Otto numeri sull’omofobia nel mondo
Quali sono i paesi che proteggono di più le persone LGBTI, e dove invece l'attività sessuale consensuale con qualcuno dello stesso sesso viene punita con la pena di morte
ILGA (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association) è un’associazione internazionale attiva dal 1978 con sede a Ginevra che riunisce più di 1.200 gruppi che in 132 nazioni si occupano di diritti di lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali. Il 15 maggio ILGA ha pubblicato la dodicesima edizione del suo State Sponsored Homophobia, un rapporto annuale sulle leggi che criminalizzano o proteggono le persone a seconda del loro orientamento sessuale.
Le analisi dicono che rispetto allo scorso anno c’è stato un miglioramento nel riconoscimento e nella protezione delle persone con un orientamento sessuale non tradizionale, ma anche che l’obiettivo della piena uguaglianza è ancora molto lontano. Al di là delle leggi, continuano ad agire stigmi, discriminazioni e ad essere commessi dei crimini d’odio contro le persone LGBTI. Aengus Carroll, co-autore del rapporto, ha detto che gli attacchi sono ancora comuni e ha ricordato esplicitamente le recenti persecuzioni degli omosessuali in Cecenia o quanto avvenuto nell’aprile scorso a una coppia gay dei Paesi Bassi, picchiata mentre camminava per strada mano nella mano (cosa che ha portato alcuni politici e molti uomini in diversi paesi del mondo a camminare tenendosi per mano come parte di una campagna contro la violenza omofoba): «Stiamo sicuramente assistendo ad alcuni progressi preziosi per la vita delle persone LGBTI, ma ci sono comunque molte minacce che emergono».
Per produrre il rapporto, i ricercatori ILGA hanno analizzato i diversi testi di legge che riguardano l’orientamento sessuale e le Costituzioni dei 193 paesi delle Nazioni Unite (più Taiwan e Kosovo) avviando poi dei confronti con le organizzazioni locali. Il report è molto dettagliato, rimanda alle fonti legislative originali, presenta una serie di mappe e un’analisi finale per ciascuna area del mondo fatta da ricercatori e attivisti per i diritti umani. Si divide in tre macro-argomenti: criminalizzazione, protezione, riconoscimento. Ecco un po’ di dati.
121
È il numero di paesi in cui gli atti sessuali consensuali tra persone adulte dello stesso sesso sono permessi. Taiwan e Kosovo, che non sono riconosciuti dalla maggior parte della comunità internazionale come stati indipendenti, alzano il numero a 123. I tre paesi più recenti ad aver abrogato il divieto riguardante i rapporti sessuali fra persone dello stesso sesso o una legge sulla sodomia sono Belize, Nauru (nella Micronesia) e Seychelles. Sono più o meno il 63 per cento dei paesi del mondo.
72
È il numero di paesi in cui i rapporti tra persone adulte dello stesso sesso e consenzienti sono criminalizzati: in 27 di questi paesi le leggi si applicano solo agli uomini, negli altri anche alle donne. La percentuale dei paesi del mondo che rientra in questa lista è pari più o meno al 37 per cento.
Quasi la metà dei paesi di questa lista, e cioè 32, si trova in Africa; 10 sono in America (Barbados, Guyana e Jamaica, ad esempio); 24 sono in Asia (tra le altre ci sono Arabia Saudita e India) e 6 in Oceania. In una relazione del 2016 dell’organizzazione Human Rights Watch si diceva ad esempio che in Uganda gli uomini sospettati di essere omosessuali potevano essere sottoposti ad esami anali forzati. Nel 2016 i paesi che criminalizzavano l’omosessualità erano 75, nel 2006 (anno di inizio della relazione dell’ILGA) erano 92. In 19 paesi ci sono poi delle leggi e delle norme che regolano “la morale” e che restringono la libertà di espressione in relazione all’orientamento sessuale.
8
È il numero degli stati membri delle Nazioni Unite in cui una persona può essere condannata a morte se partecipa a un’attività sessuale consensuale con qualcuno dello stesso sesso. In Iran, Arabia Saudita, Yemen e Sudan la pena viene applicata a livello nazionale. In Somalia e Nigeria la pena di morte è prevista solo in alcune province e poi ci sono le regioni dell’Iraq e della Siria controllate dallo Stato Islamico dove la pena di morte viene sì eseguita ma non da soggetti governativi tradizionali.
Nel report si dice che altri cinque paesi (Pakistan, Afghanistan, Qatar, Mauritania e Emirati Arabi Uniti) prevedono la pena di morte nei loro codici, ma non risulta applicata per rapporti omosessuali consenzienti. In altri 14 paesi, sono previste pene che vanno dai 14 anni all’ergastolo.
9
È il numero di paesi, compreso il Kosovo, che citano in modo specifico l’orientamento sessuale nella loro Costituzione come motivo di protezione contro le discriminazioni. La percentuale di paesi che rientra in questa lista è pari al 5 per cento. La maggior parte delle Costituzioni contiene disposizioni generiche che riguardano l’uguaglianza e la non discriminazione che si applicano “a tutte le persone senza distinzione” ma senza che venga specificato l’orientamento sessuale. Sono 72 (il 37 per cento degli stati del mondo) i paesi che hanno invece leggi che vietano le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale nei luoghi di lavoro (in Italia c’è ad esempio il Decreto Legislativo 216 del 2003) e 86 quelli che hanno istituzioni nazionali per i diritti umani che includono l’orientamento sessuale nelle questioni di cui si occupano.
43
È il numero di paesi che prevedono i crimini di odio basati sull’orientamento sessuale come circostanza aggravante, il 23 per cento degli stati membri delle Nazioni Unite. In Europa ci sono ad esempio la Spagna, la Francia, la Danimarca, la Croazia, la Grecia, la Romania e il Montenegro, tra gli altri. In totale, in Europa, sono 27. In Italia il testo che ha come prima firma quella di Ivan Scalfarotto e che introduce il reato di discriminazione e istigazione all’odio e alla violenza omofoba e l’aggravante di omofobia nella cosiddetta “legge Mancino” è stato approvato dalla Camera nel 2013, ma da allora è fermo al Senato. I paesi che proibiscono l’incitazione all’odio per motivi che hanno a che fare con l’orientamento sessuale sono 39.
3
È il numero di paesi che proibiscono le cosiddette “terapie di conversione” o “terapie di riorientamento sessuale”, metodi intesi a cambiare l’orientamento sessuale di una persona dall’omosessualità originaria all’eterosessualità, oppure ad eliminare o quantomeno a ridurre i suoi desideri e comportamenti omosessuali. Sono Ecuador, Brasile e Malta.
23
È il numero di paesi che permettono il matrimonio tra persone dello stesso sesso (14 sono in Europa, l’Italia è esclusa), cioè il 12 per cento degli stati del mondo. I paesi che prevedono una qualche forma di unione tra persone dello stesso sesso sono 28, Italia compresa. L’adozione congiunta per persone dello stesso sesso di bambini che non siano già figli di uno dei due componenti della coppia è permessa in 26 paesi, cioè il 14 per cento dei paesi del mondo. Nell’ultimo anno, l’Austria, la Finlandia e parte dell’Australia hanno approvato leggi in questo senso. L’adozione del figlio o della figlia del coniuge è permessa invece in 27 paesi.
25
È il numero di paesi in cui è vietato fondare o registrare un’organizzazione non governativa che si concentri su questioni legate all’orientamento sessuale o ai diritti LGBTI. Questa nuova voce è stata inserita per la prima volta nel rapporto del 2017.