Com’è andato lo sciopero generale in Venezuela
Secondo le opposizioni è stato un successo, mentre il governo ha parlato di fallimento: ci sono stati comunque scontri, con morti, feriti e decine di arresti
Milioni di venezuelani hanno partecipato allo sciopero generale di giovedì 20 luglio organizzato dalle opposizioni, contro il piano del presidente Nicolás Maduro di istituire una nuova assemblea con il compito di riscrivere la Costituzione e di dare più poteri al presidente. Ci sono stati scontri e repressioni da parte della polizia e almeno tre persone sono morte, dice BBC. Altre 300 persone sono state arrestate, secondo un gruppo locale di difesa dei diritti. Negli ultimi quattro mesi, da quando cioè si sono intensificate le manifestazioni dell’opposizione contro il presidente, si stima che almeno 100 persone siano morte negli scontri con gli agenti in tutto il paese, che 1.500 siano state ferite e che più di 500 siano state imprigionate.
Le proteste maggiori sono state organizzate a Caracas, nella capitale, ma ce ne sono state anche in altre città del paese. Fin dalla mattina sulle strade sono state create barricate con rifiuti e vecchi mobili in diverse zone e la polizia ha utilizzato gas lacrimogeni contro i manifestanti. Una persona è morta alla periferia di Caracas mentre altre due persone sono morte nella città settentrionale di Valencia. Le autorità hanno dato notizia di solo due persone morte: due manifestanti che avevano 24 e 23 anni e che stavano partecipando alle proteste a Los Tuques, nella periferia di Caracas, e a Valencia. La procura non ha poi dato alcuna indicazione sui responsabili di queste morti. Più di 360 persone sono state arrestate in tutto il paese, ha fatto sapere un gruppo locale di difesa dei diritti.
In un discorso in televisione, Maduro ha parlato di un suo “trionfo”, di fallimento dello sciopero e ha affermato che i settori più importanti dell’economia venezuelana non avevano aderito: «Il lavoro ha trionfato, l’amore, la vita e la speranza, il lavoro ha trionfato: loro (le opposizioni, ndr) non hanno mai lavorato, lasciate che continuino a non lavorare, stiamo avanzando, compagni». Infine ha promesso che i leader dello sciopero, ma non è chiaro a chi si riferisse, sarebbero stati arrestati: «Ho ordinato la cattura di tutti i fascio terroristi». L’opposizione ha invece detto che l’85 per cento dei cittadini e delle cittadine del Venezuela ha aderito allo sciopero, ma nelle aree pro-governative della capitale, la vita è proseguita come al solito, con negozi aperti e strade trafficate. Anche i dipendenti pubblici hanno lavorato normalmente.
Lo sciopero è arrivato pochi giorni dopo il referendum simbolico contro il piano del presidente Nicolás Maduro di istituire una nuova assemblea con il compito di riscrivere la Costituzione. Secondo la proposta di Maduro e del suo partito, il Partito Socialista Unito del Venezuela, l’assemblea dovrebbe avere i poteri necessari per rivedere interamente la Costituzione e decretare lo scioglimento di particolari istituzioni. Le opposizioni sono contrarie perché la nuova assemblea potrebbe consentire a Maduro di ottenere ulteriori poteri, con il rischio di creare una dittatura nel paese. Al referendum il 98 per cento dei partecipanti aveva votato contro la proposta di Maduro, accusato da mesi di limitare la democrazia e di non essere stato in grado di risolvere i gravi problemi economici del Venezuela. Un voto parlamentare per approvare l’istituzione dell’assemblea è in programma per il prossimo 30 luglio e una coalizione composta da circa 20 partiti di opposizione (che dal 2015 ha la maggioranza all’Assemblea Nazionale, il parlamento del Venezuela) ha deciso di avviare fino a quel giorno una campagna di disobbedienza civile. Intanto è stata organizzata una grande manifestazione di massa per sabato prossimo.
La Colombia, la Francia, la Spagna, gli Stati Uniti e l’Unione Europea, tra gli altri, hanno sollecitato il governo venezuelano a cancellare il voto per l’assemblea costituente del prossimo 30 luglio. Ma Maduro ha respinto nuovamente con decisione questa possibilità. Nel frattempo, Isaia Medina, un diplomatico che rappresenta il Venezuela all’ONU, ha dato le proprie dimissioni, dicendo che non può più rappresentare un governo che continua a rendersi colpevole di abuso dei diritti umani. L’ambasciatore del Venezuela all’ONU, Rafael Ramirez, ha affermato che Medina aveva agito «in modo disonesto» e che è stato licenziato.