Per anni abbiamo misurato in modo sbagliato l’innalzamento dei mari
I dati di un satellite erano falsati da un errore di calibrazione, che non mostrava quanto il livello stesse salendo
Per anni alcuni dei dati principali in nostro possesso sull’innalzamento dei mari, dovuto in primo luogo al riscaldamento globale, sono stati falsati dal malfunzionamento di un satellite. Le informazioni fornite dal suo rilevatore non combaciavano con altre rilevazioni e proiezioni calcolate dai ricercatori, che per lungo tempo si sono chiesti come fosse possibile che al previsto aumento del livello dei mari non corrispondessero dati reali di conferma. Scartando l’errore del satellite, i dati rivisti indicano che il livello dei mari è effettivamente aumentato e che continua a farlo, a ritmi sempre più rapidi.
I risultati di una nuova ricerca sul tema, che ha contribuito a risolvere il problema delle misurazioni sbagliate, sono stati presentati lo scorso 13 luglio a New York nel corso di una conferenza organizzata dal World Climate Research Programme e dall’International Oceanographic Commission, istituzioni coinvolte nell’analisi delle conseguenze del riscaldamento globale. Lo studio è stato coordinato da Steven Nerem dell’Università di Boulder, in Colorado: dice che la crescita dei mari è passata dagli 1,8 millimetri all’anno del 1993 ai 3,9 millimetri negli ultimi anni, a causa del cambiamento climatico. Le nuove stime sono basate sulla revisione dei dati satellitari, tenendo conto dell’errore di misurazione, e di altre variabili come il recente El Niño, fenomeno ciclico che porta a un maggiore riscaldamento stagionale degli oceani e dell’atmosfera.
Lo studio conferma tre precedenti ricerche che avevano già messo in dubbio la qualità dei dati raccolti da TOPEX/Poseidon, un satellite mandato in orbita nell’ambito di una missione franco-statunitense e che ha iniziato a compiere rilevazioni sul livello dei mari alla fine del 1992. Le misurazioni sono state effettuate in seguito da altri tre satelliti aggiuntivi.
Lo scorso aprile una ricerca pubblicata su Geophysical Research Letters, e realizzata dal Laboratorio per gli Studi di Geofisica e Oceanografia nello Spazio (LEGOS) di Tolosa (Francia), ha preso in considerazione numerosi dati sulla crescita dei mari, tenendo conto delle aree oceaniche che si sono riscaldate di più e del sempre più cospicuo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia. I ricercatori hanno notato che nei primi sei anni di utilizzo, TOPEX/Poseidon aveva compiuto misurazioni fuori scala, che avevano contributo a falsare le successive misurazioni nel lungo termine, per una serie storica di circa 20 anni. Lo scorso giugno uno studio pubblicato su Nature Climate Change, e realizzato da John Church dell’Università del New South Wales (Australia), è arrivato a conclusioni simili. Church aveva già sollevato dubbi sull’accuratezza delle misurazioni nel 2015, in un’altra ricerca.
Tenendo conto delle nuove ricerche, Steven Nerem e colleghi hanno provato a capire che cosa fosse andato storto nelle misurazioni satellitari. Hanno confrontato i dati raccolti dal satellite con quelli delle maree, per vedere se i suoi sistemi rilevassero correttamente i temporanei innalzamenti delle acque. Trovando discrepanze anche in quel caso, i ricercatori hanno analizzato gli strumenti del satellite, concludendo che il problema fosse nel sistema di calibrazione dell’altimetro, progettato per compiere piccoli aggiustamenti e ridurre i margini di errore delle misurazioni. Escludendo il sistema di calibrazione, i ricercatori hanno ottenuto dati molto più realistici e coerenti con altre misurazioni e proiezioni.
I dati ripuliti dall’errore confermano scenari poco incoraggianti per quanto riguarda l’aumento del livello dei mari, previsto da tempo dai modelli matematici dei climatologi. Se si manterranno gli attuali ritmi di crescita, gli oceani potrebbero innalzarsi di circa 75 centimetri entro un secolo. L’aumento potrebbe essere più consistente nel caso in cui non fossero adottate politiche sufficienti per ridurre le emissioni dei gas serra, a cominciare dall’anidride carbonica derivante dalle attività umane. Un innalzamento che causerà problemi a milioni di persone lungo le aree costiere di Florida e Bangladesh, per esempio, è ritenuto ormai inevitabile, ma ci sono margini per tenerlo sotto controllo ed evitare che diventi più marcato, a patto di rivedere sensibilmente le politiche ambientali.