Il porno ha un problema di razzismo
I temi e i generi di questi anni rafforzano stereotipi vecchi e offensivi, con conseguenze dirette anche per gli attori
Lynsey G., giornalista specializzata nell’industria pornografica e autrice del libro Watching Porn, ha scritto un lungo articolo su Glamour in cui ha raccontato un problema diffuso e poco discusso del settore dell’intrattenimento per adulti: il razzismo. Parlando con diverse attrici, addetti ai lavori ed esperti, Lynsey G. ha descritto i problemi di diseguaglianza salariale e stereotipizzazione che interessano gli attori afroamericani e asiatici del settore, che nonostante riguardi milioni e milioni di persone del mondo rimane oscuro ai più e molto poco raccontato sui media mainstream.
L’episodio da cui parte l’articolo è una censura subita da Ana Foxxx, tra le più richieste e famose attrici porno afroamericane: quest’anno le è stato chiesto di presentare alcuni premi agli AVN Awards, spesso chiamati “gli Oscar del porno” e raccontati tra gli altri da David Foster Wallace in un suo famoso reportage. Foxxx è salita sul palco con un’acconciatura e un abito tipicamente africani, e ha alzato anche il pugno chiuso, nel saluto tradizionalmente associato alle battaglie per i diritti dei neri. Nel filmato che è stato realizzato sulla serata, però, la sua apparizione è stata tagliata: alle sue richieste di spiegazioni, l’organizzazione ha spiegato di aver dovuto rimuovere tutte le cose politiche della cerimonia. Foxxx ha raccontato la cosa in un post su Instagram, che poi ha dovuto rimuovere su richiesta degli AVN Awards, che le hanno garantito un incontro per discutere del problema. Non è stato produttivo, ha spiegato Foxxx a Glamour.
Tradizionalmente, una delle caratteristiche del porno è quella di inscenare situazioni fortemente satiriche, che usano il sesso per prendere in giro determinati aspetti della società e del potere. Con le questioni razziali, però, l’atteggiamento predominante è totalmente diverso: non sono rare produzioni che hanno titoli come Black Wives Matter, Asian Buffet e Sex-Mex, che ridicolizzano importanti battaglie sociali o si accodano a stereotipi razziali vecchi e radicati. Questo perché la questione razziale è intesa dalla maggior parte di chi si occupa delle produzioni pornografiche come un modo per fare soldi, più che per un tema su cui sensibilizzare. «Per molto tempo, il porno è stato fatto per un pubblico prevalentemente bianco, maschile, etero e cisgender, a cui venivano sostanzialmente predisposte le fantasie sessuali. Quelle fantasie hanno dei grossi problemi, specialmente quando si tratta di persone di colore. Di persone di colore che si prestano alle necessità di quelle fantasie, invece di essere partecipi nella creazione delle scene delle quali vogliono fare parte» ha spiegato a Glamour Mickey Mod, attore porno, attivista e vice presidente dell’Adult Performer Advocacy Committee (APAC), un’organizzazione che si occupa di garantire i diritti dei lavoratori dell’industria pornografica.
Nonostante nella maggior parte del mondo la multiculturalità stia diventando un fenomeno integrante delle società, la pornografia perlopiù non ha assecondato questo cambiamento. Secondo Lynsay G. dipende dal fatto che né tra chi si occupa della produzione pornografica, né tra chi ne fruisce, c’è una reale volontà di cambiare. E la conseguenza è che stereotipi che fanno leva sulle superiori doti sessuali degli uomini afroamericani o su ruoli come la domestica ispanica o la massaggiatrice orientale sono ancora molto diffusi, e non sembrano perdere popolarità.
Lo si può intuire dall’importanza fondamentale che hanno le categorizzazioni sui siti di video porno: non solo quelle come “Ebony” o “Asian”, rispettivamente riferite ad attori ma soprattutto attrici nere o asiatiche, ma anche quelle più specifiche, come “hood thugs” e “ghetto sluts” (“criminali e troie del ghetto”) o “tight Asian teens” (“adolescenti asiatiche con poca esperienza sessuale”, più o meno). In origine, queste categorie erano state pensate per rendere più facile cercare i film di proprio interesse ai tempi delle videocassette. Oggi sono diventati parte integrante del modo in cui viene concepita la produzione e la fruizione dei video porno: soprattutto perché sui siti che pubblicano illegalmente video porno, le categorizzazioni sono fatte usando termini spesso offensivi e retrogradi, senza il consenso degli attori o delle case di produzione. «Ma anche se una parola rende più facile una ricerca, non vuol dire sia salutare».
