L’Inter ne uscirà mai?
Fra progetti falliti e "rifondazioni" mancate, quest'anno ha disputato una delle sue peggiori stagioni e ora deve di nuovo ricominciare da zero
Dieci anni fa la Juventus otteneva la promozione in Serie A dopo una stagione passata in Serie B, in cui era stata retrocessa in seguito allo scandalo “Calciopoli” dell’estate del 2006. Per lo stesso motivo l’Inter aveva appena iniziato il periodo più vincente della sua storia, culminato poi nel 2010 con la vittoria del “triplete”. Il Milan, invece, aveva da poco vinto la sua settima Champions League. Oggi, a una giornata dal termine del campionato, la Juventus è già campione d’Italia per la sesta volta di fila; l’Inter non è riuscita a qualificarsi a una coppa europea per la terza volta negli ultimi cinque anni, e per la prima volta nella storia della Serie A la prima squadra lombarda nella classifica del campionato non sarà una fra Inter e Milan ma l’Atalanta, di Bergamo.
Le due squadre milanesi — che con la Juventus sono storicamente le più importanti e vincenti del campionato italiano — si trovano ancora bloccate in un periodo d’impasse che ormai dura da cinque anni. La loro “rifondazione” è stata annunciata più volte ma di fatto deve ancora iniziare, dopo evidenti errori di gestione e investimenti sbagliati che però riguardano soprattutto l’Inter, che fra le due squadre è quella che ha avuto più occasioni per ripartire.
Il Milan ha cambiato proprietà solo di recente. Sulla scia di un grande cambiamento societario, da qualche settimana sembra stia vivendo un periodo particolarmente vivace, se si considerano quali erano le sue condizioni fino a pochi mesi fa. In questo campionato è riuscito a qualificarsi a una competizione europea – l’Europa League – dopo tre anni di assenza e ora si sta muovendo per creare una squadra competitiva per il prossimo anno, con circa un centinaio di milioni di euro a disposizione da investire nel mercato estivo. Dal 2013, invece, l’Inter ha cambiato due volte proprietà: prima l’imprenditore indonesiano Erick Thohir e poi, dalla scorsa estate, il gruppo industriale cinese Suning. La gestione di Thohir è stata in un periodo di transizione, servita perlopiù a ripianare i disastrosi conti della società ereditati dalla presidenza Moratti, come dimostrano i moderati investimenti fatti nella squadra e i risultati mediocri ottenuti. Solo dall’arrivo del gruppo Suning l’Inter è nuovamente nelle condizioni per poter tornare a competere ai più alti livelli del calcio italiano: e infatti nel corso della stagione la società ha investito nella squadra circa 150 milioni di euro, a fronte di soli 15 milioni incassati dalle cessioni: nemmeno nell’anno del “triplete” l’Inter aveva speso così tanto.
Due stagioni fa, allenata da Roberto Mancini, l’Inter era stata in testa alla classifica della Serie A per buona parte della prima metà di campionato, salvo poi concluderlo al quarto posto: comunque il miglior piazzamento raggiunto negli ultimi cinque anni. Oltre al buon risultato, l’Inter sembrava aver messo le basi per lo sviluppo e la crescita di una vera, nuova squadra competitiva, con un allenatore di fama internazionale e un gruppo di giocatori forti, esperti e talentuosi, quali Samir Handanovic, Joao Miranda, Ivan Perisic e Mauro Icardi. Da lì la squadra avrebbe potuto via via migliorarsi per poter puntare allo Scudetto e ad altri importanti traguardi.
