Lo scambio di accuse fra Comey e Trump, messo in ordine
Mentre eravate distratti dalle elezioni britanniche, il presidente americano e l’ex capo dell’FBI se ne sono dette di tutti i colori
Negli ultimi giorni le principali notizie dall’estero hanno riguardato le sorprendenti elezioni nel Regno Unito – qui i risultati, un riassunto delle cose da sapere, e gli sviluppi più recenti – mentre è passata un po’ in secondo piano la testimonianza di James Comey, ex direttore dell’FBI licenziato da Donald Trump, davanti alla commissione intelligence del Senato degli Stati Uniti, e i suoi successivi sviluppi. Comey ha raccontato cose piuttosto preoccupanti e che in generale non hanno fatto per niente piacere a Trump, che su Twitter ha scritto che Comey è un bugiardo. È da un po’ di tempo che i due si accusano a vicenda, tant’è vero che durante l’audizione un senatore ha fatto notare che alla fine la questione si riduce a decidere a quale delle due versioni credere. Che il presidente degli Stati Uniti e il capo dell’FBI litighino non è una cosa che capita tutti i giorni ed è una vicenda abbastanza intricata, che in futuro avrà sicuramente altri sviluppi. Per il momento, l’abbiamo riassunta nei suoi passaggi essenziali.
Il licenziamento di Comey
Comey era direttore dell’FBI, il più importante organo della polizia federale americana, dal settembre 2013. Da alcuni mesi l’agenzia stava conducendo tre indagini sui rapporti fra il comitato elettorale di Donald Trump e la Russia, e sull’ingerenza della Russia nelle ultime elezioni presidenziali. Dopo essere diventato presidente a gennaio Trump aveva confermato Comey. La nomina del direttore dell’FBI non è di natura politica e un normale mandato dura 10 anni, anche se un presidente può comunque decidere di licenziare un direttore dell’FBI. Trump licenziò Comey con una lettera; Comey lo venne a sapere dalla tv. Diversi osservatori sospettarono che il licenziamento fosse motivato dall’insistenza con cui l’FBI stava indagando Trump e i suoi collaboratori: lo stesso Trump, nella lettera, faceva riferimento a un legame tra la sua decisione e l’inchiesta sulla Russia, ma in seguito la Casa Bianca ha più volte cambiato versione sulle reali ragioni del licenziamento.
Quel tweet di Trump
Visto che qualcuno iniziava a parlare del fatto che Comey o altri suoi ex colleghi avrebbero potuto passare alla stampa informazioni sulle conversazioni avute con Trump, il presidente americano scrisse su Twitter: «James Comey farebbe meglio a sperare che non ci siano “registrazioni” delle nostre conversazioni, prima di iniziare a passare informazioni alla stampa».
James Comey better hope that there are no "tapes" of our conversations before he starts leaking to the press!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) May 12, 2017
I memo di Comey
Pochi giorni dopo, il New York Times parlò di alcune note prese da Comey dopo i suoi incontri con Trump, in cui Comey descriveva delle presunte pressioni di Trump perché l’FBI smettesse di indagare su Michael Flynn, un ex generale, amico personale e stretto collaboratore che Trump aveva scelto come consigliere per la sicurezza nazionale subito dopo il suo insediamento. Flynn si era dimesso quando i giornali americani avevano scoperto suoi incontri e telefonate con l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, su cui aveva mentito proprio all’FBI e al vicepresidente Mike Pence, e suoi rapporti personali e commerciali mai dichiarati col governo russo e quello turco.
Allora non si sapeva, ma ora sappiamo che la fonte di quei memo era lo stesso Comey, che durante la sua audizione davanti alla commissione sicurezza del Senato ha detto di averle fatte avere al New York Times perché voleva che, anche grazie a quanto scritto in quei memo, il dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti nominasse un procuratore speciale dell’indagine sui presunti legami tra il comitato elettorale di Donald Trump, oggi presidente, e l’intelligence del governo russo.
Trump nega tutto
Il 18 maggio, durante una conferenza alla Casa Bianca, Trump ha negato di aver chiesto a Comey di smettere di indagare su Flynn. Rispondendo a un giornalista che gli chiese se l’accusa fosse vera, ha detto: «No. No. Prossima domanda».
E il procuratore speciale che in effetti viene nominato
Quello stesso giorno, a causa delle molte pressioni anche all’interno del partito Repubblicano, il viceprocuratore generale americano ha nominato procuratore speciale Robert S. Mueller III, un ex direttore dell’FBI. Proprio come era nei piani di Comey.
La testimonianza di Comey
L’8 giugno, il giorno delle elezioni britanniche, Comey ha testimoniato sotto giuramento sul caso Trump-Russia davanti alla commissione intelligence del Senato. Comey ha espresso giudizi molto negativi e critici sul comportamento di Trump, e ha confermato che gli chiese di «lasciar perdere» l’inchiesta su Flynn. Comey ha spiegato di averlo inteso come un ordine di chiudere l’inchiesta, ma che sarà il procuratore speciale a stabilire se sia stato o no un tentativo di “ostacolare la giustizia” (questa espressione è particolarmente importante perché fu l’accusa principale che venne rivolta all’allora presidente Richard Nixon nella procedura di impeachment per il caso Watergate). Comey ha ammesso di essere lui la fonte dei memo e ha detto di aver consegnato i suoi appunti integrali sugli incontri con Trump a Mueller III. Rispondendo a una domanda sulla presunta esistenza di registrazioni dei dialoghi tra lui e Trump ha detto: «Oddio, lo spero, che quelle registrazioni esistano». Comey ha anche detto che parlando di una sua cattiva gestione dell’FBI, Trump ha mentito, ha detto bugie.
Quest’altro tweet di Trump
Il giorno dopo Trump, che durante la testimonianza di Comey non aveva twittato niente, ha scritto su Twitter che quelle di Comey erano bugie, aggiungendo: «WOW, Comey è uno che passa informazioni alla stampa».
Despite so many false statements and lies, total and complete vindication…and WOW, Comey is a leaker!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) June 9, 2017
La conferenza stampa di Trump
Il 9 giugno, il giorno dopo la testimonianza di Comey, Trump ha detto stupendo un po’ tutti che l’audizione di Comey aveva dimostrato che non c’è stata nessuna collusione con la Russia e nessuna ostruzione della giustizia da parte sua. Rispondendo a una domanda sull’esistenza di quelle registrazioni ha detto: «Oh, sarete molto delusi quando sentirete la verità» e ha detto che farà sapere altro «a breve». Ha anche detto di essere disposto a parlarne con Mueller, il procuratore speciale.