Abbiamo provato a usare i nuovi voucher
E non è stato facile: come funziona la complicata procedura per comprare o riscuotere i "Libretti famiglia" con cui pagare piccoli lavori occasionali
di Davide Maria De Luca – @DM_Deluca e Marco Surace – @suracemarco
Da lunedì 10 luglio famiglie e imprese possono utilizzare i “nuovi voucher” per pagare piccoli lavoretti saltuari: gli strumenti che sono stati introdotti al posto dei “vecchi voucher”, aboliti dal governo Gentiloni allo scopo di evitare un referendum proposto dalla CGIL. Qui al Post abbiamo provato a registrarci come utilizzatori del “Libretto famiglia” – si chiamano così i nuovi voucher – che i privati potranno usare per retribuire prestazioni come le lezioni di ripetizioni scolastiche, i lavori di giardinaggio o quelli di pulizie domestiche. Ci abbiamo messo due giorni, non è stato semplicissimo.
Prima di cominciare è importante sapere quali sono le regole del “Libretto famiglia”. Tutto si svolge tramite il sito dell’INPS, l’ente di previdenza che gestisce ogni passaggio della transazione. Tramite il sito, il datore di lavoro acquista dei buoni da dieci euro con cui pagare il lavoratore, che ne incasserà otto netti e circa due sotto forma di assicurazione e contributi (con i vecchi voucher, invece, il lavoratore incassava 7,5 euro ogni 10 versati dal datore di lavoro). Ogni lavoratore non potrà percepire più di 5 mila euro netti l’anno tramite il “Libretto famiglia” e il suo equivalente usato dalle imprese, che invece si chiama “Presto”. E da un singolo datore di lavoro, che sia una famiglia o un’impresa, non potrà ricevere più di 2.500 euro netti in un anno (qui avevamo spiegato nel dettaglio quali sono le regole che gli si applicano).
Precisate le regole, vediamo la procedura.
La prima cosa che dovranno fare datore di lavoro e lavoratore è andare sul sito dell’INPS e raggiungere la pagina “Prestazione di lavoro occasionale: libretto famiglia” (il servizio è attivo da pochi giorni quindi il sito è ancora pieno di notizie, link e rimandi che portano alla pagina corretta). Una volta cliccato su “Accedi al servizio” si arriva alla pagina di accesso vera e propria, dove bisogna effettuare il login.
Ci si può loggare in tre modi. Con il PIN INPS, con il Sistema pubblico di identità digitale (SPID), o tramite la Carta nazionale dei servizi (CNS), cioè la “tessera sanitaria”, che grazie a un apposito lettore può essere usata come sostituto fisico di una password (il lettore deve essere acquistato a parte e non sembra che ne esistano di abilitati per i Mac). PIN, SPID e CNS devono tutti quanti essere richiesti o abilitati e ci possono volere fino ad alcuni giorni per ottenerli. Per ottenere il PIN INPS è necessario completare una procedura di registrazione online, in cui si riceve mezzo PIN, attendere di ricevere per posta l’altra metà, poi scaricare un modulo, firmarlo, farne una copia digitale e caricarla sul sito dell’INPS. A quel punto il PIN è abilitato per i voucher.
Il metodo più veloce per accedere al sito dell’INPS è probabilmente utilizzare lo SPID. Chi ha un conto corrente postale può ottenere lo SPID con una registrazione online della durata di una decina di minuti. Altrimenti è necessario recarsi in un ufficio postale. Potete ottenerlo anche senza alzarvi dal divano, ma dovete utilizzare una webcam e pagare un servizio di verifica della vostra identità (è possibile farlo gratis con uno degli operatori che provvedono al servizio). Con questo sistema, quello in teoria più rapido, al momento c’è un problema: il portale INPS non permette di accedere a nessuna funzionalità per chi entra usando lo SPID; si possono solo esaminare i propri dati. In futuro questo problema dovrebbe essere risolto, ma per il momento PIN e CNS sono l’unico sistema per accedere ai “nuovi voucher”.
Una volta completata questa procedura da parte sia del lavoratore che dell’utilizzatore (famiglia o impresa che sia) si arriva alla pagina di gestione del servizio, che appare più o meno così.
