Storia di un incontro segreto per 15 anni
Cosa sappiamo oggi del contenuto del colloquio del 1998 tra Vigna, Grasso e Spatuzza, divenuto noto per un "disguido"
Il 26 giugno 1998 il Procuratore nazionale antimafia e il suo vice – Pier Luigi Vigna e Pietro Grasso – vedono nel carcere dell’Aquila Gaspare Spatuzza nella forma di un “colloquio investigativo” prevista dalla legge per consentire delle conversazioni informali tra investigatori e detenuti che possano essere utili alle indagini senza avere valore processuale (e senza un avvocato presente, per esempio). L’incontro dura due ore e mezzo (con una pausa) e la trascrizione della conversazione occuperà 80 pagine: dal suo contenuto si evince che ce ne fosse stato almeno un altro in precedenza.
Proprio per la sua natura legale, dell’incontro non è informato nessuno, né ce ne sarà traccia resa pubblica. Quindi ancora oggi nel 2017 non sappiamo niente di che cosa sia successo in conseguenza delle cose dette in quel colloquio, alcune delle quali apparentemente molto rilevanti per delle indagini e dei processi in corso. La prassi prevede che del contenuto del colloquio connesso a indagini o notizie di reato sia data informazione alle procure competenti: quello di cui Spatuzza parla – con dichiarazioni molto laconiche, ma numerose e in alcuni punti molto chiare – riguarda potenzialmente inchieste in corso a Palermo, Caltanissetta, Firenze. Il processo più importante che potrebbe esserne influenzato (ne sarà infatti travolto nel 2008, quando Spatuzza parlerà ufficialmente collaborando con la giustizia) è in corso a Caltanissetta e riguarda la strage di via D’Amelio in cui nel 1992 è stato ucciso il magistrato Paolo Borsellino: si sarebbe concluso di lì a poco con la condanna di imputati in realtà estranei all’attentato, e dei quali Spatuzza aveva sostenuto l’estraneità già in quel colloquio segreto.
L’ipotesi logica e realistica è che i due magistrati della Direzione Nazionale Antimafia (DNA) abbiano inoltrato la documentazione a Caltanissetta (ma in quale forma? La registrazione del colloquio, una sua trascrizione o una sintesi? La prassi era di inoltrare una breve nota informativa sulle relative questioni). Pietro Grasso ha spiegato al Post:
Di solito il Procuratore Vigna – io all’epoca ero Sostituto procuratore – trasmetteva alle Procure interessate il verbale riassuntivo in cui si evidenziavano gli spunti investigativi su cui avviare le indagini. Dopo la collaborazione di Spatuzza, nel 2008, a richiesta della Procura di Caltanissetta, furono mandate le copie di tutte le registrazioni dei colloqui investigativi per far tornare alla memoria del collaboratore eventuali circostanze e particolari che col passare del tempo poteva aver dimenticato.
Quello che sappiamo è che la procura di Caltanissetta non risulta aver dato seguito in nessun modo alle rivelazioni ineludibili di quel colloquio investigativo, in cui Spatuzza sostenne l’estraneità alla strage dei principali accusati, aggiungendo dettagli da verificare e riscontrare: non venne interrogato formalmente Spatuzza (sarà lui a dire di non essere mai stato interrogato in questo periodo), non venne registrato o ufficializzato nessun atto che, come la ragione dei colloqui investigativi prevede, cerchi riscontri e conferme a quanto detto dallo stesso Spatuzza. Non solo rimase ignoto e segreto il colloquio investigativo e quanto vi era stato detto, ma fu come se non fosse mai avvenuto, non ne seguì nessuna traccia o conseguenza.
Quando la tesi dell’accusa – trasformata in sentenze di condanna – sulla strage di via D’Amelio verrà disintegrata nel 2009 sarà perché Spatuzza avrà deciso di diventare formalmente “collaboratore di giustizia” e dunque di raccontare ufficialmente e con valore giudiziario quello che aveva già accennato nel 1998 e molto altro, compresi particolari che varranno come riscontri indiscutibili alla sua versione e al suo accusarsi di aver partecipato all’organizzazione dell’attentato (in particolare relativi alla preparazione dell’autobomba usata). Ma anche nelle molte occasioni – interrogatori e processi – in cui Spatuzza parlerà da lì in poi, si limiterà a citare un colloquio investigativo avvenuto nel 1997 con Vigna, oltre a quelli successivi del 2005 e 2008 con Vigna prima e Grasso poi che sono culminati nel suo “pentimento”.
La prima volta che viene rivelato che Spatuzza aveva già smentito nel 1998 l’accusa contro almeno due dei condannati per la strage via D’Amelio, sostenendo che le confessioni su cui si reggeva tutta l’inchiesta erano false ed erano state ottenute con la forza, è il 12 giugno 2013, e avviene per caso. Fino ad allora, ricordiamolo, sono passati quindici anni in cui quel colloquio non è esistito.
