Corbyn può davvero vincere?
I sondaggi raccontano il buon momento dei Laburisti e si parla della "grande rimonta", ma sembra difficile che alle elezioni britanniche dell'8 giugno ci saranno sorprese
Le ultime tre settimane della campagna elettorale nel Regno Unito sono state caratterizzate dall’inaspettato buon momento dei Laburisti e del loro leader Jeremy Corbyn nei sondaggi, sui giornali e nei dibattiti televisivi. L’iniziale distacco di venti punti dai Conservatori di Theresa May si è ridotto, secondo l’ultimo sondaggio di YouGov, a soli tre punti e le discrete prove di Corbyn negli ultimi dibattiti televisivi, uniti a qualche inciampo di troppo da parte di Theresa May, hanno contribuito a dare l’idea che i Laburisti ce la possano davvero fare, compiendo una rimonta che per certi versi sarebbe più grande di quella di Donald Trump alle elezioni dello scorso novembre. Sembra esserci, tra gli elettori Laburisti, un nuovo grande ottimismo su cosa succederà l’8 giugno, quando si terranno le elezioni, ma un’analisi più attenta di come stanno le cose invita a maggior calma: i Conservatori sono ancora favoriti e potrebbero ottenere una delle più importanti vittorie degli ultimi anni.
Il recupero dei Laburisti (rosso) rispetto ai Conservatori (blu), nei sondaggi degli ultimi mesi.
Pochi giorni dopo la decisione della prima ministra Theresa May di indire elezioni anticipate – decisione sorprendente per molti versi, considerato che fino a pochi giorni prima May aveva negato di volerla prendere – i Laburisti erano dati da tutti per spacciati, con quasi venti punti di distacco nei sondaggi e con un leader percepito da molti come troppo debole per il difficile momento che aspetta il Regno Unito, con l’imminente inizio dei negoziati per Brexit. I Laburisti venivano da due anni in cui la nuova leadership di Jeremy Corbyn aveva faticato a costruire saldi rapporti con la struttura del partito e i suoi parlamentari (da cui la scorsa estate era anche stato sfiduciato e costretto a partecipare a nuove primarie), a convincere gli elettori del suo progetto politico e a mettersi in asse con gli eventi del mondo, a cominciare da Brexit, contro cui il suo partito aveva fatto campagna poco convintamente e su cui non era riuscito a trovare una posizione convincente dopo il referendum, come avevano fatto invece i Conservatori, eleggendo May e diventando il partito di Brexit.
A metà maggio, un mese dopo la decisione di indire nuove elezioni, alcuni sondaggi davano i Laburisti al 29 per cento e i Conservatori al 47 per cento. Se si fosse votato in quel momento, per la sinistra britannica sarebbe arrivato probabilmente il peggior risultato elettorale di sempre, cosa che in Parlamento avrebbe peggiorato ulteriormente le cose per il partito, nonostante arrivasse già dalla brutta sconfitta elettorale del 2015, quando Ed Miliband era stato sonoramente sconfitto dai Conservatori di Cameron. Theresa May aveva improntato le prime settimane di campagna elettorale sullo slogan “a strong and stable leadership” (una leadership forte e stabile), puntando molto sull’idea di essere l’unica leader in grado di condurre degnamente i difficili negoziati su Brexit, mentre nel frattempo Corbyn non riusciva neanche a tenere insieme il suo partito.
Sui giornali britannici si parlava solo della virtuale scomparsa del partito Laburista, della grande vittoria che avrebbe ottenuto May e in molti – nuovamente – chiedevano le dimissioni di Corbyn: poi le cose hanno cominciato a cambiare. Lentamente, ma costantemente, i Laburisti hanno rimontato nei sondaggi, erodendo il vantaggio dei Conservatori fino ad arrivare, secondo il più ottimista degli ultimi sondaggi – condotto da YouGov tra il 30 e il 31 maggio – al 39 per cento, a soli tre punti dai Conservatori, scesi al 42 per cento (con i Liberal Democratici al 7 per cento e lo UKIP, ormai quasi sparito, al 4 per cento). Un altro modello elaborato da YouGov – modello sperimentale e mai usato prima, definito “ardito” da diversi esperti e commentatori – ha addirittura predetto una possibile vittoria dei Laburisti, o se non altro un sostanziale pareggio e un Parlamento senza una chiara maggioranza. Un sondaggio di Ipsos Mori ha dato il distacco tra Conservatori e Laburisti a 5 punti, ma con i secondi sopra il 40 per cento.
Westminster voting intention:
CON: 45% (-4)
LAB: 40% (+6)
LDEM: 7% (-)(via @IpsosMori)
Chgs. w/ mid May— Britain Elects (@BritainElects) June 2, 2017
Il recupero nei sondaggi è coinciso con le ultime e più intense settimane di campagna elettorale, durante le quali May ha fatto qualche passo falso e si è dimostrata impreparata al confronto con gli elettori (le è stato per esempio chiesto conto del cambio di posizioni sulle elezioni anticipate, o su Brexit – contro cui lei stessa aveva fatto campagna – e non è riuscita a dare risposte convincenti) mentre Corbyn è apparso più sincero e convincente, contribuendo ad accrescere l’entusiasmo dei suoi sostenitori e a cambiare sui giornali la sua immagine di perdente. Che questo entusiasmo possa tradursi in un successo elettorale, tuttavia, sembra ancora azzardato da sostenere.
