È caduto il governo romeno
Il primo ministro è stato sfiduciato dal suo stesso partito, secondo lui perché il capo (quello che applaude nella foto) vuole qualcuno di più fedele
Il governo rumeno è caduto mercoledì, dopo aver perso un voto di fiducia del Parlamento grazie ai voti contrari degli stessi membri del partito del primo ministro Sorin Grindeanu, che è quindi stato estromesso. Da giorni gli stessi membri del partito di Grindeanu, il Partito social democratico (PSD), avevano ritirato il loro appoggio al governo su indicazione del leader del partito Liviu Dragnea: Grindeanu era accusato di non aver saputo attuare le riforme economiche promesse prima delle ultime elezioni, vinte dal PSD lo scorso dicembre. A sua volta, però, Grindeanu ha smentito questa ricostruzione: sostiene che Dragnea voglia soltanto sostituirlo con una figura più fedele.
La mozione di sfiducia è passata con 241 voti contro 10. Dopo il ritiro del sostegno del PSD, Grindeanu aveva rifiutato di dimettersi, dando inizio a una crisi politica, pochi mesi dopo quella iniziata lo scorso inverno con le proteste di piazza contro una legge che avrebbe ridotto le pene per il reato di corruzione. Ora ha detto che rimarrà al governo finché non ne sarà formato uno nuovo: le consultazioni tra il PSD e il presidente della Romania Klaus Iohannis, che deve approvare la nomina, cominceranno lunedì.
Lo scontro tra Grindeanu e il suo leader di partito Dragnea è arrivato a sorpresa, visto che fino a poco tempo fa i due erano considerati stretti alleati. Grindeanu è stato scelto personalmente da Dragnea, dopo che il presidente Iohannis non aveva approvato la nomina di Sevil Shhaideh, che sarebbe stata la prima donna e la prima persona musulmana. Dragnea non può ricoprire la carica di primo ministro a causa di una condanna ricevuta per dei brogli durante un referendum del 2012: aveva comunque scelto anche tutti i componenti dell’attuale governo e aveva avuto una parte importante nella stesura del programma. Dopo l’insediamento del governo, Dragnea disse che avrebbe vigilato con attenzione sulla sua attuazione e poco dopo aveva accusato Grindeanu di aver fallito nell’attuare le riforme promesse e nel migliorare le relazioni con la Russia, uno dei punti del programma. Grindeanu si era difeso dicendo che le riforme non erano previste prima del 2018, e ricordando che la Romania è membro dell’Unione Europea, e quindi non può non adeguarsi alle sanzioni contro la Russia, decise da tutti i governi dell’Unione.