Una storia terribile che non è mai successa
Circa 150 anni fa, tigri e leoni fuggiti dallo zoo di New York uccisero 49 persone: o almeno così scrisse un giornale
Il 9 novembre del 1874, il New York Herald pubblicò in prima pagina una storia raccapricciante. Un gruppo di animali feroci fuggiti dalla zoo aveva ucciso 49 persone, tra cui anche parecchi bambini, e ne aveva ferite altre centinaia. «Dodici feroci bestie carnivore sono ancora libere», avvertiva l’autore dell’articolo, pubblicato il giorno dopo la strage. La storia occupava tutte le prime pagine del giornale, era piena di dettagli, tra cui una dichiarazione del sindaco e una lista, ancora parziale, delle vittime. Il pezzo era ricco di descrizioni inquietanti: «È impossibile descrivere le innumerevoli scene di dolore e disastro», «gli ospedali sono pieni di feriti», «un sentimento di orrore pervade la comunità».
Stranamente, quella mattina nessun altro giornale riportava la notizia. La ragione era molto semplice: la storia del New York Herald era del tutto falsa. Come avvertiva una postilla scritta in fondo all’articolo: «Non un solo fatto o incidente descritto fino a qui ha avuto veramente luogo». L’intera storia, scriveva l’autore dell’articolo, aveva il solo scopo di mettere in guardia i cittadini di New York dai rischi che comportava avere uno zoo pieno di animali feroci situato nel centro della città. La storia della bufala del New York Herald è stata da poco raccontata nuovamente in un articolo del Washington Post e dimostra come le “fake news”, le notizie false, esistano almeno fin da quando esistono le notizie.
Il giorno dopo la bufala, i commenti del resto della stampa cittadina furono sferzanti. Il New York Times, già all’epoca molto rispettato, fu particolarmente stizzito: «È un buon commento alla posizione nella quale si trova l’Herald il fatto che questo orribile e disgustoso scherzo non abbasserà di molto l’opinione del pubblico su quel giornale. Appare infatti piuttosto vantaggioso non avere alcuna dignità da perdere, poiché qualsiasi sconcezza si possa commettere, alle persone resterà poco altro da fare che scuotere la testa e chiedersi: cos’altro dovremo aspettarci?».
Il New York Times aveva delle buone ragione per essere così piccato: l’Herald aveva la fama di essere uno dei quotidiani meno scrupolosi di tutta la città. Il suo editore dell’epoca, James Gordon Bennett Jr., figlio del fondatore del giornale, era famoso per chiedere ai suoi giornalisti di trovare sempre nuove storie eclatanti che aiutassero a vendere il giornale – storie, naturalmente, non necessariamente vere. Nel suo necrologio, pubblicato dal Tribune nel 1918, veniva riferito un episodio di alcuni anni prima che aiuta a descrivere il personaggio. L’episodio si svolge di sera, quando Bennet chiama il direttore dell’Herald e gli chiede di trovare qualcosa di “sensazionale” per il giorno successivo. Il giornalista risponde che New York quella sera sembrava molto tranquilla. Bennett risponde a sua volta: «E allora manda fuori un giornalista e fagli uccidere qualcuno».
Per quanto qualcuno possa avere una cattiva opinione della stampa odierna, all’epoca l’etica giornalistica era molto, molto meno rispettata di oggi, racconta il Washington Post. Notizie false, nomi inventati, episodi mai avvenuti erano la normalità sulle prima pagine dei quotidiani più venduti e diffusi. Anche quando i falsi venivano scoperti, in genere non c’era nessuna conseguenza spiacevole per gli autori. A un giornalista scoperto a falsificare sistematicamente decine di storie, racconta il Washington Post, il direttore diede il consiglio di non farsi vedere in redazione, ma giusto per qualche giorno.
Il massacro dello zoo di New York fu un caso di “bufala” spettacolare, ma di brevissima durata. Quarant’anni prima, nel 1835, un’altra bufale era riuscita invece a restare in piedi per settimane. L’estate di quell’anno, il New York Sun pubblicò una serie in sei parti nella quale venivano descritte le scoperte di un astronomo che sosteneva di aver osservato forme di vita su Marte grazie al suo potentissimo telescopio. Il Sun moltiplicò le copie vendute e per giorni a New York non si parlò d’altro. La storia, però, era ovviamente del tutto falsa. Il pubblico lo venne a sapere quando l’autore delle notizie false raccontò la vera storia a un collega che a sua volta la scrisse sul suo giornale. Come nel caso della storia dello zoo, i giornali rivali replicarono sdegnati, ma una fonte dell’epoca riferisce che «gran parte dei lettori si fecero una risata a sentire la vera storia».
Un’altra storia falsa che ebbe un successo ancora più ampio e di più lunga durata è quella dell’albero mangiauomini del Madagascar. Pubblicata dal New York World pochi mesi prima della bufala del New York Herald, trattava del viaggio di un esploratore nell’isola del Madagascar e del suo incontro con una tribù locale che offriva sacrifici umani a un grande albero in grado di afferrare la vittima con una specie di tentacolo e quindi digerirla lentamente. Ovviamente, non esiste alcun albero del genere né in Madagascar né in qualsiasi altro posto. Questo però non impedì alla storia di essere ripresa in decine di giornali in tutto il paese. Alcuni esploratori arrivarono ad imbarcarsi in pericolosi viaggi per rintracciare il misterioso albero. Che la storia non fosse altro che una bufala venne alla fine rivelato, ma soltanto 14 anni dopo la pubblicazione del primo articolo.