Non è facile capire se questo fenomeno sia una conseguenza del fatto che gli Stati Uniti – da dove arrivano la maggior parte delle produzioni porno – abbiamo un problema con la questione razziale, o se in un certo senso la pornografia sia responsabile della sopravvivenza di questi stereotipi razziali legati al genere e alla sessualità. Mireille Miller-Young, docente al Dipartimento di Studi femministi della University of California a Santa Barbara, spiega che in un certo senso vedere la sessualizzazione delle differenze etniche in un film porno può suscitare comunque un effetto di emancipazione e inclusione nei fruitori che appartengono a minoranze. Soprattutto se l’alternativa fosse l’assenza totale di attori e attrici non bianchi.
Ma questa schematizzazione e questa dipendenza dagli stereotipi rende molto difficile la vita agli attori afroamericani, asiatici e ispanici. I ruoli disponibili sono pochi e sempre uguali, e questo significa che c’è poco lavoro. Foxxx ha spiegato a Glamour che nonostante ci siano molti attori, quelli che competono per i ruoli importanti sono sempre i soliti tre-quattro, e ciascuno in una sua specifica nicchia, che spesso dipende da quanto è scura la loro pelle. Alcuni produttori si approfittano di questa situazione, offrendo paghe più basse alle attrici che appartengono a minoranze: in media, secondo Miller-Young, guadagnano la metà delle loro colleghe bianche. Questa differenza quasi scompare quando si parla di attori uomini.
Anche i porno definiti “interracial”, che cioè coinvolgono attori e attrici di etnie diverse, e che in teoria dovrebbero essere uno degli strumenti principali per combattere gli stereotipi razziali, perlopiù finiscono per rafforzarli. Nella maggior parte dei casi, infatti “interracial” si riferisce a un porno con protagonista una donna bianca e uno o più uomini afroamericani: è una cosa che arriva dal passato schiavista e razzista degli Stati Uniti, e che coinvolge l’idea di purezza delle ragazze bianche e l’esotismo iper-sessualizzato degli uomini africani. Negli ultimi anni questo tipo di porno è cresciuto di popolarità, e la conseguenza è stata che le attrici bianche sono pagate spesso di più per le scene con attori afroamericani. È un problema diffuso e di cui si è occupato anche l’APAC, perché sostanzialmente significa che certe attrici sono dichiaratamente pagate di più soltanto per il colore della loro pelle.
Per provare a contrastare questa tendenza, sono nate diverse case di produzione pornografiche indipendenti, che fanno film e scene rappresentativi delle minoranze etniche americane, oltre che per esempio delle persone LGBTQ. Un po’ come succede, da più tempo e quindi con risultati maggiori, con le donne registe nell’industria pornografica, che stanno ottenendo sempre più rilevanza e portando il femminismo nel settore, contrapposto al machismo e al maschilismo che da sempre lo caratterizza.
Queste case di produzione sono comunque poche, sparse per gli Stati Uniti e generalmente con pochi soldi: anche chi ci lavora non pensa che possano cambiare il settore del porno per gli eterosessuali, ha spiegato a Glamour Nenna Joiner, una produttrice di film porno queer. Gli attori vengono pagati meno, rispetto alle produzioni mainstream, ma sono più liberi di fare quello che vogliono e quello che piace loro fare, davanti alla telecamera, e per molti attori questo compensa i minori guadagni. Per molti influisce anche la consapevolezza di fare qualcosa di utile per la minoranza a cui appartengono o per la comunità LGBTQ. Queste compagnie stanno anche cercando di sviluppare sistemi di categorizzazione efficaci che non sfruttino stereotipi. Per gli attori che appartengono a minoranze, poi, ci sono sempre più possibilità legate alla diversificazione e all’innovazione tecnologiche che stanno attraversando il settore: gli attori hanno molti strumenti per produrre e distribuire contenuti propri, e per interagire con i propri fan. In questo modo, hanno molto più controllo sull’immagine che vogliono trasmettere, e sulle cose che vogliono fare quando fanno sesso davanti a una telecamera.
Non c’è molto ottimismo sulle reali prospettive di queste iniziative, però. Vex Ashley, una produttrice indipendente di porno, ha spiegato a Glamour: «Il razzismo nella pornografia sembra peggiorare perché i fruitori del porno non lo trattano con lo stesso occhio critico degli altri media. Lo sminuiamo a problema culturalmente inutile e trascurabile, perciò la gente dice cose come: “Che importa? È solo porno”. La pornografia e la sessualità non sono cose eteree: sono strutturate e influenzate dalla società che ci circonda».