con un’espressione tesa sul volto, come un adolescente che stesse per dire a suo padre di aver investito per sbaglio il cane di famiglia.
Vedendo che Flake non faceva progressi, Pence si è avvicinato a McCain a mezzanotte e tre quarti. McCain ha sorriso, ha indicato Collins e Murkowski, ha detto qualcosa sull'”obbedire agli ordini” e si è alzato.
«Mr Vice President», ha detto salutando Pence. Per i successivi 21 minuti, Pence ha provato a persuadere McCain, Collins e Murkowski. Due volte, durante la conversazione, un assistente di Pence si è avvicinato sussurrandogli qualcosa nell’orecchio; qualcuno ha scritto poi che fosse una telefonata della Casa Bianca. Pence si è finalmente allontanato per rispondere al telefono, ma è poi tornato a parlare con McCain.
A quel punto, gli altri senatori avevano capito cosa stava succedendo.
«Il linguaggio del corpo di tutta l’aula è cambiato in due ore», ha raccontato il senatore Repubblicano David Perdue. «Metà emiciclo era in ebollizione, tutti in giro a parlare con tutti, l’altra metà era calma e silenziosa, poi improvvisamente si è invertito tutto. C’è stata una reazione istintiva quando si è cominciato a capire che forse questa cosa non sarebbe passata. Ma nessuno lo sapeva per certo».
Dieci minuti dopo l’una di notte, McCain ha attraversato l’aula per parlare con Schumer e un gruppetto di Democratici. Mentre si avvicinava, McCain ha detto di essere preoccupato che i giornalisti che osservavano dalla galleria potessero leggergli le labbra. Quando si è accorto che i giornalisti lo stavano già guardando, ha guardato al cielo e urlato «No!», tra le risate di colleghi e giornalisti. Poi i Democratici hanno sorriso quando McCain gli ha dato la notizia. Dianne Feinstein, della California, lo ha abbracciato.
Tornando verso la parte dell’aula dei Repubblicani McCain è stato fermato dal senatore Orrin Hatch dello Utah, che lo ha abbracciato. «Adoro McCain. È uno degli eroi di questo paese», ha spiegato poi Hatch, «che siamo d’accordo o no, lo adoro».
Il voto sull’abrogazione parziale è iniziato all’1.24, ma McCain era uscito ancora dall’aula e stava parlando nuovamente con Pence. Mentre era fuori, Collins e Murkowski hanno votato contro la proposta, insieme ai 48 senatori Democratici.
McCain è rientrato alla 1.29 senza Pence, si è avvicinato al banco del Senato e ha mostrato il pollice verso, confermando il suo “No”.
Diverse persone hanno sussultato. Altre hanno applaudito. I giornalisti sono corsi fuori per dare la notizia.
McCain è tornato al suo posto passando accanto ad alcuni suoi colleghi: uno si strofinava il volto teso, uno era impallidito, uno aveva un’espressione contorta. «Sicuramente McCain sa come aumentare la drammaticità», ha raccontato poi Bill Cassidy, senatore della Louisiana.
Il voto si è concluso, ed è stato annunciato il risultato: 49-51. Solo qualche giorno prima McCain aveva mandato qualche segnale con un lungo discorso in aula in cui criticava la procedura affrettata e segreta con cui i Repubblicani stavano provando ad abolire Obamacare. Venerdì mattina, insieme a Murkowski e Collins, ha dato il colpo di grazia alla proposta dei Repubblicani.
Il capogruppo dei Repubblicani McConnell, umiliato dal risultato del voto, ha dovuto parlare ai suoi colleghi. Il suo volto aveva lo stesso colore pallido della sua cravatta. «È sicuramente un momento di delusione», ha detto.
(Il vice presidente degli Stati Uniti lascia il Senato dopo il voto di questa notte – Justin Sullivan/Getty Images)