Perché l’ISIS ha fatto un attentato in Iran?
Semplicemente perché l'ISIS e l'Iran si odiano da tempo: non c'è molto altro, nonostante le teorie del complotto avanzate da tutti contro tutti
Ieri mattina, alle 10.30 ora locale di Teheran, tre uomini armati travestiti da donne sono entrati nel Parlamento iraniano e hanno cominciato a sparare. Hanno preso degli ostaggi ma non hanno raggiunto l’area dell’edificio dove erano riuniti i parlamentari. Prima che la polizia potesse intervenire, uno di loro ha attivato la sua cintura esplosiva. Gli altri due sono stati uccisi dalle forze di sicurezza iraniane. Nel frattempo era cominciato un altro attacco al Mausoleo di Ruhollah Khomeini, il fondatore della Repubblica Islamica dell’Iran, una ventina di chilometri più a sud. Un uomo e una donna armati hanno cominciato a sparare, e uno di loro si è fatto esplodere prima dell’intervento della polizia. L’altro è stato ucciso. I due attentati, nei quali sono morte 17 persone, sono stati rivendicati dallo Stato Islamico (o ISIS). Oggi gli attentatori sono stati identificati dalle autorità come cittadini iraniani che in passato erano andati a combattere insieme allo Stato Islamico a Mosul (Iraq) e a Raqqa (Siria).
Un uomo passa un bambino a un poliziotto, durante le operazioni di evacuazione del Parlamento (AP Photo/Fars News Agency, Omid Vahabzadeh)
Stato Islamico e Iran si odiano
Quello di ieri è stato il primo attentato dello Stato Islamico in Iran, nonostante le minacce contro gli iraniani si fossero fatte più intense già da diversi mesi. L’Iran è un paese a grandissima maggioranza sciita, oltre a essere dal 1979 una teocrazia islamica governata da religiosi sciiti, mentre lo Stato Islamico è un’organizzazione sunnita (sciiti e sunniti sono i due principali orientamenti dell’Islam, spesso in competizione tra loro). L’odio dello Stato Islamico per gli sciiti non è una cosa nuova: il fondatore dello Stato Islamico, Abu Musab al Zarqawi, considerava gli sciiti “scorpioni velenosi, molto più pericolosi degli americani”. Questo non significa che lo Stato Islamico sia amico di tutti i sunniti: in Siria, per esempio, ha combattuto per molto tempo contro diversi gruppi di ribelli siriani sunniti anti-Assad, oltre al fatto che uno dei suoi più grandi avversari, anche dal punto di vista ideologico, continua a essere al Qaida, organizzazione terroristica sunnita con la quale lo Stato Islamico compete per la supremazia del mondo jihadista.
L’inimicizia tra Stato Islamico e Iran non si è sviluppata solo per diverse interpretazioni dell’Islam. Dall’inizio della guerra in Siria, l’Iran ha combattuto a fianco del presidente siriano Bashar al Assad, cioè su un fronte di guerra diverso da quello dello Stato Islamico (per molto tempo Stato Islamico e Assad benché rivali non si sono nemmeno combattuti veramente, ma solo per ragioni di convenienza legate alla guerra siriana). Lo scontro diretto tra le due parti c’è stato invece in Iraq, dove diverse milizie sciite che fanno capo all’Iran stanno partecipando alla guerra per la riconquista dell’area di Mosul, città irachena controllata dallo Stato Islamico dall’estate 2014.
Accuse, complotti e rivalità
Fino a prova contraria, dietro all’attentato dello Stato Islamico in Iran non c’è altro. È una cosa importante da tenere a mente, perché da ieri ci sono state già molte dichiarazioni e teorie del complotto che potrebbero avere creato confusione. Per esempio, diverse ore dopo l’inizio dell’attentato il presidente americano Donald Trump ha diffuso un comunicato che diceva:
«Siamo addolorati e preghiamo per le vittime innocenti degli attacchi terroristici in Iran, e per il popolo iraniano, che è costretto ad attraversare tempi molto difficili. Sottolineiamo che gli stati che sponsorizzano il terrorismo rischiano di essere loro stessi vittime del male che promuovono»
Nella seconda parte del messaggio, Trump in pratica diceva: se sostieni il terrorismo, aspettati attacchi terroristici. L’Iran è accusato da anni di sostenere gruppi terroristici, per esempio i libanesi sciiti di Hezbollah, che prima di entrare attivamente nella guerra siriana a fianco del presidente Bashar al Assad erano conosciuti soprattutto per gli attacchi contro Israele. Non è chiaro però quale sia la correlazione tra il sostegno a Hezbollah e ad altre milizie sciite da una parte, e l’attentato compiuto dallo Stato Islamico in Iran dall’altra. Più che dire una cosa veramente sensata, l’impressione – scrive il New York Times – è che Trump abbia dovuto trovare un modo per rispondere a questa domanda: come posso condannare l’attentato senza sembrare troppo vicino agli iraniani? Fin dalla campagna elettorale, infatti, Trump ha mostrato molta ostilità nei confronti delle politiche di apertura verso l’Iran adottate dal suo predecessore, Barack Obama, e nei suoi primi mesi di presidenza sembra essersi convinto a stringere rapporti sempre più stretti con i paesi arabi sunniti della regione, come l’Arabia Saudita, arcinemica dell’Iran.
Mercoledì Javad Zarif, ministro degli Esteri dell’Iran, ha risposto al commento della Casa Bianca definendo le accuse “ripugnanti”: «Il popolo iraniano non accetta tali dichiarazioni di amicizia degli Stati Uniti», ha detto Zarif, perché secondo il governo di Teheran dietro agli attacchi ci sono alcuni dei paesi sostenuti dagli americani. In un atro tweet, Zarif ha detto che i terroristi mandati dai despoti che sponsorizzano il terrorismo hanno attaccato il Parlamento con l’intenzione di colpire “il luogo della democrazia”: i despoti a cui si riferisce Zarif sarebbero i paesi sunniti del Golfo, e principalmente l’Arabia Saudita.
Terror-sponsoring despots threaten to bring the fight to our homeland. Proxies attack what their masters despise most: the seat of democracy
— Javad Zarif (@JZarif) June 7, 2017
Zarif non è stato l’unico ad accusare i paesi nemici dell’Iran di essere dietro l’attentato: un messaggio simile al suo è stato diffuso dalle Guardie Rivoluzionarie, che sono un potentissimo corpo di élite dell’esercito considerato molto vicino alla Guida suprema, cioè la principale autorità politica-religiosa dell’Iran. Le Guardie Rivoluzionarie hanno sottolineato l’importanza del fatto che l’attentato fosse avvenuto solo due settimane dopo l’incontro tra Trump e i «capi di uno degli stati più reazionari della regione che hanno costantemente appoggiato i terroristi», cioè i sauditi. Non è la prima volta che gli iraniani sostengono che lo Stato Islamico sia un’invenzione dell’Arabia Saudita e degli Stati Uniti: queste affermazioni, comunque, non hanno mai ottenuto alcun riscontro e vanno interpretate come delle mosse per screditare l’avversario nella complicata lotta per la supremazia del Golfo Persico; una lotta che va avanti da molto tempo e che negli ultimi giorni ha raggiunto un ulteriore livello di intensità a causa della grossa crisi scoppiata attorno al Qatar.