I migranti che arrivano in barca a vela
Negli ultimi mesi si è sviluppato un discreto traffico di persone che possono permettersi di arrivare in Europa pagando di più, usando barche migliori
Negli ultimi mesi le autorità italiane che si occupano di immigrazione hanno registrato una nuova tendenza degli arrivi via mare dei migranti. La stragrande maggioranza avviene con barche e gommoni sovraffollati e in pessime condizioni, ma c’è anche chi arriva in Italia in barche a vela: migranti più ricchi, che possono permettersi un viaggio più sicuro e in condizioni migliori. Nel 2015, 111 migranti sono arrivati in Sicilia a bordo di barche a vela, mentre nel 2016 sono stati 710, più di sei volte tanto. Sono numeri ridottissimi rispetto al traffico consueto – nel 2016 sono arrivati in Italia via mare più di 180mila migranti – ma indicativi del fatto che il fenomeno della migrazione dal Medio Oriente e dal Nord Africa coinvolge sempre più persone, di ogni provenienza ed estrazione sociale, e che di conseguenza è in costante evoluzione.
Le indagini delle autorità italiane su questo traffico sono appena iniziate, ma sembra avere caratteristiche precise: le barche partono sempre dalla Turchia, sono guidate da skipper ucraini, e arrivano nello stesso tratto di costa nel sudovest della Sicilia, come ha spiegato a Repubblica il procuratore capo di Siracusa, Francesco Paolo Giordano.
Giordano ha aggiunto che questo nuovo flusso riguarda «persone del ceto medio, della borghesia siriana, e di altre nazionalità viciniori», disposte a spendere più delle poche centinaia di dollari che servono per un viaggio in gommone dalla Libia. Le barche a vela che arrivano in Italia sono comunque solitamente stipate con 50 o 60 persone, ha detto Giordano, ma il New York Times ha raccontato che di recente una famiglia di sei persone ha speso più di 130mila euro per viaggiare dall’Afghanistan alle coste siciliane: il viaggio è costato loro 96mila euro fino alla Turchia, e 7mila euro a persona per percorrere il Mediterraneo a bordo di uno yacht di 15 metri, guidato da tre skipper ucraini. La famiglia è stata scoperta dopo che si è fermata in un ristorante appena sbarcata ad Avola, in provincia di Siracusa: a quel punto «il proprietario si è insospettito e ha chiamato la polizia, che li ha trasferiti in un centro per migranti», ha scritto il New York Times.
La procura di Siracusa al momento ha scoperto che le barche a vela coinvolte in questo traffico partono all’alba da porti turchi come Smirne o Çeşme. Nella settimana successiva percorrono una rotta che segue la cosiddetta fascia contigua, cioè il tratto di mare appena al di là delle acque territoriali di ciascuno stato. Gli skipper ucraini sono «rinomati per la loro abilità», spiega il New York Times, e vengono scelti per questo (un avvocato che ha difeso cinque di loro spiega che vengono appositamente addestrati in Turchia e poi obbligati a partire). Ci sono però anche altri fattori che li spingono a cercare questo tipo di lavoro: il loro paese è in guerra ormai da tre anni, la paga per viaggi del genere è molto buona, e se si viene catturati la pena prevista dalla legge non è così alta. «Alcuni riescono a patteggiare alcuni mesi, mentre altri escono prima di prigione per buona condotta», scrive il New York Times.
La maggior parte delle persone che arrivano in Italia da migranti sulle barche a vela ha soldi e conoscenze sufficienti per dirigersi verso la tappa finale del tragitto, probabilmente i paesi del nord Europa. La famiglia afghana arrivata con lo yacht è rimasta solamente per poco tempo nel centro di accoglienza per migranti in cui era stata accolta. Carlo Parini, capo del Gruppo Interforze di contrasto all’immigrazione clandestina (GICIC) della procura di Siracusa, ha raccontato al New York Times di avere una collezione di cartoline da tutto il mondo che gli hanno inviato migranti transitati per la sua zona. «Sono certo che ne riceverò una anche da loro», ha detto a proposito della famiglia afghana arrivata sullo yacht.