Il nuovo “piano triennale per la digitalizzazione”

Ha un nome che stenderebbe un toro, ma è un grosso risultato di ammodernamento nel funzionamento digitale delle cose pubbliche

(Un'immagine tratta dal film Brazil, 1985)
(Un'immagine tratta dal film Brazil, 1985)

Ieri il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha annunciato l’approvazione del Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione. «È il documento ufficiale utilizzato per pianificare gli investimenti tecnologici in maniera strutturata e con una visione strategica per il triennio 2017–2019», ha spiegato in un lungo articolo su Medium il commissario straordinario per l’attuazione dell’agenda digitale Diego Piacentini, ex manager di Apple e Amazon. Il piano servirà a dare ordine e coerenza alla spesa di 4,6 miliardi nei prossimi tre anni in innumerevoli progetti di digitalizzazione portati avanti da decine di amministrazioni pubbliche differenti.

L’idea alla base del piano è fornire agli amministratori uno strumento che gli consenta di compiere il passaggio al digitale in maniera efficace, ma anche coerente con quella delle altre amministrazioni: dagli aspetti superficiali, come utilizzare gli stessi elementi grafici, a quelli più tecnici, come adottare linguaggi e database che siano omogenei e compatibili. Uno dei principali problemi della parte digitale della pubblica amministrazione italiana, infatti, è proprio il modo caotico e incoerente con il quale si è spesso sviluppata.

Come ha scritto su AGI Giorgio De Rita, i problemi del digitale pubblico sono la «sovrapposizione d’idee, progetti, iniziative, sistemi informativi, regole tecniche che se da un lato hanno il pregio di favorire l’iniziativa personale di qualche burocrate illuminato dall’altro impediscono qualsiasi progresso di sistema». Il risultato è che ci sono «troppe banche dati (ciascuna ricchissima ma isolata dal mondo), troppi portali e siti web, troppe applicazioni troppi sistemi di autenticazione per l’accesso ai servizi, troppi luoghi e soggetti di coordinamento (che è il modo migliore per non coordinare nulla)».

L’agenzia per il digitale (AGID), che è nata durante il governo Monti e ha realizzato il piano triennale in seguito a una convenzione firmata con il governo Renzi, dovrebbe cercare di mettere fine a questa situazione, creando uno strumento – una sorta di manuale – che spieghi ai dirigenti pubblici come mettere in atto la digitalizzazione. Piacentini descrive così l’utilizzo pratico del piano: «Nonostante ne consigliamo la lettura a tutti i manager pubblici, il documento è pensato per essere letto dai responsabili tecnologici della Pubblica Amministrazione – Comuni, Regioni, Ministeri e tutti gli enti nazionali e locali – come guida al processo di trasformazione digitale».

Per esempio, scrive Piacentini, il dirigente di un comune incaricato di occuparsi di digitalizzazione ha parecchie cose di cui occuparsi: «Si trova a dover scegliere i linguaggi, le piattaforme, i database e gli aspetti infrastrutturali necessari a garantire sicurezza, flessibilità e scalabilità: consultando il Piano Triennale e le linee guida, troverà indicazioni a riguardo». Il piano sarà aggiornato e modificato nel corso dei prossimi tre anni e tutto il progetto rimarrà aperto ai contributi, le richieste e le domande degli amministratore pubblici che saranno incaricati di metterlo in pratica.