È vero che lo stalking è stato depenalizzato?
Secondo i sindacati italiani e alcuni giuristi sì, secondo altri no, di fatto non è chiaro: il ministro Orlando ha detto che ci metterà una pezza
Negli ultimi giorni si è parlato molto della riforma del codice penale – approvata in via definitiva alla Camera dei Deputati il 14 giugno – per via delle conseguenze che avrà sul reato di stalking. I maggiori sindacati italiani e alcuni giuristi hanno criticato una parte della riforma che secondo loro porta a una depenalizzazione dello stalking. Altri esperti di diritto non sono d’accordo con questa interpretazione. Il sottosegretario del ministero della Giustizia, Gennaro Migliore, è intervenuto dicendo che la depenalizzazione dello stalking è «una notizia falsa», ma le critiche sono continuate. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha detto oggi che «le preoccupazioni risultano non fondate» ma che comunque la legge sullo stalking sarà modificata per evitare dubbi di interpretazione.
La questione è comunque più complicata di quello che sembra, ed è difficile arrivare a una conclusione definitiva. Tutto è cominciato il 27 giugno, quando CGIL, CISL e UIL hanno segnalato che una delle novità introdotte dalla riforma, l’estinzione di alcuni tipi di reati «a seguito di condotte riparatorie», avrebbe dato la possibilità ai condannati per stalking di cancellare la pena legata alla propria condanna «pagando una somma se il giudice la riterrà congrua, versandola anche a rate» e «senza il consenso della vittima». Il giorno successivo Migliore ha detto che l’estinzione del reato sarebbe stata applicata «solo ai reati procedibili a querela remissibile» quindi «certamente non per lo stalking».
Per capire le critiche dei sindacati e la replica di Migliore e del Partito Democratico conviene leggere il testo della legge sullo stalking, cioè l’articolo 612 bis del codice penale, sugli “atti persecutori”, introdotto nel codice penale nel febbraio del 2009:
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
Le prime due frasi in grassetto significano che lo stalking è un reato per cui si avvia un’indagine e un eventuale processo solo se c’è una querela da parte della persona che sostiene di averlo subito e che la querela è remissibile, cioè cancellabile dalla persona che l’ha fatta durante il processo. La terza frase in grassetto – inserita nella legge del 2009 con la cosiddetta legge sul femminicidio del 2013 – invece dice che la querela non può essere in alcun modo cancellata se lo stalking è “grave”, per esempio «se la violenza o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata [cioè irriconoscibile per qualche ragione, ndr], o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte».
La parte della riforma del codice penale che è stata criticata è il primo comma dell’articolo 162 ter (qui riportato nella versione trasmessa dal Senato alla Camera lo scorso marzo, dato che la legge non è ancora stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale):
Nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo.
Barbara Carsana, esperta di diritto di famiglia e avvocata che si occupa di violenza di genere, ha spiegato al Post che questo comma letto insieme all’articolo 612 bis del codice penale dice che la nuova norma «si applica solo quando la querela è rimettibile, quindi solo, di fatto e in diritto, nei casi meno gravi». Per questo Migliore e altri esponenti del PD, compresa Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia della Camera, avevano inizialmente rifiutato le critiche dei sindacati.
Tuttavia l’iniziale difesa del governo non rispondeva a tutte le critiche, come aveva spiegato l’avvocata ed ex deputata di centrodestra Giulia Bongiorno (peraltro fondatrice dell’associazione contro la violenza sulle donne Doppia Difesa) al Fatto Quotidiano: «Siccome la minaccia grave, se non viene reiterata, continua a rientrare tra le querele suscettibili di revoca, è ovvio che con il ddl Orlando alcune donne saranno indotte a rimetterla. La nuova legge prevede che in caso di remissione di querela ci siano condotte riparatorie e l’estinzione del reato. Quindi, lo stalker, che solitamente ossessiona per amore, ossessionerà la vittima per indurre il ritiro della querela o meno? Forte della mia esperienza, dico di sì. Sarà facile ottenere il consenso della persona offesa». Gli stessi sindacati avevano criticato il governo con l’esempio della storia di Ester Pasqualoni, l’oncologa di Teramo «uccisa dallo stalker contro il quale aveva presentato due denunce, entrambe archiviate». Secondo Bongiorno circa il 60-70 per cento dei reati di stalking consiste di molestie, mentre i casi di minacce, cioè quelli giudicati più gravi secondo la legge, corrispondono solo al 30 per cento delle denunce, di cui solo il 15 per cento è “grave”.
Secondo Eugenio Albamonte, segretario dell’Associazione nazionale magistrati (ANM), i problemi con l’articolo 162 ter si devono alla fretta. A Rassegna Sindacale, il periodico della CGIL, Albamonte ha detto: «Ricordiamoci che ci sono stati due passaggi con fiducia, che non hanno consentito di prendere in considerazione nessuna valutazione critica. Anche spunti assolutamente ragionevoli, volti all’unico fine di migliorare la legge, sono stati completamente trascurati. Ecco, queste sono poi sono le conseguenze in cui si incorre. Non dico dunque che il legislatore abbia fatto apposta, dico che si è sbagliato, proprio per la fretta eccessiva di approvare la legge».
Secondo Carsana la parte sull’estinzione dei reati procedibili a querela remissibile della riforma del codice penale aveva comunque degli aspetti positivi in relazione ai reati di stalking, per varie ragioni. La prima è che secondo l’articolo 162 ter il giudice deve sentire la persona che ha sporto querela: «È una rilevante novità. La persona offesa acquisisce un ruolo maggiore nel processo pur, evidentemente, non diventando elemento discriminante». Inoltre anche le modalità di riparazione previste dalla riforma, secondo Carsana, miglioravano la situazione attuale dato che il terzo comma dell’articolo 162 ter dice anche: «Il giudice dichiara l’estinzione del reato, di cui al primo comma, all’esito positivo delle condotte riparatorie». Infatti nella maggior parte dei processi il risarcimento del danno in denaro stabilito dal tribunale non viene versato immediatamente e questo comma potrebbe forzare i tempi della procedura dato che stabilisce che il reato si estingua solo nel momento in cui la persona querelante ha ricevuto il risarcimento.
A questo punto in ogni caso bisognerà vedere come saranno modificate le cose per rispondere alle critiche di chi ha visto nel 162 ter una forma di depenalizzazione del reato di stalking. Per ora non se ne sa molto. Ieri il ministro Orlando ha detto: «Le preoccupazioni espresse sull’applicazione dell’estinzione del reato per condotta riparatoria, sia pure soltanto alle ipotesi meno gravi di stalking, secondo le interpretazioni degli uffici risultano non fondate. Per evitare comunque qualunque possibilità di equivoco interpretativo si deve agire riconsiderando la punibilità a querela prevista nella legge del 2009».