Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia non hanno fatto la loro parte sui rifugiati
E la Commissione Europea ha detto che aprirà una procedura di infrazione
Ieri la Commissione Europea ha annunciato che aprirà una procedura di infrazione – cioè una specie di negoziato per arrivare a un patteggiamento – contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, accusate di non aver contribuito al meccanismo straordinario di ricollocamento dei richiedenti asilo approvato nel settembre 2015. Secondo gli ultimi dati, i tre paesi insieme hanno accolto solamente 12 persone sulle quasi 13mila che spettavano loro secondo il piano (cioè circa lo 0,09 per cento). In tutto, secondo le ultime stime della Commissione, finora sono state ricollocate 20.869 persone, circa un ottavo di quanto previsto in origine.
Il piano era stato messo a punto alla fine dell’estate del 2015 per alleviare la pressione su Grecia e Italia in seguito a un flusso migratorio eccezionale: non riguardava tutti i migranti ma solo i richiedenti asilo provenienti da alcuni paesi particolarmente instabili – come Siria ed Eritrea – la cui domanda di asilo sarebbe stata quasi sicuramente accettata da qualsiasi stato al mondo. La misura era stata adottata all’unanimità dal Consiglio Europeo – cioè dall’assemblea dei capi di stato e di governo dell’Unione – ma come spiegato pochi giorni fa dal commissario europeo agli Affari Interni Dimitris Avramopoulos ad alcuni giornalisti italiani, successivamente alcuni paesi hanno deciso unilateralmente di ritirarsi dal piano. Ad oggi sono 11 i paesi che ad esempio non hanno accolto richiedenti asilo dall’Italia: Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Ungheria, Irlanda, Polonia, Slovacchia, Regno Unito, Liechtenstein, Islanda. Avramopoulos ha ammesso che il piano di ricollocamento “non rappresenta una storia di successo”, ma che finora la Commissione si era trattenuta dall’aprire una procedura di infrazione perché sperava di far cambiare idea ai paesi interessati.
L’apertura della procedura di infrazione non significa per forza che i paesi interessati saranno multati: nelle prossime settimane si apriranno dei negoziati che potrebbero durare mesi, e alla fine la Commissione e i tre paesi in questione potrebbero decidere di incontrarsi a metà strada, magari accettando una quota simbolica di richiedenti asilo. In tutto questo, a settembre del 2017 il meccanismo arriverà alla sua scadenza naturale: le autorità europee confidano che presto sarà sostituito da un sistema permanente incluso nel progetto di riforma del trattato di Dublino, attualmente in discussione al Parlamento europeo (e che nei prossimi mesi sarà discussa dal Consiglio).