La Francia ha chiesto all’Iraq di uccidere i francesi che si sono uniti all’ISIS
Lo ha scritto il Wall Street Journal, che ha visto la lista dei "foreign fighters", ed è un'operazione molto controversa
Da mesi le forze speciali francesi hanno cominciato a fare affidamento sui soldati iracheni per trovare e uccidere i cittadini francesi che si sono uniti allo Stato Islamico in Iraq. Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, le forze speciali francesi avrebbero consegnato agli iracheni una lista con nomi e fotografie di una trentina di uomini considerati membri importanti dello Stato Islamico, alcuni dei quali sarebbero già stati uccisi dai militari dell’Iraq impegnati nella battaglia di Mosul. In pratica sembra che la Francia abbia avviato un’operazione segreta allo scopo di evitare che gli estremisti francesi membri dello Stato Islamico possano tornare in Francia e organizzare nuovi attentati terroristici. La rivelazione del Wall Street Journal potrebbe creare qualche problema al governo francese, che per il momento ha deciso di non commentare: uccidere dei propri cittadini all’estero, soprattutto per un paese che non prevede nel proprio ordinamento la pena di morte, è un’azione al limite dell’illegalità, nonostante venga giustificata come misura antiterrorismo.
L’inchiesta del Wall Street Journal è stata scritta da tre giornalisti molto esperti di Stato Islamico e di terrorismo: Tamer El-Ghobashy, Maria Abi-Habib (entrambi inviati a Mosul) e Benoit Faucon (che invece ha lavorato da Londra). Il Wall Street Journal ha scritto di avere visto la lista messa insieme dalle forze speciali francesi, consegnata agli iracheni e aggiornata ogni volta che uno degli uomini citati è stato ucciso. Alcuni funzionari iracheni hanno detto ai tre giornalisti che anche altri paesi occidentali hanno compilato liste dei propri connazionali che si sono uniti negli ultimi anni allo Stato Islamico, ma hanno aggiunto che solo la Francia ha avviato questo tipo di operazioni per trovarli e ucciderli direttamente in Iraq usando le forze locali.
Il Wall Street Journal ha scritto che circa quaranta uomini delle forze speciali francesi lavorano da mesi alla raccolta di informazioni necessaria per compilare e aggiornare la lista: si occupano principalmente di organizzare la sorveglianza con i droni, di intercettare le comunicazioni radio dello Stato Islamico e di individuare i miliziani locali. Spesso si muovono per Mosul senza essere accompagnati dai soldati iracheni, cercando di passare inosservati indossando le divise dell’esercito dell’Iraq, e perquisiscono le case abbandonate dai miliziani stranieri dello Stato Islamico alla ricerca di informazioni sui cittadini francesi. Nelle operazioni sarebbe inclusa anche una squadra di specialisti forensi che confrontano le tracce di DNA trovate con quelle archiviate e appartenenti agli uomini sulla lista.
Con l’inizio delle operazioni militari contro lo Stato Islamico in Siria e in Iraq, nel 2014, diversi paesi europei hanno dovuto affrontare il problema di come trattare i “foreign fighters”, i propri cittadini andati a combattere il jihad. Alcuni degli attentati terroristici dell’ultimo anno e mezzo in Europa, tra cui gli attacchi di Parigi del novembre 2015, sono stati compiuti da persone di nazionalità europee addestrate dallo Stato Islamico in Siria e con contatti diretti con i vertici del gruppo. In Italia, per cercare di limitare il pericolo di attentati terroristici, il Parlamento ha approvato tra le altre cose una legge per punire i “foreign fighters”, già applicata nel caso di Maria Giulia Sergio; il Regno Unito ha deciso anche di togliere la cittadinanza a chi si unisce allo Stato Islamico, di modo da rendergli difficile tornare nel Regno Unito. In Francia si era discusso della legittimità di colpire militarmente all’estero i propri cittadini membri dello Stato Islamico nell’autunno 2015, dopo un attacco aereo vicino alla città siriana di Raqqa nel quale erano stati uccisi anche miliziani francesi; in quell’occasione il governo di Parigi aveva giustificato le proprie azioni militari citando una norma della Carta dell’ONU che consente agli stati di usare la violenza per difendersi, nei casi di “legittima difesa”.
Un portavoce del ministro della Giustizia iracheno non ha voluto dire se e quanti combattenti dello Stato Islamico siano stati arrestati finora in Iraq. Un funzionario francese vicino all’antiterrorismo ha detto invece al Wall Street Journal «Se qualcuno è vivo, in prigione, perché si è arreso, sarà condannato a morte in Iraq per essersi unito allo Stato Islamico, e la Francia non interverrà. È una soluzione conveniente».