Da qui è possibile scegliere se proseguire come famiglia, come impresa o come prestatore, cioè come lavoratore. La quarta opzione, il manuale d’uso, al momento della pubblicazione di questo articolo conduce a una pagina di errore (l’INPS ha spiegato al Post che la pagina è ancora instabile, ma che in alcuni momenti è consultabile). Una volta scelto di registrarsi come committenti privati, cioè “famiglie”, si arriva alla vera e propria pagina di gestione dei buoni. A questo punto è necessario versare dei soldi sul proprio “portafoglio elettronico”, la seconda opzione nella colonna di sinistra, in modo da poter acquistare i buoni.
Al momento questa sembra essere la parte più complicata e peggio spiegata sul sito INPS: per capire come funziona ci siamo dovuti affidare a siti di consulenza fiscale esterni all’INPS.
Ci sono due modi per versare denaro sul proprio conto.
Il primo è utilizzare PagoPa, un sistema elettronico per effettuare pagamenti alla pubblica amministrazione: si utilizza tramite il proprio conto corrente online. Al momento, abbiamo cercato di effettuare versamenti PagoPa all’INPS tramite conti online di Unicredit e Inbank, entrambi in teoria abilitati al circuito, e non ci siamo riusciti. Il sistema dovrebbe divenire attivo su tutte le piattaforme entro la fine del mese di luglio.
L’alternativa al PagoPa è utilizzare un modulo F24. Sul sito dell’INPS non abbiamo trovato dettagli su come utilizzare questa modalità di pagamento, ma tramite altri siti abbiamo scoperto che bisogna utilizzare il modello Elide. Inseriti una serie di codici identificativi, che abbiamo trovato sempre su siti terzi e non dell’INPS, bisogna decidere l’importo da versare (qui trovate le istruzioni di compilazione in una circolare della Agenzia delle entrate). Gli F24 si possono pagare dal proprio conto online, dalla banca o presso uno sportello postale.
Non è chiaro se una volta versati soldi sul Portafoglio sia possibile recuperarli.
Una volta riempito il “Portafoglio elettronico”, si può procedere alla comunicazione di prestazione: il momento in cui avvertiamo l’INPS che una persona si impegnerà in un lavoro occasionale per noi. Nella pagina qui sotto bisogna inserire il nome e codice fiscale dell’utilizzatore, cioè il datore di lavoro, e del prestatore, cioè il lavoratore, la tipologia di impiego e l’importo corrisposto.
Naturalmente il lavoratore deve avere già eseguito per conto suo tutta la procedura precedente. Deve avere un PIN, uno SPID o una CNS e deve essersi registrato in tutti i passaggi precedenti. Terminata la prestazione, deve accedere nuovamente al sito e dare conferma di aver eseguito la prestazione (il datore di lavoro, infatti, ha tre giorni di tempo per annullarla). A quel punto, entro il 15 del mese successivo alla prestazione, l’INPS provvede ad accreditare il denaro nella modalità scelta dal lavoratore: che può essere un versamento sul conto corrente, oppure un versamento da ritirare presso qualsiasi sportello postale.
Ricapitolando, la procedura ha due passaggi abbastanza complicati. La registrazione, che richiede la compilazione di moduli, uno scanner, l’attesa di documenti spediti per posta o comunque una visita all’ufficio postale. Il secondo passaggio è il versamento di denaro che, al momento, non risulta spiegato chiaramente e, in ogni caso, appare come minimo macchinoso, soprattutto per tutti coloro che non posseggono un conto corrente online e non hanno dimestichezza con i pagamenti elettronici. Si tratta di passaggi relativamente semplici ma tediosi per chi ha buone competenze informatiche, molto ostici per chi invece di competenze non ne ha affatto. Il problema è che quest’ultima categoria è spesso quella che utilizza il lavoro occasionale: anziani e lavoratori stranieri probabilmente non troveranno il sistema di facile utilizzo e avranno bisogno di aiuto per registrarsi ed effettuare tutti i singoli passaggi.
La complessità dello strumento, quindi, è davvero molto più elevata rispetto a quella dei vecchi voucher, che avevano il pregio di essere estremamente semplici da usare: erano buoni cartacei che potevano essere acquistati e poi incassati nelle tabaccherie autorizzate, in banca, nelle sedi dell’INPS e negli uffici postali. L’unica complicazione era rappresentata dalla necessità per il datore di lavoro di iscriversi al portale INPS, ma visto che la registrazione serviva solo a segnalare la prestazione e non regolava i pagamenti, la procedura di iscrizione era più semplice rispetto all’attuale.