Al termine della stagione 2015/2016 il gruppo Suning ufficializzò l’acquisto dell’Inter e si mostrò subito pronto ad investire grosse cifre nella squadra, pur rispettando i limiti imposti dal Fair play finanziario della UEFA. Ma ad agosto, nel pieno della preparazione in vista della nuova stagione, e con una squadra ancora incompleta ma che ben prometteva, la dirigenza e Roberto Mancini annunciarono la conclusione anticipata del loro rapporto di lavoro con un risoluzione consensuale, dopo settimane di contrasti e divergenze fra le parti. Di recente, Mancini ha parlato della sua ultima esperienza all’Inter nel corso del programma Rai La Domenica Sportiva, dicendo fra le altre cose: “L’anno scorso siamo arrivati quarti, siamo stati venti giornate in testa. Se avessimo avuto una società più solida e un po’ più intelligente… Quando a dicembre eravamo in testa alla classifica, secondo me lì bisognava prendere un paio di giocatori importanti. Invece noi, per vari motivi, tra cui il Fair play finanziario, pensavamo a dover vendere. Con la squadra con cui iniziai la preparazione, e con i giocatori acquistati dopo, l’Inter avrebbe potuto giocarsi lo Scudetto”.
La rescissione consensuale con Mancini è stata già di per sé il primo segnale di un’imminente stagione fallimentare, se si pensa che le squadre con cui avrebbe dovuto competere – Juventus, Roma e Napoli – venivano da percorsi molto più stabili. In sostanza, per motivi non ancora del tutto chiari, l’Inter, nel periodo più delicato della stagione, ha deciso di separarsi dall’allenatore che l’anno precedente l’aveva portata fino al quarto posto e che aveva iniziato a darle un’identità e una struttura ben definita. Poi, a stagione già compromessa, ha ingenuamente deciso di complicare ancor di più la situazione ingaggiando un allenatore straniero, l’olandese Frank de Boer, alla prima esperienza fuori dall’Olanda, dove aveva allenato con successo l’Ajax per quattro stagioni.
Dopo un cambio di allenatore nel periodo in cui si dovrebbe evitare qualsiasi tipo di stravolgimento alla squadra, tutti si aspettavano una certa cautela nelle scelte societarie e un’ampia tolleranza in caso di sconfitte e brutte prestazioni. Ma così non è stato. De Boer ha iniziato il campionato perdendo in trasferta contro il Chievo Verona e pareggiando in casa contro il Palermo, una delle squadre più deboli del campionato. Nelle successive nove partite ha poi ottenuto una vittoria in casa contro la Juventus, arrivata grazie a una sorprendente grande prestazione della squadra, ma anche diverse sconfitte, alternando partite giocate discretamente ad altre ben più negative. Ha vinto incontri difficili contro Southampton e Torino ma ne ha persi altri, più semplici, come contro il Cagliari in casa.
Il primo novembre, pochi giorni dopo la sconfitta in campionato contro la Sampdoria e dopo che il Cda societario aveva confermato pubblicamente l’incarico a de Boer, la società ha deciso di esonerarlo. È stata una scelta incomprensibile, per diverse ragioni: de Boer aveva assunto l’incarico meno di tre mesi prima e le difficoltà dell’Inter erano in qualche modo prevedibili, per via della preparazione interrotta ad agosto e per l’arrivo di alcuni giocatori fondamentali, come Antonio Candreva e Joao Mario, solo alla fine del mercato. Oltre a questo, due giorni dopo l’Inter avrebbe dovuto giocare una partita fondamentale per la qualificazione ai sedicesimi di Europa League contro il Southampton. In Inghilterra l’Inter ci è andata, ma con un allenatore ad interim, Stefano Vecchi, fin lì allenatore della primavera: ha perso 2 a 1 e quella sconfitta, dopo quelle rimediate in precedenza, le è poi costata l’eliminazione dalla competizione come una delle peggiori squadre dell’intera fase a gironi.
L’Inter ha concluso il suo girone di EL all’ultimo posto, dopo aver perso quattro partite: due contro gli israeliani dell’Hapoel Beer Sheva, una contro Sparta Praga e Southampton.
