Cosa sappiamo della presunta “foreign fighter” italiana fermata in Piemonte
Si chiama Lara Bombonati, ha 26 anni ed è accusata di avere combattuto il jihad in Siria insieme al marito
La notte tra il 22 e il 23 giugno la Digos di Alessandria ha fermato a Tortona, in provincia di Alessandria, una donna di 26 anni con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La donna si chiama Lara Bombonati e secondo le ricostruzioni di Corriere della Sera e Stampa ha trascorso un periodo in Siria a combattere il jihad insieme al marito, ma non ci sono ancora certezze al riguardo. Sempre secondo queste ricostruzioni sarebbe poi stata arrestata per terrorismo in Turchia ed espulsa in Italia, anche se non è chiarissimo quando siano successe le due cose. Da allora – si parla dei primi mesi del 2017 – le autorità italiane l’hanno tenuta costantemente sotto controllo per cercare di capire se facesse parte di una rete terroristica più ampia. Non si sa ancora cosa abbia spinto la Digos a effettuare il fermo: Repubblica ipotizza che forse Bombonati era in procinto per ripartire di nuovo per la Siria, ma non c’è niente di certo.
Bombonati è nata a Milano ma cresciuta in Piemonte. Elisa Sola ha scritto sul Corriere che Bombonati ha vissuto fino a “poco più che ventenne” nella casa dei genitori, nella frazione di San Vito, a Garbagna, in provincia di Alessandria. La conversione all’Islam sarebbe avvenuta in un momento successivo, ma le informazioni disponibili al riguardo sono ancora molto confuse. Si sa che dopo avere lasciato casa dei genitori Bombonati ha trascorso un periodo dalla sorella a Tortona, a una ventina di chilometri a nord-ovest di Garbagna, dove era molto riconoscibile perché portava il cosiddetto velo integrale. Anche suo marito, Francesco Cascio, si era convertito all’Islam. Cascio, che sembra sia stato ucciso in Siria, era originario di Trapani e dopo la conversione si faceva chiamare Muhammad. Non è chiaro quando i due si siano sposati e non si hanno dettagli sulle persone che frequentavano prima di partire per la Siria: finora la procura di Torino, che sta seguendo le indagini, non ha diffuso altre informazioni.
Un’informazione certa, scrive il Corriere, è che il 13 ottobre 2016 i famigliari di Bombonati denunciarono alla polizia la scomparsa della figlia e del genero, con cui non riuscivano più a mettersi in contatto dopo che i due giovani erano partiti per la Turchia dicendo che ci andavano per studiare il Corano. Due mesi dopo, a dicembre, l’utenza telefonica di Bombonati fu localizzata nei pressi del valico frontaliero di Karbayez, al confine tra Siria e Turchia. Karbayez si trova a un centinaio di chilometri a nord di Aleppo: in quella zona combattono i ribelli appoggiati dal governo turco, i curdi siriani e i ribelli più estremisti. Non ci sono ancora informazioni precise sul gruppo a cui si sarebbero uniti Bombonati e Cascio per combattere il jihad. Non si sa nemmeno con certezza se i due abbiano effettivamente superato il confine. L’ipotesi più ripresa dalla stampa italiana, comunque, è quella che li lega a Tahrir al Sham, un gruppo islamista molto radicale che combatte a est di Aleppo contro il regime siriano di Bashar al Assad. Fino a qualche mese fa Tahrir al Sham si faceva chiamare Jabhat Fatah al Sham, e prima ancora Jabhat al Nusra: in pratica era la divisione siriana di al Qaida, nemica – oltre che del regime di Assad – anche dello Stato Islamico.
Bombonati fu arrestata in Turchia all’inizio del 2017, scrive il Corriere, con l’accusa di terrorismo. Fu poi espulsa in Italia, e da quel momento sorvegliata attentamente dall’antiterrorismo italiano. Repubblica l’ha definita “la presunta terrorista più controllata d’Italia”. Del marito non si sa molto: i giornali italiani citano un’intercettazione telefonica nella quale Bombonati parla di Cascio come un “martire”, implicando quindi la sua uccisione in battaglia.
Il fermo di Bombonati deve ancora essere convalidato dal Giudice per le indagini preliminari (Gip). Bombonati si trova ora al carcere Le Vallette di Torino. Se le accuse fossero confermate, sarebbe la seconda “foreign fighter” (una “combattente straniera”) ad essere condannata in Italia. La prima è stata Maria Giulia Sergio e la sua storia è raccontata qui.