Un video diffuso da Momentum, il movimento che sostiene Jeremy Corbyn, che racconta la brutta settimana di Theresa May in televisione e nei dibattiti.
In primo luogo l’entusiasmo sembra non coinvolgere tutti, dentro al partito Laburista. Molti dirigenti sono ancora convinti che l’8 giugno arriverà una pesante sconfitta e sul territorio diversi candidati continuano a prendere le distanze da Corbyn, considerato un peso più che una risorsa. È vero che agli incontri di Corbyn in giro per il paese sembra andare sempre più gente, ma che il ritrovato entusiasmo della campagna elettorale sia poi davvero così diffuso “sul territorio” è stato messo in dubbio da alcuni attivisti che stanno facendo campagna porta-a-porta, che dicono che in molti posti tira un’aria un po’ diversa.
C’è poi un secondo problema, con i Laburisti: il loro consenso è stato spesso sovrastimato dai sondaggi. Senza andare troppo indietro, nel 2015 i sondaggi avevano previsto un testa a testa tra Conservatori e Laburisti, mentre poi i Conservatori avevano vinto con più di sei punti di vantaggio. Anche negli anni migliori dei Laburisti, quelli di Tony Blair, i sondaggi avevano spesso previsto vittorie con margini molto più ampi di quelle che poi si sono verificate. Più in generale, come ha mostrato anche l’inaspettata vittoria del “leave” al referendum su Brexit, i sondaggi nel Regno Unito vanno presi molto con le pinze (ma questo vale anche per il vantaggio dei Conservatori).
Il terzo problema dei Laburisti è il sistema elettorale britannico, il cosiddetto “first past the post” dove in ciascuna circoscrizione il candidato che prende più voti viene eletto in Parlamento, mentre tutti i voti per gli altri candidati sconfitti vengono persi. Per capirsi, è il sistema che fa sì che un partito con un consenso piccolo ma diffuso in tutto il paese – come il Liberal Democratici – sia quasi del tutto assente dal Parlamento (perché solo in poche circoscrizioni riesce ad avere la maggioranza dei voti), mentre abbia più seggi un partito con un consenso molto forte in poche aree, come per esempio lo SNP, il partito nazionalista scozzese (altro esempio: nel 2015 lo UKIP prese il 12 per cento dei voti su base nazionale e solo un seggio in Parlamento). Quello che conta alle elezioni del Regno Unito, quindi, non è prendere tanti voti in assoluto (conta anche quello, certo) ma prenderli dove conta, circoscrizione per circoscrizione. E qui la rimonta dei Laburisti potrebbe essere meno grande di quando dicano i sondaggi.
Il modello elettorale “sperimentale” di YouGov, l’unico che non ha previsto una netta maggioranza per i Conservatori e che è stato criticato da molti esperti di sondaggi, è basato su stime dei risultati sulle varie circoscrizioni e dice che comunque è molto improbabile – quasi impossibile – che i Laburisti ottengano più seggi dei Conservatori. In diverse circoscrizioni dove i Laburisti sembrano essere in vantaggio, inoltre, potrebbe pesare il voto degli elettori dello UKIP, che nonostante sia un partito quasi scomparso a livello nazionale ha ancora una certa rilevanza a livello locale e sembra aver fatto accordi per favorire i candidati Conservatori, che su Brexit hanno idee più vicine alle loro. Il partito Laburista, inoltre, farà fatica anche a vincere nelle circoscrizioni in Scozia, dove lo SNP sembra ancora molto forte e dove alle ultime elezioni locali, a inizio maggio, il Labour è diventato il terzo partito, superato anche dai Conservatori.
Nonostante la perdita nei sondaggi e le cattive prestazioni di Theresa May nelle ultime settimane, i Conservatori sembrano ancora convinti che da venerdì prossimo avranno un’ancora più larga maggioranza in Parlamento. Il Times ha spiegato come al momento i ministri del governo May stiano facendo un’attiva campagna elettorale anche in seggi storicamente molto favorevoli ai Laburisti, cosa che potrebbe indicare grande tranquillità di ottenere una vittoria l’8 giugno. Per certi versi, sfruttando un paragone che in molti stanno facendo in questi giorni, sembra una situazione simile a quella degli ultimi mesi dell’ultima campagna elettorale negli Stati Uniti, quando Hillary Clinton concentrò i suoi sforzi in stati storicamente conservatori tralasciando altri stati in cui credeva di essere in grande vantaggio. Come per allora, non ci sono in questo caso elementi per dire che si tratti di una strategia sbagliata.