Durante un’udienza di un nuovo processo per la strage di via D’Amelio – chiamato “Borsellino quater”, basato in gran parte sulle dichiarazioni di Spatuzza – l’avvocato di uno degli imputati usa una trascrizione di quel colloquio per interrogare Spatuzza. Dove l’ha presa, l’avvocato Sinatra?
La trascrizione – 80 pagine – è stranamente tratta dalle carte del pubblico ministero, ovvero i documenti che l’accusa porta a processo, accessibili agli avvocati delle parti. Come ci sia finita, essendo un documento escluso dal valore processuale per legge, non si capisce: il Procuratore generale di Caltanissetta, alla richiesta di spiegazioni, dirà che è stato «un disguido» (può darsi che ci sia stato un equivoco sull’espressione «agli atti» usata in fondo al verbale, o che il trascrittore l’abbia definito “interrogatorio”). Sta di fatto però che l’avvocato Sinatra ha deciso di usarlo e questo genera una discussione concitata in aula sul suo uso (ascoltabile qui dal minuto 1.48.20, FILE 3/5) dopo le vivaci obiezioni del pm: e il presidente della Corte – che si è ritirata per decidere – conclude che non si può interrogare Spatuzza sui fatti citati in quel verbale.
Però prima della decisione e in mezzo alle continue opposizioni del pubblico ministero l’avvocato ha potuto chiedere poche cose a Spatuzza su quel colloquio investigativo e sui suoi contenuti: e Spatuzza prima ha negato con certezza che ci sia stato alcun colloquio investigativo nel 1998 («no, no, impossibile»), confermando solo quello del 1997; poi di fronte alla documentazione datata con esattezza ha ammesso di essersene ricordato all’improvviso: «ma è durato pochissimo» (durò due ore e mezza, in realtà). E in generale – dopo che per il resto del processo aveva ripetuto le sue dichiarazioni e i suoi ricordi con grande precisione e insistenza – Spatuzza adesso risponde (qui, FILE 5/5 dall’inizio) «non ricordo» praticamente su tutto quello che aveva detto nel 1998, e in alcuni casi nega di averlo detto. Avvisando con una certa premura il Presidente della Corte che lui quel verbale non lo aveva firmato, comunque (era normale che chi non aveva deciso di “collaborare” formalmente non firmasse nessun documento del genere). Il giorno precedente, Spatuzza aveva ricordato in aula di avere accennato già ai tempi del suo arresto alcune informazioni sulla falsa pista via D’Amelio, ma lo aveva collocato in un colloquio investigativo del 1997 che nel tempo ricorderà a volte solo con Vigna e a volte anche con Grasso. Quello del 1998 con Vigna e Grasso era stato taciuto fino a quel momento dallo stesso Spatuzza.
Non è solo strano come quel documento sia entrato tra gli atti del pm, ma non è ancora oggi certo che cosa sia, in concreto, quel documento: apparentemente, e secondo le informazioni raccolte dal Post, la trascrizione del colloquio – molto parziale e inaccurata – non risalirebbe al 1998, ma al 2009 (2 febbraio 2009 è la data della breve nota dell’appuntato dei carabinieri che lo inoltra al procuratore di Caltanissetta, firmando la trascrizione). L’ipotesi più plausibile è che la procura di Caltanissetta avesse ricevuto da Vigna una nota relativa (Vigna parla di un «verbale riassuntivo» a fine colloquio) a ciò che Spatuzza aveva detto rispetto alla strage di via D’Amelio e l’avesse trascurata (la procura di Caltanissetta si oppose per anni a considerare decine di smentite e prove contro la prima versione di cui si era fatta promotrice): fino a quando, dopo il “pentimento” di Spatuzza, il nuovo Procuratore generale Lari non aveva chiesto il file audio del colloquio del 1998 e l’aveva fatto trascrivere. Ma è un’ipotesi.
Una nuova richiesta degli avvocati della difesa alla fine del processo “Borsellino quater” – siamo allo scorso aprile 2017 – ha fatto cambiare idea al presidente, e quella trascrizione è stata acquisita agli atti del processo, ed è dunque oggi “ostensibile”, ovvero pubblica. Ma malgrado l’evidente illogicità di questo, non lo è il file audio originale che potrebbe mostrare più chiaramente tutto quello che venne detto in quel colloquio, spesso sbocconcellato o con salti logici nella forma della trascrizione oggi pubblica. Se la trascrizione pubblica è completamente aderente, non c’è ragione di tenere segreto il file audio; se non lo fosse, c’è ragione di mostrare il file audio, a questo punto “ostensibile” come la sua trascrizione. Il file audio è in possesso sia della procura di Caltanissetta che della Direzione Nazionale Antimafia. Il suo contenuto e la sua storia di quindici anni piena di passaggi ignoti potrebbero essere preziosi per capire qualcosa di più del grande depistaggio acclarato sulla strage di via D’Amelio o su altre cose che possano essere state ignorate.