In Iran c’è stato un concorso di caricature e vignette su Trump
Ma c'è tutta un'industria che fa profitti da decenni prendendo in giro i presidenti americani, ha raccontato il New York Times
Ieri in Iran si è tenuto un concorso di caricature e vignette satiriche sul presidente americano Donald Trump, al termine del quale sono stati assegnati anche diversi premi in denaro. In alcune delle vignette, che sono state esposte a una mostra organizzata nella capitale Teheran, Trump è stato mostrato con il mantello del Ku Klux Klan, con il naso da Pinocchio, mentre sputa delle armi dalla bocca, con in mano un muro disegnato su una cintura, e anche a forma di uccellino di Twitter. Ogni rappresentazione ha ripreso un’accusa fatta al presidente americano negli ultimi mesi – bugiardo, guerrafondaio, di estrema destra, eccessivo su Twitter, e così via – e diverse sono state appese sui muri di Teheran. La mostra è stata visitata anche da alcuni religiosi iraniani ed è stata organizzata seguendo una tradizione ben consolidata in Iran: prendere in giro il presidente americano di turno.
Gli Stati Uniti sono nemici dell’Iran dal 1979, anno della rivoluzione khomeinista, quella che provocò la fuga dello scià alleato degli americani e l’instaurazione di una teocrazia islamica, cioè di un governo guidato da religiosi (“khomeinista” dal nome del leader della rivoluzione, Ruhollah Khomeini). Nonostante le manifestazioni anti-americane in Iran non siano concentrate in un solo giorno, per la mostra è stata scelta la data del 3 luglio, anniversario dell’abbattimento di un aereo commerciale da parte degli Stati Uniti, nel 1988, nel quale morirono 290 persone: il governo americano ha sempre sostenuto che quello che successe fu un incidente dovuto a un tragico errore, ma molti iraniani – convinti anche dalla propaganda del regime – pensano ancora che l’aereo fu abbattuto per costringere l’Iran a terminare la guerra contro l’Iraq iniziata nel 1980 (quella guerra, uno dei conflitti più lunghi, sanguinosi e inutili della storia del Medio Oriente, è raccontata qui).
Nel corso degli anni, ha raccontato Thomas Erdbrink, il corrispondente a Teheran del New York Times, sono stati diversi i presidenti americani presi in giro tramite questo tipo di rappresentazioni, attorno alle quali si è anche sviluppata un’industria florida di produzione di pupazzi. Per esempio, nelle manifestazioni anti-americane Bill Clinton è stato spesso rappresentato con un sigaro in bocca, George W. Bush con una stella di David, per sottolineare il suo rapporto speciale con Israele. Anche Jimmy Carter è stato preso molto di mira, perché fu il presidente americano durante gli anni della rivoluzione e della cosiddetta “crisi degli ostaggi”, quella raccontata nel film Argo.
Erdbrink ha raccontato che negli ultimi anni l’industria di produzione di pupazzi e di altre forme di rappresentazione anti-americane era in leggero declino, soprattutto perché molti iraniani avevano visto con favore gli sforzi di Barack Obama di concludere lo storico accordo sul nucleare che ha portato alla cancellazione di alcune delle sanzioni imposte all’economia dell’Iran. Con Trump presidente, le cose sono cambiate di nuovo. Fin dalla campagna elettorale, Trump ha usato toni molto duri contro l’Iran, sostenendo più di una volta di voler rivalutare l’accordo sul nucleare (un’eventualità che comunque viene considerata improbabile da diversi esperti). Le critiche sono state sfruttate al massimo dalla leadership più conservatrice del paese, che già ai tempi di Obama aveva cercato di ostacolare il dialogo tra il presidente iraniano Hassan Rouhani, del fronte moderato, e il governo degli Stati Uniti. Per esempio Resalat Bouzari, colui che ha presentato la mostra di vignette e caricature, ha detto: «Siamo molto, molto contenti di Trump. Ha mostrato la vera faccia della cosiddetta democrazia degli Stati Uniti»; un concetto, questo, che era già stato espresso da Ali Khamenei, la Guida suprema, la massima autorità politica e religiosa dell’Iran.
La mostra di ieri a Teheran viene tenuta ormai da diversi anni. Il suo organizzatore, Masoud Shojaei-Tabatei, iniziò a occuparsene dopo che alcuni giornali europei avevano pubblicato le vignette su Maometto, l’ultimo profeta dell’Islam. Come ritorsione per la presa in giro, l’Iran organizzò il primo concorso di vignette sull’Olocausto (Iran e Israele sono nemici e ancora oggi la retorica del regime iraniano sull’Olocausto è durissima); l’indignazione con la quale la mostra fu accolta in Occidente convinse Shojaei-Tabatei a ripetere l’evento e renderlo a cadenza annuale. Lo scorso anno il tema del concorso era stato lo Stato Islamico (o ISIS, organizzazione terroristica sunnita nemica del regime iraniano sciita), che il governo iraniano rappresenta spesso come un gruppo manovrato dall’Occidente.