Quelli che disegnano i processi

Raccontano quello che altrimenti non potremmo vedere, con arte e mestiere, soprattutto negli Stati Uniti

Arthur Lien‏ (@Courtartist)
Arthur Lien‏ (@Courtartist)

In molti ordinamenti giuridici le registrazioni audiovisive delle sedute e le fotografie non sono ammesse in tribunale, soprattutto in sede penale, per tutelare la privacy delle persone e per impedire che alcune parole, espressioni o comportamenti tenuti in aula possano influenzare l’opinione pubblica o i giurati. Questo richiede che molto spesso, ancora oggi, i mezzi di informazione si affidino a degli artisti per raccontare con disegni e illustrazioni alcuni momenti del procedimento. Quella dei disegni nei tribunali è una tradizione che ha una storia e un’evoluzione, soprattutto negli Stati Uniti: c’è chi lo fa per mestiere (per esempio Arthur Lien, che lavora alla Corte Suprema), ci sono illustratori molto conosciuti, alcuni che hanno vinto dei premi e alcuni, infine, i cui lavori sono stati acquisiti e conservati in musei, archivi e biblioteche.

L’artista di tribunale (courtroom sketch artist) partecipa ai processi giudiziari stando tra il pubblico o nella zona riservata alla stampa. In alcune giurisdizioni, come nel Regno Unito e a Hong Kong, gli artisti non sono autorizzati a disegnare direttamente in tribunale mentre il procedimento è in corso, e devono dunque creare i loro schizzi basandosi sulla memoria dopo aver lasciato l’aula. Anche per loro possono valere delle restrizioni: possono cioè essere esclusi dalla riproduzione di presunte vittime di abusi sessuali, di minori, dei giurati o di alcuni testimoni particolari.

Generalmente gli artisti di tribunale devono produrre i loro disegni in un tempo molto veloce, tra i cinque e i quindici minuti, in modo che le immagini possano essere mostrate subito dopo la fine dell’udienza. Tra gli artisti di tribunale ci sono liberi professionisti che cercano di vendere i loro singoli disegni a tv o giornali e ce ne sono alcuni che (nei casi di processi particolarmente importanti) seguono tutte le udienze e sono direttamente incaricati da qualche media. Jane Rosenberg, courtroom artist che lavora in Alabama, ha anche raccontato di aver venduto qualche disegno ai giudici o agli avvocati che volevano conservare una loro immagine del processo a cui avevano partecipato.

Alcuni schizzi fatti nei tribunali sono stati anche acquisiti da biblioteche o da archivi istituzionali. L’intero lavoro di illustrazioni legato al processo di Lindy Chamberlain, realizzato da Veronica O’Leary, è stato acquistato dal National Museum of Australia. Quello a Lindy Chamberlain e a suo marito, per la scomparsa della figlia di due mesi mentre dormiva in tenda in un campeggio dell’Australia, fu un processo molto seguito negli anni Ottanta e venne anche raccontato in un film presentato a Cannes, Un grido nella notte, con Meryl Streep. Alla Lloyd George Sealy Library di New York sono poi conservate alcune illustrazioni di artisti di tribunale molto celebri: quelle di Richard Tomlinson, che disegnò tra le altre cose il processo ad alcuni membri delle Pantere Nere negli anni Settanta, e quelle di Elizabeth Williams che nel 2010 ha seguito il processo a Faisal Shahzad, accusato di aver parcheggiato un’autobomba a Times Square nel maggio del 2010.
Altri disegni, quelli per esempio di Howard Brodie, si trovano nella Biblioteca del Congresso di Washington, e un disegno di Aggie Kenny fa parte della collezione della Corte Suprema degli Stati Uniti.

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(Elizabeth Williams, lettura del verdetto nel processo a Faisal Shahzad – fonte Wikipedia)

La storia dei disegni fatti durante le udienze in tribunale negli Stati Uniti viene fatta risalire al cosiddetto “Processo alle streghe di Salem”, contro una serie di persone accusate di stregoneria nel 1692 in Massachusetts.

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(Il processo a Mary Walcott, 1692, in un’illustrazione del 1876)

La prima testimonianza di artisti di tribunale risale però al processo contro John Brown, attivista abolizionista bianco statunitense condannato a morte per tradimento e impiccato nel 1859. Nella metà del Diciannovesimo secolo c’erano già famosi artisti di tribunale, come George Caleb Bingham e David Gilmour Blythe. A quel tempo, nonostante non ci fossero particolari restrizioni, la fotografia non era un’opzione pratica per raccontare le notizie che arrivavano dai tribunali. Nei primi anni del Ventesimo secolo, nelle aule si cominciò a sperimentare però la possibilità di fare fotografie e trasmissioni radiofoniche dei procedimenti giudiziari. In seguito del grande interesse mediatico per il processo a Richard Bruno Hauptmann per il rapimento del figlio di Charles Lindbergh le trasmissioni vennero vietate, mentre nessun tribunale federale intervenne sulla pubblicazione degli schizzi che dunque ebbero in quegli anni una grande diffusione. La reintroduzione dell’uso di telecamere e macchine fotografiche nei tribunali degli Stati Uniti, a partire dagli anni Ottanta, contribuì però al declino di questa forma di documentazione artistica.

Nonostante questo ancora oggi negli Stati Uniti gli schizzi da tribunale sono una modalità utilizzata soprattutto in quelle corti dove non sono ammesse le telecamere, come la Corte Suprema. Arthur Lien è oggi uno degli artisti più celebri: ha lavorato nei tribunali dal 1976, e quasi esclusivamente per NBC News. Ha seguito numerosi processi famosi e udienze storiche come quella, nel 2013, della Corte Suprema che si riunì e stabilì che i matrimoni gay contratti negli stati americani in cui erano permessi, per il governo federale avevano valore ovunque, anche in quelli in cui non erano previsti dalle leggi. La Corte giudicò infatti incostituzionale il Defense of Marriage Act (DOMA): alle udienze vennero ammesse solo 400 persone. Nessuna telecamera. Nessuna foto. Nessun dispositivo elettronico. Arthur Lien fu uno dei pochi che attraverso i suoi disegni mostrò quello che stava succedendo.