Cosa dice l’intercettazione di Matteo Renzi con suo padre sul caso CONSIP
L'ha pubblicata il Fatto, risale a marzo: suo padre gli dice di non ricordare se ha mai incontrato un imprenditore accusato di corruzione, lui lo incalza molto
Oggi il Fatto Quotidiano ha pubblicato un’anteprima del nuovo libro del giornalista Marco Lillo che contiene un’intercettazione mai pubblicata tra Matteo Renzi e suo padre Tiziano a proposito del caso CONSIP, un’inchiesta per corruzione e traffico di influenze che riguarda la centrale acquisti della pubblica amministrazione. L’intercettazione riguarda un aspetto importante dell’inchiesta, e cioè se Tiziano Renzi abbia mai incontrato Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano che secondo i magistrati gli avrebbe dato del denaro in cambio di un aiuto politico. Al momento non ci sono prove di passaggi di denaro tra i due, che hanno sempre negato di essersi incontrati. Nel corso della telefonata intercettata, però, Tiziano Renzi non sembra essere così sicuro di non aver incontrato Romeo e dice di non ricordare con precisione; suo figlio Matteo Renzi continua a incalzarlo bruscamente e sembra non credere alle sue affermazioni.
L’intercettazione risale allo scorso 2 marzo, il giorno prima dell’interrogatorio di Tiziano Renzi al tribunale di Roma. È una giornata importante per l’inchiesta CONSIP: proprio quella mattina Repubblica aveva pubblicato un’intervista in cui un conoscente di Tiziano e Matteo Renzi raccontava di aver saputo dall’imprenditore Romeo di un incontro avvenuto tra lui e Tiziano in un ristorante romano. «È vero che hai fatto una cena con Romeo?», domanda Matteo durante la conversazione telefonica intercettata. Lillo non riporta la risposta di Tiziano, ma trascrive un’annotazione dei carabinieri: «Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no». Cioè, secondo Lillo, Tiziano esclude di aver incontrato Romeo a cena, ma ipotizza che forse lo ha visto in un bar.
I carabinieri annotano ancora: «Matteo gli dice che non crede che non si ricordi di avere incontrato uno come Romeo». Tiziano allora risponde: «Non me lo ricordo», per poi aggiungere, scrive Lillo: «L’unico può essere stato…». Ma Matteo lo interrompe: «Non ti credo e devi immaginarti cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino». A quel punto, scrive Lillo, la conversazione assume toni drammatici: «Andrai a processo», dice Matteo, «ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie». E poi: «Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti». Il “Luca” di cui parla Matteo Renzi, scrive Lillo, è probabilmente Luca Lotti, anche lui coinvolto nell’inchiesta.
Il caso CONSIP è molto vasto e complesso. È cominciato a Napoli dal lavoro del pubblico ministero Henry John Woodcock, che stava indagando su alcuni appalti nella sanità campana e da lì – come è spesso accaduto alle indagini di Woodcock – l’inchiesta si è estesa fino a coinvolgere il padre del segretario del Partito Democratico e all’epoca presidente del Consiglio. Oggi l’inchiesta è divisa in numerosi tronconi, alcuni portati avanti dalla procura di Napoli, altri – come quello che riguarda Tiziano Renzi – dalla procura di Roma. I rapporti tra i due uffici non sono sempre sereni e i magistrati romani hanno dimostrato di avere molti dubbi sulla qualità del lavoro svolto dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico (NOE), che hanno condotto le indagini per conto dei magistrati di Napoli.
Matteo Renzi ha commentato l’articolo di Lillo con un lungo post su Facebook, in cui scrive: «Queste intercettazioni ribadiscono la mia serietà visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: “Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità.”». Renzi scrive di essere stato duro con suo padre e di rimpiangerlo: «Dunque incalzo mio padre. Lo tratto male, dicendogli: “non dirmi balle, la cena c’è stata per forza altrimenti non lo scriverebbero”. “Quante volte hai visto Romeo”. Lo interrogo, lo tratto male. Ma sono un figlio. E se tuo padre bluffa lo senti. Mio padre mi ribadisce: non c’è stata nessuna cena, devi credermi. Matteo, è una notizia falsa, devi credermi. Con l’aggiunta di qualche espressione colorita toscana». Alla fine, però, Renzi scrive di essere certo della sua innocenza: «Alla fine della telefonata, durissima, salgo in auto verso Castellaneta e poi Matera e sussurro a un caro amico che mi accompagna: “Mio padre non c’entra niente, mio padre non ha fatto niente. Questa storia puzza.”».
Se venisse confermato un incontro tra Tiziano Renzi e Romeo sarebbe molto imbarazzante per entrambi gli indagati, che hanno sempre negato di conoscersi. Probabilmente, però, non sarebbe sufficiente a confermare la tesi dell’accusa, secondo cui Tiziano avrebbe ricevuto del denaro da Romeo per aiutarlo ad ottenere alcuni appalti. Le prove che hanno i magistrati sembrano infatti piuttosto deboli, per il momento. La più importante è un biglietto trovato in una discarica che, secondo i carabinieri che lo hanno trovato, è stato scritto dall’imprenditore Romeo. Nel bigliettino c’è scritto: «30.000 per mese – T. 5.000 ogni 2 mesi R. C.». Secondo i magistrati, “T.” è Tiziano Renzi, “R.C.” un suo amico, l’imprenditore toscano Carlo Russo, anche lui indagato. Le cifre sarebbero tangenti che Romeo avrebbe pianificato di corrispondere ai due in cambio di un aiuto per ottenere alcuni appalti.
Tiziano Renzi, al momento, è sospettato anche di aver fatto pressioni su Luigi Marroni, l’amministratore di CONSIP, per favorire alcuni suoi amici. In un interrogatorio avvenuto lo scorso dicembre, Marroni disse che Tiziano Renzi gli avrebbe chiesto di incontrare il suo amico Carlo Russo. Marroni avrebbe accettato e, nel corso dell’incontro, Russo gli avrebbe chiesto di favorire una sua azienda in corsa per un appalto CONSIP, sfruttando il nome del senatore Denis Verdini e quello dello stesso Tiziano Renzi. Infine, i magistrati sospettano che qualcuno abbia avvertito Marroni e Renzi che era in corso un’indagine nei loro confronti. Alcuni alti ufficiali dei carabinieri sono indagati per favoreggiamento e rivelazione di segreti d’ufficio.
L’inchiesta ha subìto un grosso colpo qualche settimana fa, quando i magistrati che si occupano del filone romano si sono accorti che alcune intercettazioni relative al caso erano state trascritte in maniera erronea. Il comandante dei carabinieri che hanno seguito le indagini per conto della procura di Napoli, il capitano Giampaolo Scafarto (storico collaboratore di Woodcock), è accusato di manipolazione degli atti per aver attribuito alla persona sbagliata una frase che metteva Tiziano Renzi in grave imbarazzo. Scafarto scrisse anche di un possibile ruolo dei servizi segreti nel depistare le indagini: non scrisse, però, che l’episodio che aveva fatto nascere i sospetti si era rivelato del tutto falso. Nel corso di un interrogatorio, Scafarto ha detto ai magistrati che fu il pubblico ministero di Napoli Woodcock a suggerirgli di includere nel documento la parte sui servizi segreti.