Gli Stati Uniti si ritireranno dall’accordo sul clima di Parigi?
La stampa americana dice che Trump ha deciso di sì, dopo mesi di agitate discussioni: ma non c'è ancora niente di ufficiale
Secondo alcuni media americani, tra cui CNN, New York Times e Associated Press, il presidente Donald Trump annuncerà questa settimana il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul clima firmato a Parigi nel 2015, ovvero quello che impegna tutti i paesi firmatari ad adottare misure per ridurre le emissioni inquinanti. Se le indiscrezioni della stampa americana dovessero essere confermate – e non è certo che sia così: la Casa Bianca ha detto che non c’è ancora niente di definitivo – la decisione di Trump ribalterebbe di fatto le politiche in difesa dell’ambiente adottate da Barack Obama e andrebbe in una direzione opposta rispetto a quella presa da praticamente ogni altro paese del mondo: gli Stati Uniti diventerebbero infatti il terzo paese a non partecipare agli accordi di Parigi, aggiungendosi al piccolissimo gruppo formato da Nicaragua e Siria.
I will be announcing my decision on the Paris Accord over the next few days. MAKE AMERICA GREAT AGAIN!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) May 31, 2017
Non si sa ancora con certezza quando verrà comunicata la decisione ufficiale, probabilmente questa settimana. Il New York Times ha scritto che da tempo Trump subisce molte pressioni per stare da una parte o dall’altra. Per esempio martedì ha incontrato Scott Pruitt, il capo dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente, convinto sostenitore del ritiro dagli accordi di Parigi, mentre mercoledì ha parlato con il segretario di Stato Rex Tillerson, che vorrebbe che gli Stati Uniti rimanessero nel trattato. Le posizioni di Rex Tillerson sono condivise anche da Ivanka Trump, la figlia di Trump, mentre tra i favorevoli al ritiro ci sono i Repubblicani degli stati ricchi di carbone, quelli a cui Trump si era rivolto in campagna elettorale quando parlava di ambiente, oltre a Stephen Bannon, l’influente chief strategist di Trump che vorrebbe una generale nazionalizzazione dell’economia statunitense, che includa tra le altre cose anche il ritiro dal TPP (Trans-Pacific Partnership).
Stando a quello che hanno raccontato alla stampa americana alcuni funzionari del governo rimasti anonimi, sembra che Trump abbia alla fine concluso che rimanere parte degli accordi di Parigi potrebbe danneggiare l’economia americana e indebolire il suo messaggio di “America First”, l’America prima di tutto, lo slogan più importante e riconoscibile della sua campagna elettorale, secondo il quale gli interessi americani sono prioritari rispetto a qualsiasi altra cosa.
Se gli Stati Uniti dovessero effettivamente ritirarsi dagli accordi di Parigi, non significherebbe la fine degli accordi, ma sarebbe comunque un duro colpo per i risultati raggiunti finora nella difesa dell’ambiente. Le norme contenute in un trattato internazionale, come nel caso degli accordi firmati a Parigi nel 2015, sono vincolanti per tutti gli stati che decidono volontariamente di farne parte, mentre non lo sono per gli altri. Un’eventuale uscita degli Stati Uniti, tuttavia, rischierebbe di rendere irraggiungibili gli obiettivi che i capi di stato e di governo di tutto il mondo si erano dati a Parigi, cioè la riduzione delle emissioni inquinanti e un più serio impegno contro il riscaldamento globale. Gli Stati Uniti sono infatti la prima economia mondiale e il secondo paese responsabile delle emissioni inquinanti, ma sono anche il paese che finora ha avuto il ruolo più centrale nell’imporre controlli trasparenti su come le emissioni inquinanti vengono monitorate, verificate e poi registrate.
Secondo diversi esperti di politica estera americana, la decisione di ritirarsi dagli accordi di Parigi potrebbe significare un danno enorme alla credibilità degli Stati Uniti: non è per niente frequente che un capo di stato, nonostante sia in disaccordo con il suo predecessore, decida di rimangiarsi degli accordi già firmati così importanti, anche perché metterebbe in pericolo la reputazione del suo stesso governo (chi fa accordi di lungo periodo con uno stato che ogni otto anni si rimangia la parola data in precedenza?).