Veltroni preferiva il Renzi di prima
Un'intervista al Corriere piena di stupore e preoccupazione per la piega "proporzionalista": «anche se Renzi non ama i consigli e non ama le persone che ragionano con la loro testa»
Aldo Cazzullo del Corriere della Sera ha intervistato l’ex segretario del Partito Democratico Walter Veltroni, sulle prospettive della legge elettorale che sta venendo discussa in questi giorni e del quadro politico in generale: Veltroni, al cui originale approccio alla “vocazione maggioritaria” del PD si era sempre rifatto l’attuale segretario Matteo Renzi, si dice stupito e preoccupato della piega completamente diversa – e secondo lui fallimentare – che Renzi sta dando al futuro politico italiano.
Teme che il proporzionale causi la definitiva implosione del Partito democratico?
«Il proporzionalismo di per sé aumenta la frammentazione, al di là della soglia di sbarramento (e voglio vedere alla fine dove la metteranno), e induce a fare campagna contro le forze che sono più vicine. Lo sbarramento agevolerà la costruzione di un soggetto politico alla nostra sinistra, e l’accordo con Berlusconi le regalerà una formidabile arma di campagna elettorale: gli scissionisti la faranno tutta contro il “connubio”, presentandosi come l’unica voce della sinistra. Sarà lo stesso argomento di Grillo e Salvini. Un bel paradosso: rischiamo di finire in un governo con Berlusconi per non aver voluto una legge con premio di coalizione, che ci avrebbe fatto trovare un equilibrio con forze che fino a pochi mesi erano nel Pd. O con Pisapia».
Ma è difficile fare una legge che produca il bipolarismo, se i poli sono tre.
«A me non sarebbe dispiaciuta una coalizione di centrosinistra con un ticket Renzi-Pisapia. Giuliano ha votato Sì al referendum. Si potevano fare primarie di coalizione. Un’alleanza corta tra il Pd e Pisapia potrebbe avvicinare il 38-40%, una soglia a cui sarebbe ragionevole fissare un premio di maggioranza».
Renzi le risponderebbe che non ci sono i voti in Parlamento. Se non per il proporzionale.
«Mi viene in mente una scena di Ecce Bombo: all’esame il professore chiede quanto fa 2 alla terza, e il ragazzo comincia a sparare una cifra dopo l’altra, sino a 7 milioni e 400 mila. Siamo passati dalla posizione più maggioritaria — l’Italicum — al proporzionale, attraverso il Mattarellum, il Provincellum, il Rosatellum. Ma non è la stessa cosa. Quali sono le urgenze? Stabilità, velocizzazione, e — per me — riformismo. Il proporzionale le esclude tutte e tre. E poi siamo sicuri che Pd e Forza Italia avrebbero la maggioranza? Rischiamo una instabilità totale, come ai tempi dei governi balneari. E una certa politica si nutre di instabilità, la adora; perché è una grande leva di contrattazione del potere. Se questa leva la togli ai partiti e la metti in mano ai cittadini ogni cinque anni, le cose cambiano».
Anche in Germania c’è una coalizione larga.
«Ma Berlusconi non è Angela Merkel. Forza Italia e il Pd non sono la Cdu e l’Spd, hanno altre tradizioni, altre storie. Io ho cercato di svincolare la sinistra dall’idea di un’alleanza contro qualcuno; e ora ci alleiamo con Berlusconi contro Grillo? Anche solo adombrare una simile ipotesi significa aiutarlo. Il Pd ha rotto con Berlusconi sull’elezione del presidente della Repubblica, quando su Mattarella era possibile costruire un consenso ampio come riuscii a fare attorno a Ciampi; e ora pensa di andare con Berlusconi al governo? Con quale linea sull’immigrazione? E sulle riforme istituzionali? La storia italiana ci insegna che quando si va in confusione si creano pasticci che non finiscono mai bene».
Mattarella chiede un consenso più largo possibile sulla legge elettorale.
«E ha ragione. Ma la cosa è nata da un’intervista di Berlusconi, che ha proposto uno scambio: proporzionale, che interessa a lui; e voto subito, che interessa a Renzi».
Sbaglia?
«Da persona che sta fuori dalla politica ma la guarda con passione, non voglio fare polemica con il segretario che ho votato alle primarie. Voglio dargli un consiglio, anche se Renzi non ama i consigli e non ama le persone che ragionano con la loro testa. Non si faccia prendere dalla febbre di giocare una partita di rivincita a breve. Chiuda la prospettiva del governissimo. Altrimenti i nostri avversari la useranno contro di noi, in nome proprio dell’innovazione. Ci strapperanno la nostra bandiera. E rischiamo un insuccesso elettorale che va assolutamente evitato. Perché sarebbe un disastro non tanto per noi quanto per il Paese».
Enrico Letta ha detto al Corriere che potrebbe non votare Pd. Lei?
«No, io lo voterò comunque»
(leggi per intero sul Corriere della Sera)