A novembre, con la stagione quasi definitivamente compromessa, l’Inter ha sostituito de Boer con l’ex allenatore della Lazio Stefano Pioli, cercando di salvare almeno il campionato. L’arrivo di un bravo allenatore italiano con un’ottima conoscenza della Serie A ha dato i risultati sperati fin dalle prime settimane. Dopo un pareggio nel derby contro il Milan e una vittoria in casa contro la Fiorentina, l’Inter però ha perso a Napoli 3-0, dimostrando di non poter ancora pensare di competere con le prime tre del campionato. Da lì, tuttavia, ha poi iniziato una striscia di sette vittorie consecutive, interrotta solo dalla sconfitta di Torino contro la Juventus. Nelle successive cinque partite di campionato l’Inter di Pioli ha ottenuto altre quattro vittorie con in mezzo una sola sconfitta, in casa contro la Roma, squadra che nello scontro diretto si è dimostrata superiore, come accaduto nelle settimane precedenti con Napoli e Juventus. All’inizio di marzo l’Inter si è ritrovata in quarta posizione, con ancora la possibilità di raggiungere il terzo posto e la conseguente qualificazione alla Champions League. Ma il 18 marzo, dopo un pareggio per 2-2 in trasferta contro il Torino che ha allontanato definitivamente la qualificazione alla Champions League, la squadra ha iniziato il suo disfacimento, gettando tutto quello che di buono aveva fatto: nelle successive otto partite è riuscita a rimediare ben sei sconfitte e un pareggio, perdendo contro squadre di bassa classifica e addirittura in piena lotta retrocessione come Crotone e Genoa.
Le otto partite senza vittorie fra marzo e maggio – oltre a diventare la peggior serie di risultati ottenuta dall’Inter negli ultimi venticinque anni – ha concluso nel peggiore dei modi una stagione iniziata altrettanto male. I tifosi hanno iniziato a contestare la squadra nelle partite casalinghe, Pioli è stato esonerato e sostituito ancora una volta (sempre temporaneamente) da Stefano Vecchi, e i giocatori sono sembrati via via sempre più disuniti. Infine la squadra è scesa al settimo posto in classifica, fallendo la qualificazione all’Europa League, l’obiettivo minimo della stagione.
Dopo la sconfitta in casa contro il Sassuolo nella terzultima giornata di campionato, Samir Handanovic ha parlato della difficile situazione della squadra, e rivolgendosi direttamente ai tifosi ha detto a Inter Channel: “Li capisco, anche io sono cinque anni che sono venuto qua ed è sempre la stessa situazione. Hanno le loro ragioni per contestarci, l’Inter non può arrivare settima o ottava. Capisco che la loro pazienza arriva fino a un certo punto. Non so cosa dirgli perché non voglio prendere per il culo nessuno. Da quando sono qua è il momento più difficile, e devo dire che è difficile anche per noi giocatori”.
Le difficoltà e la confusione presenti all’interno del club sono state poi involontariamente ribadite da Piero Ausilio, direttore sportivo dell’Inter, che durante un incontro che doveva essere a microfoni spenti, ma ugualmente registrato da qualcuno, con alcuni studenti dell’Università di Milano è stato molto critico nei confronti della gestione societaria, la stessa gestione di cui lui è uno dei membri più importanti.
«All’Inter bisognerebbe essere più bravi nella comunicazione, e poi serve continuità. Siamo al terzo anno e stiamo avviando il terzo progetto. Abbiamo abbandonato il concetto di una proprietà stupenda, come è stata quella di Moratti, che però era prettamente a gestione familiare, con una logica ben precisa. Ha sempre vinto seguendo un percorso di passione, non di business, e infatti Moratti non ha guadagnato un euro dall’Inter. Poi c’è stato un signore in Indonesia che ha comprato il club, ha fatto un bel business e ha sicuramente favorito l’Inter in un percorso che oggi è quello di rinforzarsi nelle logiche del nuovo mercato. Oggi tutto deve essere proporzionato ai ricavi, non è possibile pensare che nel calciomercato si possano spendere 200 o 300 milioni di euro. E non perché non si voglia farlo, ma perché è impossibile. Noi oggi abbiamo una proprietà forte, solida, che potrebbe tranquillamente comprare i giocatori più famosi tipo Cristiano Ronaldo. Ma la verità è che non possiamo farlo, perché c’è quel famoso Fair play finanziario.
