• Mondo
  • Venerdì 2 giugno 2017

L’accordo sul clima, spiegato facile

6 cose da sapere per capire cos'è, cosa succede ora che gli Stati Uniti hanno deciso di uscirne e perché se ne parlerà ancora a lungo

Il presidente Donald Trump alla conferenza stampa in cui ha annunciato che gli Stati Uniti abbandonano l'Accordo sul clima, nel Giardino delle rose della Casa Bianca, Washington DC, 1 giugno 2017
(AP Photo/Susan Walsh)
Il presidente Donald Trump alla conferenza stampa in cui ha annunciato che gli Stati Uniti abbandonano l'Accordo sul clima, nel Giardino delle rose della Casa Bianca, Washington DC, 1 giugno 2017 (AP Photo/Susan Walsh)

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato ieri che gli Stati Uniti usciranno dall’accordo di Parigi, il più importante trattato degli ultimi anni per contrastare il riscaldamento globale riducendo sensibilmente le emissioni di anidride carbonica, uno dei principali e più pericolosi gas serra. L’accordo era stato sottoscritto nel dicembre 2015 dalla precedente amministrazione Obama e da altri 195 paesi; la procedura per uscirne richiede quasi quattro anni. La decisione di Trump potrebbe avere serie conseguenze sul mantenimento degli impegni da parte degli altri stati e sulle condizioni climatiche della Terra, considerato che il riscaldamento globale si sta già verificando e ogni anno perso per contrastarlo fa aumentare il rischio di produrre effetti irreversibili sul clima. Ecco 6 cose da sapere, per chi ha fretta e non ha tempo per la versione lunga.

1) Quando e da chi è stato sottoscritto
L’accordo sul clima è stato firmato nel dicembre del 2015 da 195 paesi di tutto il mondo, durante la Conferenza mondiale sul clima di Parigi. Praticamente da tutti gli stati, compresa la Corea del Nord: sono rimasti fuori solo la Siria e il Nicaragua. L’accordo è entrato in vigore il 4 novembre del 2016, dopo essere stato ratificato dalla soglia minima prevista, 55 paesi.

Conferenza clima Parigi Foto di gruppo dei leader mondiali che partecipano alla conferenza sul clima di Parigi (Getty).

2) Cosa prevede
L’accordo non è vincolante e contiene sostanzialmente quattro impegni per gli stati che lo hanno sottoscritto (il testo integrale è qui).

• Mantenere l’aumento di temperatura inferiore ai 2 gradi, e compiere sforzi per mantenerlo entro 1,5 gradi.
• Smettere di incrementare le emissioni di gas serra il prima possibile e raggiungere nella seconda parte del secolo il momento in cui la produzione di nuovi gas serra sarà sufficientemente bassa da essere assorbita naturalmente.
• Versare 100 miliardi di dollari ogni anno ai paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti di energia meno inquinanti.
• Controllare i progressi compiuti ogni cinque anni, tramite nuove conferenze.

riduzione-emissioni
(NYTimes)

3) Perché è importante
L’obiettivo di mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale al di sotto dei 2°C non garantisce l’arresto del riscaldamento globale; anzi, secondo la maggior parte dei ricercatori non impedirà che si verifichino cambiamenti per il clima. È però un punto di partenza fondamentale, perché per la prima volta ha responsabilizzato quasi ogni paese del mondo sulla necessità di fare di più e meglio per ridurre le emissioni, puntando al tempo stesso sulle opportunità economiche offerte dallo sfruttamento delle energie rinnovabili e dal nucleare di nuova generazione.

CO2

4) In concreto, come si fa?
Il primo grosso obiettivo è di produrre, entro il 2030, 56 miliardi di tonnellate di anidride carbonica su scala globale invece dei 69 miliardi di tonnellate che si avrebbero mantenendo gli attuali ritmi di crescita. Gli Stati Uniti sono al primo posto nella classifica dei più grandi produttori di emissioni, seguiti dalla Cina, e sotto l’amministrazione Obama si erano impegnati a ridurre le emissioni del 26-28 per cento rispetto al 2005, fissando il 2025 come ultima scadenza per ottenere questo obiettivo. Avevano anche promesso di finanziare i paesi più poveri e in via di sviluppo per migliorare e rendere più sostenibili le loro politiche energetiche, attraverso un fondo da 3 miliardi di dollari.

Accordo clima - Barack Obama, Xi JinpingIl presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, con il presidente della Cina Xi Jinping, Pechino, Cina (AP Photo/Pablo Martinez Monsivais)

5) Come si esce dell’accordo di Parigi
L’accordo sul clima non è vincolante, e inoltre nessuno stato rischia penalizzazioni dirette a lasciarlo; nel trattato è previsto un meccanismo che nel complesso richiede circa quattro anni per essere completato. Gli Stati Uniti potrebbero interrompere da subito tutte le loro attività di collaborazione, non partecipare alle nuove riunioni sul clima e isolarsi dal resto della comunità internazionale su questo tema. La successiva amministrazione, se lo volesse, potrebbe tornare indietro e sottoscrivere nuovamente l’accordo. Trump potrebbe anche decidere di ritirarsi dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Accordi di Rio), che porterebbe per la prima volta gli Stati Uniti a non partecipare ai gruppi di lavoro sul cambiamento climatico dell’ONU.

6) Cosa succede ora negli Stati Uniti
È difficile prevedere con esattezza che impatto potrebbe avere l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi. Uno studio pubblicato di recente ha stimato che le politiche annunciate da Trump negli ultimi mesi potrebbero far mancare di molto gli obiettivi che aveva fissato Obama: entro il 2025 le emissioni potrebbero ridursi del 15-19 per cento rispetto ai livelli del 2005, invece del 26-28 per cento assunto come impegno al momento della sottoscrizione dell’Accordo di Parigi. A prescindere dalle decisioni di Trump, molte aziende che hanno ricevuto fondi dall’amministrazione Obama e che hanno visto nell’energia pulita una grande opportunità per fare affari hanno intenzione di porteranno avanti i loro piani per produrre pannelli solari, turbine eoliche e altri sistemi per sfruttare le fonti rinnovabili. Di certo la decisione di Trump non è piaciuta a molti.