Il primo Tour de France dopo la Seconda guerra mondiale
Quello in foto è René Vietto, che restò in maglia gialla per quasi tutte le tappe; ma a vincere fu Jean Robic, che la maglia gialla, in corsa, non la indossò mai
Il 20 luglio 1947, 70 anni e un giorno fa, finì il 34º Tour de France, il primo dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Non fu facile organizzarlo e a quell’edizione non parteciparono né Gino Bartali né Fausto Coppi, il quale l’anno prima aveva vinto il Giro d’Italia. I favoriti erano il francese René Vietto e l’italiano Pierre Brambilla, ma il vincitore fu un corridore allora quasi sconosciuto, Jean Robic, che si aggiudicò la corsa grazie a un notevole attacco nell’ultima tappa, da Caen e Parigi. La particolarità di quella vittoria fu che Robic non indossò mai la maglia gialla prima della premiazione a Parigi, perché divenne primo in classifica generale solo dopo l’ultima tappa: successe solo un’altra volta nella storia del Tour, nel 1968, quando a vincere fu Jan Janssen.
Robic era nato a Vouziers – nelle Ardenne, vicino al Belgio – ma veniva dalla Bretagna, regione nord-occidentale della Francia, e diceva sempre di «essere nato nelle Ardenne per errore». Correva nella squadra della Francia occidentale, una delle 10 squadre, ognuna di 10 corridori, presenti a quel Tour. Allora le squadre non erano legate a sponsor – Bianchi, Legnano, Faema, eccetera – ma alla provenienza nazionale: c’era la squadra italiana, belga, francese e così via. Siccome era il Tour de France, i corridori francesi erano più della metà e la Francia aveva una squadra principale, con i corridori più forti, e alcune squadre regionali, per esempio quella della Francia occidentale. I paesi più piccoli avevano invece i loro corridori in un’unica squadra: ce n’era per esempio una in cui correvano sia svizzeri che lussemburghesi. Non c’era, per ragioni legate alla fine della guerra, la squadra tedesca.
Per gran parte dei quasi cinquemila chilometri di quel Tour, divisi in 21 tappe, la maglia gialla, usata per riconoscere il primo in classifica, fu indossata da Vietto, che correva nella squadra principale della Francia, insieme a un giovane Louison Bobet, che avrebbe poi vinto tre Tour e sarebbe diventato grande rivale e amico di Coppi. Negli ultimi giorni Vietto fu superato da Brambilla. Fu un Tour vivace e complicato, come tutti quelli di molti decenni fa. Ci fu però un evento particolarmente rilevante, successo durante la 14ª tappa, da Carcassonne a Luchon: la lunghissima fuga di Albert Bourlon, la più lunga fuga solitaria e vincente della storia del Tour. La tappa era lunga 253 chilometri in tutto: Bourlon partì da solo al primo chilometro e arrivo da solo al traguardo, 16 minuti prima del secondo.
Albert Bourlon durante la 14esima tappa, l’11 luglio 1947 (STAFF/AFP/Getty Images)
La fuga di Bourlon è un record che sembra imbattibile, per almeno due motivi: perché ormai al Tour non ci sono tappe così lunghe; e perché, anche se ci fossero, nessun corridore sarebbe in grado di farsele da solo in fuga, arrivando al traguardo prima di tutti. La fuga di Bourlon fu però molto meno determinante di quella con cui nell’ultima tappa Robic vinse il Tour.
Robic, che allora aveva 27 anni, non aveva ottenuto grandi vittorie ma era comunque un ciclista che si faceva notare: era particolarmente basso – poco più di un metro e sessanta centimetri – e correva con un casco artigianale di cuoio, in un tempo in cui i caschi da bici non andavano per nulla di moda; indossava il casco a causa di un trauma cranico rimediato in seguito a una brutta caduta alla Parigi-Roubaix del 1944. I suoi due soprannomi erano “biquet”, capretto, perché era piccolo e forte in montagna, anche se non particolarmente elegante, e soprattutto “testa di cuoio”.
Il fisico particolarmente minuto di Robic gli era comodo in salita, ma gli complicava molto le cose in discesa. Per una semplice questione di gravità, era troppo leggero per tenere la velocità di molti avversari e finiva spesso per staccarsi, vanificando così la gran fatica fatta in salita. Una volta arrivato in cima alle salite, iniziò quindi a farsi dare delle borracce, per aumentare il peso della sua bici. In molti casi erano piene d’acqua, ma sembra anche che a un certo punto iniziò a riempirle di piombo o mercurio.
Jean Robic – used to take a lead or (yikes!) mercury-filled bidon at summits for a faster descent. You can even cheat at freewheeling. pic.twitter.com/ay4QRnX7hC
— Michael Hutchinson (@Doctor_Hutch) May 3, 2017
Alla partenza dell’ultima tappa, Robic era terzo in classifica, con circa tre minuti di ritardo da Brambilla, in maglia gialla. Dopo aver perso diversi minuti dai primi in classifica nelle prime tappe del Tour, era riuscito a riavvicinarsi a loro con alcune ottime prestazioni sui Pirenei e sulle Alpi. Fu per esempio il primo a passare in cima all’Izoard, la salita su cui è arrivata la 18esima tappa del Tour de France del 2017 e che è considerata difficilissima ancora oggi.
Nell’ultima tappa Robic riuscì a recuperare il suo distacco dai primi in classifica grazie a una lunga fuga, fatta insieme al francese Edouard Fachleitner. In quella tappa c’era solo una breve salita, niente di comparabile a quelle delle Alpi e dei Pirenei. Robic riuscì però a staccare gli altri: secondo certe versioni pare che lo fece soprattutto perché c’era un premio in denaro per il primo che passava su quella salita, ma quando si trovò in cima si accorse che c’era già passato qualcuno prima di lui, e quindi niente premio. Robic non riuscì a vincere quella tappa, che fu vinta dal belga Briek Schotte, ma guadagnò tutti i minuti che gli servivano per vincere il Tour. Fachleitner arrivò secondo in classifica e Brambilla terzo, con oltre 10 minuti di ritardo.
#JeanRobic @letour (1947) @lequipe pic.twitter.com/QvotxzSjHt
— José Domínguez 💯🏆🦇 (@josean0728) December 22, 2015
Dopo la vittoria al Tour del 1947, Robic ebbe una carriera buona, ma non eccellente. La maglia gialla riuscì però a indossarla almeno un giorno, in una tappa del Tour de France del1953, che fu vinto da Bobet. Quel Tour, Robic non lo finì: si ritirò dopo una brutta caduta in discesa. Smise di correre nel 1959, provò a dedicarsi senza mai troppo successo a diversi lavori e morì nel 1980 in un incidente automobilistico.
Tra le altre cose, Robic è anche protagonista di una delle più famose foto del ciclismo in bianco e nero. Quello davanti, in questa foto scattata nel 1952 in una tappa da Losanna all’Alpe d’Huez, è Fausto Coppi. Robic è quello dietro, un po’ meno elegante e slanciato.
(AP Photo)