Come è fatto il nuovo governo della Francia
È formato per il 50 per cento da donne, include anche politici socialisti e di centrodestra, ha per ministro dell'Ambiente un noto ambientalista
Il presidente della Francia Emmanuel Macron e il suo primo ministro Edouard Philippe hanno annunciato oggi la composizione del nuovo governo francese, che che oltre a politici del movimento En Marche! include anche due ministri dei Repubblicani, il principale partito di centrodestra francese, tre di MoDem, il partito di centro che ha sostenuto ufficialmente Macron, quattro dei Socialisti, il partito dell’ex presidente Hollande, e due del Partito Radicale della Sinistra. Il nuovo governo è formato da 18 ministri, 9 donne e 9 uomini, e 4 segretari di stato, 2 donne e 2 uomini, anche se a capo di quasi tutti i ministeri più importanti sono stati nominati uomini ( i segretari di stato non siedono nel Consiglio dei ministri, a meno che l’ordine del giorno non riguardi ciò di cui si occupano). Durante la campagna elettorale Macron aveva insistito moltissimo sulla parità tra uomini e donne, ma finora, e nonostante a fine marzo avesse detto che avrebbe desiderato che il primo ministro fosse una prima ministra, le nomine erano state al 100 per cento maschili: dal primo ministro ai suoi consiglieri e collaboratori all’Eliseo. L’età media dei ministri del governo Philippe è di 54 anni.
Il ministro degli Interni sarà Gérard Collomb, sindaco di Lione e membro del Partito Socialista ma sostenitore di Macron per tutta la campagna elettorale. Un altro socialista, Jean-Yves Le Drian, attuale ministro della Difesa, è stato nominato ministro degli Esteri; il suo posto verrà preso da Sylvie Goulard, esponente di En Marche!. Ai Repubblicani vanno il ministero dell’Economia con Bruno Le Maire e quello delle Finanze con Gérald Darmanin. Alla Giustizia va invece il centrista Francois Bayrou. Non è stato invece ripristinato il ministero delle Donne, che è stato trasformato in una specie di sotto-ministero. A capo del ministero dell’Ambiente è stato nominato Nicolas Hulot, giornalista e ambientalista francese alla sua prima esperienza al governo, e sarà interessante vedere se ci saranno contrasti con il primo ministro Philippe, che da deputato aveva votato contro una legge sulla transizione energetica e contro le leggi per la difesa della biodiversità e del paesaggio.
Macron aveva detto che i membri del nuovo governo sarebbero stati annunciati martedì pomeriggio, ma intorno alle 15 l’Eliseo aveva pubblicato una nota dicendo che il tutto sarebbe stato rimandato di un giorno. Nella nota si spiegavano anche le motivazioni: «In conformità con gli impegni di moralizzazione della vita pubblica il presidente della Repubblica, d’accordo con il primo ministro, ha voluto introdurre un tempo di verifica» della situazione fiscale e sui possibili conflitti di interesse dei ministri scelti. La causa del ritardo non sarebbe dunque un contrasto tra Macron e Philippe, come avevano ipotizzato alcuni giornali francesi, ma l’intenzione di Macron di non correre alcun rischio e di poter essere certo dell’integrità di tutti i suoi ministri ai quali ha chiesto di rendere conto delle loro attività anche oltre i cinque anni previsti dalla legge. Il primo Consiglio dei ministri, che si doveva inizialmente svolgere mercoledì, è stato a sua volta rimandato e sarà domani, giovedì 18, alle 10 del mattino.
In Francia a giugno si eleggerà la nuova Assemblea Nazionale, la camera che dà la fiducia al governo e che è composta da 577 deputati. Dopo i risultati delle legislative potranno esserci dei cambiamenti nel governo appena nominato: nel 2007, ad esempio, era stato formato un secondo governo senza il ministro dell’Ecologia Alain Juppé, sconfitto nel suo collegio elettorale.
Per Macron le legislative saranno comunque un momento fondamentale perché con una maggioranza assoluta (289 seggi) non sarà obbligato a negoziare con gli altri gruppi parlamentari i disegni di legge: in pratica potrà evitare la cosiddetta “coabitazione”, che si verifica quando la maggioranza dell’Assemblea Nazionale non appoggia il partito del presidente. In caso contrario, i poteri di Macron saranno limitati al punto, sostengono alcuni esperti, da rendere la Francia una repubblica parlamentare di fatto. Va comunque ricordato che presidente e primo ministro insieme hanno un potere considerevole, e questo senza dover passare attraverso il voto del parlamento: poco prima delle elezioni parlamentari del 2012, per esempio, François Hollande approvò un decreto sulla riduzione degli stipendi dei ministri e dello stesso presidente. Per emanare dei decreti, il presidente ha però bisogno della firma del primo ministro – e Edouard Philippe si è definito un uomo di destra – e in caso di coabitazione un accordo potrebbe essere più difficile. Macron può comunque nominare alcuni alti funzionari, può decidere già ora di mantenere o inviare le truppe militari all’estero e di cambiare o confermare gli ambasciatori all’estero.