Anche i poliziotti venezuelani di questi tempi non se la passano bene
Devono scontrarsi quotidianamente con chi protesta contro Maduro, anche quando non vorrebbero difendere il governo
Una prospettiva poco considerata sulla crisi economica e politica del Venezuela è quella dei poliziotti in tenuta antisommossa che quasi ogni giorno si scontrano con i cittadini che scendono per le strade a protestare contro il governo. Da quasi due mesi vanno avanti manifestazioni di protesta contro il presidente Nicolas Maduro, accusato di avere trasformato il Venezuela in una dittatura, con leggi e riforme che hanno rafforzato il suo controllo sulle istituzioni: in particolare le proteste sono iniziate dopo che al parlamento erano stati temporaneamente tolti i poteri. 43 persone sono morte nelle proteste, per la maggior parte tra i manifestanti; migliaia di persone sono state arrestate e centinaia di loro sono sotto processo nei tribunali con l’accusa di tradimento. Il Wall Street Journal ha intervistato un gruppo di poliziotti venezuelani, per raccontare ciò che sta succedendo dal loro punto di vista.
Anche se non si ritengono più sostenitori del governo, molti poliziotti venezuelani devono occuparsi quotidianamente di contenere le proteste, che nel corso degli ultimi due mesi sono diventate sempre più violente. Tra i poliziotti – circa 100mila uomini e donne, la maggior parte dei quali tra i 20 e i 30 anni – così come tra i militari sta crescendo la stanchezza e il morale è basso perché non si sa quando la situazione tornerà alla normalità. Molti di loro continuano a lavorare solo perché hanno bisogno di uno stipendio, nonostante sia basso: in Venezuela un poliziotto o un membro della Guardia Nazionale (il corpo militare che sarebbe deputato a sedare le sommosse) che presta servizio a tempo pieno prende il salario minimo nazionale, 40 dollari al mese (circa 36 euro) secondo il tasso di cambio del mercato nero. È lo stesso stipendio che prendono i camerieri nei bar. Altri poliziotti temono che rifiutandosi di lavorare finirebbero sotto processo in una corte marziale.
Negli ultimi mesi ogni giorno si è ripetuto più o meno allo stesso modo: inizia con una manifestazione pacifica che si poi trasforma velocemente in uno scontro, in cui i poliziotti usano gas lacrimogeno e sparano proiettili di gomma sulla folla. La maggior parte dei manifestanti scappa, restano solo quelli intenzionati a scontrarsi con la polizia che costruiscono barricate e continuano ad attaccare i poliziotti, ad esempio tirando pietre o molotov, anche durante la notte. Agli scontri si uniscono in genere anche i membri di un gruppo paramilitare che sostiene il governo: guidando motociclette cercano di disperdere i manifestanti, ed è capitato che sparassero sia a loro che ai poliziotti.
La maggior parte dei membri della Guardia Nazionale che si trovano a Caracas, la capitale, vive nelle caserme da quando sono iniziate le proteste, e non ha potuto vedere la propria famiglie: in una di queste caserme i militari non hanno più momenti di tempo libero perché alcuni di loro ne hanno approfittato per disertare.. Dato che spesso devono lavorare anche di notte, per fermare gruppi di persone che si dedicano al saccheggio, può capitare di vederli dormire per strada al mattino, prima che le manifestazioni diventino tese, racconta il Wall Street Journal.
Secondo le persone intervistate dal quotidiano, sia tra i poliziotti che tra i manifestanti, le violenze sono causate da adrenalina, paura e istinto di sopravvivenza piuttosto che dall’odio. Molti manifestanti riconoscono nei poliziotti dei concittadini che fanno il loro lavoro, ma questo non è sufficiente a ridurre la tensione. Una delle poliziotte intervistate ha raccontato di aver smesso di indossare l’uniforme la mattina, quando va da casa al lavoro, per evitare di essere insultata o di ricevere degli sputi dai passanti.