Cosa vuol dire “paventare”
Significa "spaventarsi" o "temere il verificarsi di una certo evento": ma che piaccia o no, ha ormai anche un altro significato
di Massimo Arcangeli
Sono tante le sfaccettature di un sentimento di paura, e altrettanti i suoi gradi d’intensità. Il latino pavor, che è all’origine dell’italiano paura, può comunicare anche solo ansia o agitazione, ed è talora perfino un trasmettitore di gioia: pavor pulsans (Virgilio, Eneide, v, 138) è l’agitazione di chi trema per l’attesa; laetus pavor è l’ansia gioiosa della trepidazione (Silio Italico, Punica, XVI, 432).
A pavor si ricollegano anche paventare e spaventare (con spavento), derivanti da due forme verbali latine ricostruite dagli studiosi perché non documentate (le segniamo perciò, come si usa fare in questi casi, con l’asterisco): *paventare ed *expaventare. Queste, a loro volta, risalgono al participio presente di due altri verbi latini per significare “impaurirsi, temere”: pavere (part. pres.: pavens, –entis) ed expavere (part. pres.: expavens, –entis).
Paventare, che ebbe in passato anche altri significati (“atterrire”, “dubitare”, “esitare”, “sospettare”), nell’italiano corrente vuol dire “intimorirsi”, “spaventarsi”, “provare paura” (paventare una crisi, l’ennesimo scandalo; paventare di non riuscire in un’impresa; paventare che un progetto non riesca ad andare in porto), ma più precisamente immaginare che l’evento spiacevole che incute paura, il sentimento negativo che si teme prima o poi insorga, o qualunque altra cosa in quel momento turbi o sgomenti, possa verificarsi, avverarsi, colpire chi ne abbia timore.
Non è tutto, perché in molti segnalano un uso particolare di paventare, come in questo passo:
Cari contribuenti, anche quest’anno il regalo di Natale è arrivato in anticipo! È di pochissimi giorni la notizia che molti associati hanno sottoposto all’attenzione della nostra Associazione dei Consumatori. Mittente: la Regione Lazio! Destinatari: utenti di ogni età, anche minori!
Si tratta di avvisi bonari che nascono da presunti controlli effettuati sulle dichiarazioni dei redditi e che avrebbero come conseguenza la richiesta di restituzione di somme non corrisposte a titolo di esenzione del pagamento del ticket, per prestazioni rese dagli Enti del Servizio Sanitario Nazionale del Lazio. […] Alla base del predetto procedimento di “recupero” appaiano sussistere anomalie e incongruenze che priverebbero di legittimità le richieste inviate. Vuoi perché si riferiscono a prestazioni fruite nei (lontani!) anni 2009-2010, vuoi perché con essi la Regione paventa per il consumatore possibili conseguenze in ambito penale […] senza tenere conto degli ormai consolidati arresti giurisprudenziali di segno contrario, che prevedono l’applicazione in limite della sola sanzione amministrativa.
Difficile immaginare che la Regione Lazio tema che il contribuente commetta un reato; prevede invece, glielo prefigura in forma di minaccia, che il reato possa commetterlo. Paventare vuol dire qui, insomma, prospettare. Un significato sempre più diffuso, e facilmente spiegabile: il pensiero che qualcosa o qualcuno possa piombare improvviso su di noi per sconvolgere le nostre vite alleggerisce paventare in ipotizzare o ventilare, preventivare o prevedere.
Sono tantissime, in Rete, le attestazioni di paventare un’ipotesi in cui il verbo significa, per l’appunto, “prospettare” e simili. È un uso da evitare ma una lingua, spesso, va per la sua strada e non possiamo farci niente.
Alla vigilia del Festival “Parole in cammino” che si è tenuto ad aprile a Siena, il suo direttore Massimo Arcangeli – linguista e critico letterario – ha raccontato pubblicamente le difficoltà che hanno i suoi studenti dell’università di Cagliari con molte parole della lingua italiana appena un po’ più rare ed elaborate, riflettendo su come queste difficoltà si estendano oggi a molti, in un impoverimento generale della capacità di uso della lingua. Il Post ha quindi proposto ad Arcangeli di prendere quella lista di parole usata nei suoi corsi, e spiegarne in breve il significato e più estesamente la storia e le implicazioni: una al giorno.
Il nuovo libro di Massimo Arcangeli, “La solitudine del punto esclamativo“, è uscito il primo giugno per il Saggiatore.