Come cambia il processo penale
La riforma approvata dal Parlamento allunga i tempi di prescrizione e punisce più severamente la corruzione, ma non piace né ai giudici né agli avvocati
Mercoledì, il Parlamento ha approvato definitivamente la riforma del processo penale, un provvedimento che era stato annunciato per la prima volta tre anni fa, nell’agosto del 2014. La riforma, formata da un unico articolo con 95 commi, interviene su una serie di aspetti per cercare di rendere più rapidi i processi penali, più trasparenti alcune procedure di indagine e più severe le pene per certi reati. La riforma è stata aspramente criticata sia dai magistrati che dagli avvocati penalisti. Sul Corriere della Sera, il giornalista ed esperto di cronaca giudiziaria Luigi Ferrarella l’ha definita «un compromesso al ribasso».
Prescrizione
La maturazione della prescrizione sarà interrotta per 18 mesi dopo la sentenza di primo grado e per altri 18 mesi dopo quella d’appello. Significa che un processo per un reato che andrebbe in prescrizione dopo 10 anni, potrebbe in effetti durarne fino a 13, poiché il conteggio si ferma un anno e mezzo dopo ciascuno dei primi due gradi di giudizio, lasciando più tempo per la conclusione del processo. Inoltre, viene aumentato il tempo necessario per maturare la prescrizione per il reato di corruzione, mentre nei casi di abuso su minore si inizierà a calcolarla soltanto dal momento in cui la vittima compie 18 anni.
Intercettazioni
La legge stabilisce una delega per il governo che avrà tre mesi di tempo per modificare alcuni aspetti abbastanza marginali del funzionamento delle intercettazioni. La delega fissa alcuni “paletti” entro i quali il governo dovrà decidere: in sostanza, saranno probabilmente introdotte nuove regole per evitare la pubblicazioni di intercettazioni ritenute irrilevanti ai fini delle indagini. Ci sono ancora pochi dettagli su cose intende fare il governo, ma sembra esempio che la delega stabilirà che gli avvocati difensori e delle parti potranno ascoltare le intercettazioni irrilevanti, ma non potranno riceverne copia.
I tempi delle indagini
Dopo la chiusura delle indagini, un magistrato avrà tre mesi (15 mesi per reati di mafia e terrorismo) per presentare la richiesta di rinvio a giudizio, quella che, se accolta dal giudice, porta all’inizio del processo. Se la richiesta non viene presentata, il procuratore generale presso la Corte d’appello può avocare il fascicolo e decidere cosa farne. Molto spesso, infatti, i magistrati tengono per mesi e a volte anni indagini chiuse, in attesa di trovare il tempo di chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione. Circa il 70 per cento delle prescrizioni avviene infatti in fase di indagine.
Aumento delle pene
La riforma stabilisce l’aumento delle pene per una serie di reati che destano particolare allarme sociale: furti in casa, rapine, rapine aggravate ed estorsione. Aumenta anche la pena per il reato di voto di scambio politico-mafioso. La riforma introduce anche la possibilità, per il giudice, di decidere l’estinzione del reato in caso di risarcimento del danno, così da velocizzare le cause per i reati più lievi.
Teleconferenza
La riforma stabilisce che imputati per reati gravi e gravissimi potranno partecipare al dibattimento soltanto in video conferenza. Anche testimoni e collaboratori di giustizia potrebbe comparire in aula tramite questo sistema. Le eccezioni alla regola dovranno essere esplicitamente motivate dal giudice. Gli avvocati hanno protestato con forza in particolare contro questa disposizione, per le difficoltà a difendersi trovandosi in un posto diverso dal tribunale.
Quindi cosa se ne dice?
Della riforma si parla piuttosto male. I magistrati, rappresentati dall’Associazione nazionale magistrati, hanno protestato duramente contro la legge. L’ANM vorrebbe eliminare le norme sull’avocazione dei fascicoli di inchiesta, vorrebbe allungare ancora di più i termini di prescrizione – che invece gli avvocati vorrebbero ridurre – e infine chiede che il governo non intervenga in alcun modo sulle intercettazioni. Anche gli avvocati penalisti hanno criticato la riforma, in genere per i motivi opposti. I loro organi di rappresentanza hanno proclamato diversi scioperi contro la legge, accusandola di limitare ancora di più il diritto alla difesa che, dicono, nel nostro paese è già molto compresso.
Nel tentativo di conciliare le opposte richieste, la riforma ha finito con l’essere poco incisiva ed efficace, ha scritto Ferrarella sul Corriere della Sera. Ad esempio, grazie alle nuove norme sulla prescrizione, un processo per corruzione potrà durare fino a 20 anni. Il 70 per cento delle prescrizioni avviene in fase di indagine, non durante il processo, mentre la metà di tutte le prescrizioni si verifica in quattro distretti particolarmente sovraccarichi di lavoro o male organizzati (Napoli, Roma, Torino e Venezia): per risolvere questi problemi, però, la riforma fa bene poco.