May e Corbyn sono andati dal più temuto intervistatore britannico
E soprattutto May ne è uscita un po' acciaccata, mentre i Laburisti hanno dato qualche segno di vita
Theresa May e Jeremy Corbyn, leader e quindi candidati a primo ministro dei Conservatori e dei Laburisti britannici alle elezioni politiche dell’8 giugno, si sono fatti intervistare ieri da Jeremy Paxman, uno dei più abili e temuti giornalisti televisivi britannici, noto per il suo stile incalzante e per la sua abilità di mettere gli ospiti in difficoltà. Il programma di ieri, trasmesso da Sky News e Channel 4, si intitolava May v Corbyn Live: the Battle for No 10: visto il rifiuto della prima ministra May di partecipare a un dibattito diretto con Corbyn, i due leader sono stati intervistati separatamente da Paxman, davanti a un pubblico che poteva fare domande e con le domande aggiuntive di un altro giornalista di Sky News, Faisal Islam. A poco più di una settimana dal voto e con i Laburisti dati dai sondaggi in rimonta, l’incontro di ieri era molto atteso: Corbyn e May sono riusciti a cavarsela discretamente entrambi (il primo più della seconda), abbastanza da poter entrambi dire di essere stati i vincitori della serata, ma hanno avuto entrambi i loro problemi.
Jeremy Corbyn, leader dei Laburisti da ormai quasi due anni e per tutto questo tempo molto criticato da gran parte degli osservatori per la sua scarsa incisività, è stato molto incalzato da Paxman sulle contraddizioni tra il programma elettorale del partito Laburista (“il manifesto”, come lo chiamano nel Regno Unito) e alcune sue posizioni, come l’abolizione della monarchia, la fine del programma nucleare militare Trident e la nazionalizzazione delle banche. Corbyn ha detto di “non essere un dittatore” e di aver accolto nel manifesto del partito le proposte votate dai suoi iscritti, anche se in contraddizione con alcune sue convinzioni: sulla monarchia ha detto semplicemente che non pensa davvero di abolirla, sulle armi nucleari ha detto di voler comunque lavorare per eliminarle dal mondo, mentre sulla nazionalizzazione della banche – che a differenza di quella dei servizi ferroviari e postali non è stata inserita nel programma elettorale – è stato comprensibilmente più vago.
Le altre domande a Corbyn sono state su Brexit, sull’immigrazione, sulla guerra della Falkland (che Corbyn aveva definito “un complotto dei Conservatori”) e su alcune sue posizioni su Hamas: Corbyn non è stato stellare nelle sue risposte, ma è quasi sempre riuscito a venirne fuori.
Le domande più interessanti alla prima ministra Theresa May sono state quelle su Brexit, la ragione per cui è stata eletta capo del Partito Conservatore dopo le dimissioni di David Cameron e su cui ha puntato maggiormente per la costruzione della sua immagine, ma di cui solo un anno fa – prima del referendum – parlava in termini negativi. Paxman ha chiesto a May come fosse possibile che prima pensasse che Brexit sarebbe stata un male per il Regno Unito e ora sostenga che sarà un evento positivo, e May ha fatto non poca fatica a spiegare questa contraddizione, puntando sull’idea che “è quello che ha deciso il popolo e noi dobbiamo solo farlo”.
Paxman ha molto insistito sull’incoerenza di May, facendo domande sui limiti alla spesa per il welfare (May, che non è riuscita a dare una risposta precisa, si è incartata dicendo che il problema “non era non sapere” quale fosse il limite ma “sapere come capire quale fosse il giusto limite”), su altre proposte sulle quali il suo governo aveva poi fatto marcia indietro, e tornando poi su Brexit, con una delle battute più efficaci della serata dicendo che «se io fossi seduto a Bruxelles e stessi guardando te come la persona con cui trattare, penserei “è un pallone gonfiato che collasserà dopo i primi colpi di pistola”». Alla prima risposta di May, che ha fatto visibilmente fatica a rimanere calma e composta, Paxman ha insistito ancora: «può ricordarci quante volte da quando è diventata prima ministra ha detto che non ci sarebbero state elezioni anticipate?», facendo riferimento a un’altra delle promesse non mantenute di May, forse la più eclatante considerato che solo a inizio marzo aveva detto di non volere elezioni anticipate.
C’è stato poi un altro momento notevole con Theresa May, quando Paxman le ha chiesto conto dei tagli all’NHS, il servizio sanitario nazionale britannico, che secondo i critici del governo è stato pesantemente sotto-finanziato dagli ultimi governi conservatori, con conseguenti disagi per molti cittadini. Mentre May rispondeva, cercando di spiegare che in verità non aveva fatto tagli all’NHS, è stato inquadrato uno spettatore, che con una certa spontaneità ha borbottato “sono cazzate” (“that is bollocks”).
Camera pans to audience member mouthing "that's bollocks" during PM's answer. #BattleForNumber10 pic.twitter.com/nkzbsJ5COU
— Dino Sofos (@dinosofos) May 29, 2017
Nel Regno Unito si voterà il prossimo 8 giugno e al momento i sondaggi danno in vantaggio il partito Conservatore di Theresa May, che sembra destinato ad avere un’abbondante maggioranza alla Camera. Nelle ultime settimane, tuttavia, il partito Laburista ha rimontato moltissimo, arrivando a 6 punti di distacco quando all’inizio della campagna elettorale era quasi a -20. Corbyn è riuscito in certa misura a ribaltare l’andamento della campagna e a spostarla su temi su cui è più forte, come i servizi sociali e l’NHS, mentre May – che aveva puntato quasi tutto sul suo slogan della “leadership stabile” per il paese – si è trovata un po’ in affanno. Come ha notato il Guardian è notevole che quello stesso slogan non sia mai stato usato durante l’intervista con Paxman di ieri, segno forse che anche May ha cambiato strategia per gli ultimi giorni di campagna elettorale.
Intanto, oggi sarà presentato il programma dello Scottish National Party (SNP) il principale partito scozzese, che negli ultimi anni ha conquistato quasi tutti i voti del partito Laburista in Scozia e che potrebbe diventare determinante per possibili alleanze alla Camera se il partito Laburista dovesse far meglio di quanto sembri in grado di fare oggi (molti esperti hanno comunque espresso dubbi sul recupero nei sondaggi, spiegando che potrebbe non tradursi in vittorie nei diversi collegi elettorali). In generale non sembra che le interviste con Paxman potranno risultare decisive per le elezioni, ma in parte hanno confermato un trend che si era già visto: May non è più in forma come qualche mese fa e Corbyn sembra aver trovato la sua misura di leader. Non è mai efficacissimo, ma – come ha ammesso anche l’ex leader dello UKIP Niger Farage – sembra sempre molto sincero.