Comey dirà che Trump gli chiese di fermare l’inchiesta su Michael Flynn
L'ex capo dell'FBI parlerà domani alla commissione intelligence del Senato, che ha pubblicato le sette pagine con cui aprirà il suo discorso
È stato pubblicato un documento in cui James Comey, ex capo dell’FBI licenziato il 10 maggio, ha scritto che Donald Trump fece pressioni su di lui per fermare un’indagine che riguardava Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca. Secondo quanto scritto da Comey, Trump gli disse a febbraio: «Spero che tu possa lasciar perdere la cosa su Flynn, è una brava persona». È una cosa che Trump ha negato il mese scorso. Il documento scritto da Comey è lungo sette pagine ed è stato pubblicato oggi prima dell’audizione che Comey avrà domani – giovedì 8 giugno – dalla commissione intelligence del Senato. Nel documento – in pratica le dichiarazioni con cui aprirà la sua audizione – Comey ha anche scritto che Trump gli disse «mi serve fedeltà, ho bisogno di fedeltà» e che disse al presidente che non stava indagando su di lui.
Read the full text of Former FBI Director James Comey’s prepared testimony here: https://t.co/0o79lZ6Frt pic.twitter.com/39UN7CHOzN
— Bloomberg (@business) June 7, 2017
Michael Flynn è un ex generale, amico personale e stretto collaboratore che Trump aveva scelto come consigliere per la sicurezza nazionale subito dopo il suo insediamento, nonostante certe sue idee estremiste e nonostante lo stesso ex presidente Barack Obama lo avesse invitato informalmente a evitare. Flynn si era dimesso quando i giornali americani avevano scoperto suoi incontri e telefonate con l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, su cui aveva mentito proprio all’FBI e al vicepresidente Mike Pence, e suoi rapporti personali e commerciali mai dichiarati col governo russo e quello turco.
Alcuni estratti dal documento che Comey leggerà domani
– Comey parlerà di una cena avuta con Trump il 27 gennaio alla Casa Bianca, della quale ha scritto: «Durante la cena il presidente fece riferimento al materiale osceno di cui gli avevo parlato il 6 gennaio [si riferisce al dossier, mai verificato e pubblicato alcuni giorni dopo, con riferimenti piuttosto espliciti ad attività sessuali di Donald Trump in una stanza d’albergo a Mosca] e, come aveva già fatto in precedenza, espresse tutto il suo disgusto per quelle accuse, negandole con forza. Disse che stava pensando di ordinarmi di fare un’indagine su quelle accuse, per dimostrare che erano false. Gli risposi che avrebbe dovuto pensarci bene perché in quel caso avrebbe creato una narrativa secondo la quale noi [l’FBI] stavamo indagando proprio su di lui, cosa che non stavamo facendo. E poi perché è difficile dimostrare che qualcosa non è successo. Disse che ci avrebbe pensato e mi disse che avrei dovuto pensarci anche io».
– Comey parlerà di una conversazione telefonica del 30 marzo, in cui Trump lo chiamò parlando delle indagini sui rapporti con la Russia come di una “nuvola” che gli impediva di agire per il bene del paese. Comey ha scritto che Trump disse «che non aveva avuto a che fare con le prostitute e era sempre partito dal presupposto che mentre era in Russia qualcuno lo stesse intercettando». In riferimento a quella conversazione telefonica Comey ha scritto: «Non gli dissi che l’FBI e il Dipartimento di giustizia erano riluttanti nel fare una dichiarazione pubblica dicendo che non avevamo aperto un’indagine su Trump per una serie di ragioni, soprattutto perché la cosa avrebbe creato l’obbligo di cambiare quella dichiarazione, se fossero cambiate le premesse».