Asmara, la piccola Roma in Eritrea
È diventata patrimonio dell'UNESCO per la sua architettura modernista, progettata da architetti visionari in epoca coloniale fascista
Asmara, capitale dell’Eritrea, è uno dei nuovi 20 luoghi riconosciuti come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, scelta perché «rappresenta probabilmente il maggiore e più intatto concentrato di architettura modernista al mondo». Vista da qui, la cosa speciale di Asmara è che fu progettata dagli architetti italiani negli anni Trenta, il periodo di maggior sviluppo dell’Eritrea durante il periodo in cui fu una colonia italiana, che iniziò nel 1890, arrivò all’apice sotto il regime fascista e si concluse nel 1941. Asmara è ancora piena di questi edifici – ce ne sono circa 400, tra ville private, farmacie, cinema, bar, stazioni di servizio e palazzi governativi – sopravvissuti al tempo a causa dell’isolamento del paese durante l’occupazione etiope, e riscoperti negli anni Novanta dopo l’indipendenza. Sfogliando le foto di questi palazzi sembra di perdersi in una versione più colorata e polverosa di Latina e Sabaudia e di qualche altro angolo sparso d’Italia, da Roma a Milano.
La Farmacia Centrale ad Asmara, 21 luglio 2013 (JENNY VAUGHAN/AFP/Getty Images)
Mussolini sognava di trasformare Asmara nella capitale dell’Impero africano d’Italia: oltre a incoraggiare l’emigrazione degli italiani – secondo un censimento del 1939 ad Asmara vivevano 53 mila italiani su 98mila abitanti – cercò trasformare la città, che chiamava Piccola Roma, in una sorta di utopia urbanistica all’avanguardia per l’epoca, piena di caffè, boulevard alberati, gente in bicicletta. Per questo compito chiamò gli architetti italiani più visionari, che lì poterono dar concretezza alle loro idee più bizzarre e audaci, impensabili nell’Italia ingessata e conservatrice: inventarono nuove linee e forme e impiegarono le ultime tecnologie. Asmara divenne, come scrive il Guardian, «un parco giochi di architettura futurista»: la colonia dell’Impero fu, almeno dal punto di vista architettonico, non ai margini ma al centro, più innovativa e vivace dell’Impero stesso.
Il cimitero italiano ad Asmara, 25 maggio 2016 (Clay Gilliland)
L’edificio modernista più significativo e conosciuto di Asmara è la stazione di servizio futurista di Fiat Tagliero, considerata da molti critici la più bella al mondo: è un impressionante edificio in cemento che ricorda un aereo, con due ali lunghe 30 metri l’una e un font che il Guardian definisce «degno di un poster di un film di Fellini». Fu progettata da Giuseppe Pettazzi che, si racconta, quando venne inaugurata nel 1938, si presentò con una pistola per minacciare gli operai che si rifiutavano di togliere i ponteggi alle ali per paura che crollassero; se fossero crollate, minacciava Pettazzi, si sarebbe sparato.
L’edificio Fiat Tagliero ad Asmara, 4 settembre 2005. È una stazione di servizio progettata dall’architetto italiano Giuseppe Pettazzi e inaugurata nel 1938 (PETER MARTELL/AFP/Getty Images)
Il Cinema Impero, progettato da Mario Messina, è tuttora in uso con mobili originali, mentre l’Opera è un condensato di Art Deco, con colonne romane, teste di leoni e un soffitto affrescato con antilopi, ananas e ragazze danzanti. La facciata del bar Zilli ricorda una vecchia radio con le finestre simili a manopole, il Cinema Capitol ha un modernissimo tetto retrattile, entrando nella Farmacia Centrale sembra di ritrovarsi in un elegante speziale in via del Corso, mentre in giro è pieno di bar e hotel dai nomi italiani – Capri Bar, Odeon Bar, Cinema Roma – che sembrano vivere negli anni Trenta, tra sgabelli di pelle e banconi per l’amaro. C’è anche una cattedrale cattolica in stile romanico, la Chiesa della Beata Vergine del Rosario.
Il Cinema Impero, progettato dall’architetto italiano Mario Messina e inaugurato nel 1937 (JENNY VAUGHAN/AFP/Getty Images)
Mesfi Metuasu, un architetto eritreo intervistato dal Guardian che lavora alla riscoperta degli edifici di Asmara dal 1995, spiega che la struttura urbanistica della città, progettata dagli italiani, influenza molto la vita degli abitanti e determina il silenzio e la tranquillità che la contraddistinguono dalle altre città nord-africane: «Apprezzi la natura di Asmara quando vai in altre città. Il Cairo è nel pieno caos. Qui è tutto tranquillo».
Di notte i caffè e le strade sono pieni di gente, soprattutto Harnet Avenue – inizialmente Mussolini Avenue e poi Haile Selassie Avenue – che è il boulevard centrale, un tempo precluso agli eritrei dalla segregazione razziale che vigeva in tempo coloniale. Ora è pieno di persone sedute ai tavolini dei bar a bere caffè espresso o a mangiare un gelato, entrambe abitudini ereditate dall’occupazione. Asmara era infatti il sogno di Mussolini riservato agli italiani, mentre la popolazione locale era relegata in luoghi e ruoli umili e ben definiti, pena punizioni e arresti; Asmara, poi occupata dai britannici e poi dagli etiopi, è ora «la città dei sogni» degli eritrei, come la chiamano.
L’Asmara Caffè in Harnet Avenue, dove bere un cappuccino e mangiare una pastina (David Stanley)
Visitarla, come probabilmente vi sarà venuta voglia di fare, non è semplicissimo. Non ci sono voli diretti dall’Italia e ci sono poche compagnie aeree che volano lì, anche se nel 2014 Qatar Airways e Turkish Airlines hanno aperto nuove tratte. I turisti sono soprattutto coppie di sposi che arrivano dal Sudan e qualche architetto internazionale. È necessario un visto che dura al massimo un mese e ci sono restrizioni se si è giornalisti. Nonostante questo il governo eritreo ha spinto molto per ottenere il riconoscimento dell’UNESCO, benché sia criticato da alcune organizzazioni culturali e per i diritti umani che accusano il paese di non investire abbastanza nei beni culturali e soprattutto il presidente Isaias Afwerki di ripetute violazioni dei diritti umani. Afwerki è al potere dal 1993, quando il suo partito (l’EPLF, Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia) conquistò l’indipendenza dall’Etiopia, imponendo di fatto un regime oppressivo – si parla di 10mila oppositori politici arrestati, in parte torturati e scomparsi – senza opposizione e libertà di stampa, in cui non si sono mai tenute le elezioni.