Abbiamo iniziato la stagione con grande entusiasmo, c’era un allenatore che aveva iniziato la preparazione e poi a una settimana dall’inizio della stagione si decide di mandarlo via. E così siamo andati su un tecnico che non conosceva il calcio italiano. Ma in quel caso non è un modo di cominciare la stagione, perché si parte male, in ritardo rispetto agli altri. Devi cominciare da capo con la preparazione, con la conoscenza dei calciatori e devi anche riprendere il concetto di squadra, dato che chi c’era prima preferiva un modulo diverso, o si fidava di alcuni calciatori invece che di altri.
Ad Appiano non ci sono giocatori che non si allenano. Si allenano tutti. Il vero problema è che manca il senso di solidarietà, non sono riusciti a creare il gruppo per questioni di etnia, di età, ma anche di personalità e valori umani. Ci sono tanti gruppetti e tanta gente che pensa a se stessa. Ognuno non fa più del suo, non c’è grande personalità e forza d’animo».
Ora la società sta lavorando per riorganizzarsi in vista della prossima stagione, iniziando dall’allenatore, che secondo le ultime notizie dovrebbe essere Luciano Spalletti, attuale esperto allenatore della Roma. Ma i problemi dell’Inter vanno oltre. Le continue scelte sbagliate della società hanno evidenziato la mancanza di competenze e di figure adatte a gestire una squadra grande, complicata e molto seguita come l’Inter. La squadra, pur essendo generalmente di valore, è disunita, manca di giocatori carismatici in grado di unirla e nelle ultime settimane si è visto come almeno un paio di suoi membri non siano in grado di mantenere un livello di prestazioni adatto a una rosa che, almeno stando alle ambizioni, dovrebbe poter competere con le migliori squadre d’Italia.
Oltre a questo, la società è ancora lontana dall’essere in ordine con i propri bilanci e al riparo dalle sanzioni e dalle limitazioni imposte dalla Fair play finanziario della UEFA. Anche per questo motivo il gruppo Suning ha di recente assunto l’ex direttore sportivo della Roma, Walter Sabatini, come coordinatore delle sue due squadre, l’Inter e il Jiangsu. La scelta di ingaggiare Sabatini sembra sia stata dettata dal bisogno che l’Inter ha di creare plusvalenze nel mercato, cosa che Sabatini ha dimostrato di saper fare molto bene alla Roma, a cui ha fruttato quasi 200 milioni di euro di plusvalenze, fondamentali per l’economia del club.
Ad aprile l’Inter ha “parzialmente soddisfatto” gli obiettivi concordati con la UEFA per la stagione in corso, rientrando nei limiti dei 30 milioni di deficit per il periodo fiscale del 2016. Ha così evitato una sanzione di 7 milioni di euro e rispetto all’anno precedente sembra aver fatto un gran lavoro, dato che allora il deficit della società era di circa 110 milioni di euro. Il “tetto” dei 30 milioni era stato concordato con la UEFA in precedenza. Il prossimo obiettivo sarà quello di raggiungere il pareggio del proprio bilancio entro giugno del 2017. Questo vuol dire che l’Inter avrà più libertà di muoversi nel calciomercato estivo, ma rimarranno comunque delle limitazioni e il numero di giocatori registrabili per le competizioni UEFA continuerà ad essere di ventuno nomi, e non venticinque. Ma almeno quest’ultimo problema è stato evitato, dato che la squadra non si è qualificata ad alcuna competizione europea.