Il primo video che mostra le “schiave del sesso” della Seconda guerra mondiale
Cioè le donne costrette a prostituirsi nei bordelli militari giapponesi, per anni al centro di un caso diplomatico tra Corea del Sud e Giappone
Lo scorso 5 luglio la Corea del Sud ha reso pubblico un video che mostra, per la prima volta, alcune delle cosiddette “schiave del sesso”: le donne costrette a prostituirsi nei bordelli militari giapponesi prima e durante la Seconda guerra mondiale provenienti dai paesi vicini, soprattutto Corea del Sud e Cina, ma anche Indonesia e Filippine.
Finora c’erano solo delle fotografie che mostravano queste donne; il video, che dura 18 secondi, sarebbe stato girato nel 1944 da un soldato americano nello Yunnan, provincia della Cina che si trova nell’estremo sud-ovest del paese, occupata dall’esercito giapponese e poi liberata dalla Cina e dagli Stati Uniti. È stato scoperto da un gruppo di ricerca della Seoul National University finanziato dal governo che ha trascorso due anni a lavorare negli archivi nazionali degli Stati Uniti.
Le riprese potrebbero essere le uniche immagini in movimento di quelle che da anni il Giappone chiama “donne di compagnia” e non “schiave del sesso”, espressione che implica invece che le donne fossero state prelevate con la forza e costrette a prostituirsi. Un’indagine del governo dell’inizio degli anni Novanta aveva concluso che molte delle “donne di compagnia” (secondo gli storici circa 200 mila) erano state prelevate contro la loro volontà, vivendo poi in condizioni di coercizione e miseria: l’inchiesta non aveva però trovato prove solide e documenti ufficiali, circostanza che era stata usata dai movimenti conservatori per sostenere che non c’era stata nessuna coercizione. La questione era stata anche una delle maggiori cause di tensione tra Corea del Sud e Giappone. Nel 2015 il primo ministro giapponese Shinzo Abe aveva infine porto le sue scuse ufficiali e si era impegnato a stanziare un fondo di 8,3 milioni di dollari di risarcimento e aiuti per le vittime.
I ricercatori che hanno scoperto il filmato hanno detto che tra le sette donne coreane presenti nel video, due erano apparse anche in alcune fotografie già rese pubbliche. Nel video le donne appaiono impaurite e sembrano parlare con un soldato cinese dopo essere state liberate. I ricercatori, durante una conferenza stampa di presentazione a Seoul, hanno spiegato che il video rende evidente che quelle donne erano state arrestate contro la loro volontà. Dopo la pubblicazione del filmato, la ministra della Corea del Sud per l’uguaglianza di genere, Chung Hyun-Back, ha fatto sapere che vuole costruire un museo in memoria delle “schiave del sesso”.