Storia di un triplete fallito
Tra il 2001 e il 2002 il Bayer Leverkusen disputò la sua miglior stagione di sempre e arrivò in fondo a tre diverse competizioni, poi andò tutto male
di Pietro Cabrio
La sera del 15 maggio 2002 Zinedine Zidane segnò uno dei gol più belli nella storia della Champions League. All’Hampden Park di Glasgow, in Scozia, fece il gol che permise al Real Madrid di battere 2-1 i tedeschi del Bayer Leverkusen e vincere la nona Champions League. Fu un gol stupendo e difficilissimo, perché dovette coordinarsi alla perfezione per colpire al volo, e in quel modo, una palla che cadeva spiovente da una decina di metri d’altezza. Il gol di Zidane non fece solo vincere la Champions al Real Madrid, ma concluse anche nel peggior modo immaginabile la stagione del miglior Bayer Leverkusen di sempre, quello allenato da Klaus Toppmöller.
Nonostante Leverkusen abbia una popolazione di oltre 150mila abitanti, è generalmente considerata parte della periferia settentrionale di Colonia, che si trova pochi chilometri più a sud e conta più di un milione di abitanti. Deve la sua notorietà quasi esclusivamente alla presenza della Bayer, una delle più grandi industrie farmaceutiche al mondo, fondata a fine Ottocento a una quarantina di chilometri di distanza da Leverkusen, luogo poi scelto per ospitarne la sede principale. Da allora la città “orbita” intorno alla Bayer, la cui area occupa circa un terzo del suolo cittadino.
L’azienda, famosa in tutto il mondo per la sua Aspirina, diede alla città anche una squadra di calcio, il Bayer 04 Leverkusen Fußball, che in origine nacque come squadra del dopolavoro aziendale e poi, nel corso degli anni, si strutturò fino a diventare un club professionistico. Da almeno quarant’anni il Leverkusen è una delle squadre tedesche più note e presenti nelle coppe europee. Gioca in Bundesliga ininterrottamente dal 1979, anche se non ne ha mai vinta una. Si è piazzata al secondo posto in cinque diverse stagioni, e non arrivò mai così vicino a vincerla come nella stagione 2001/02.
Klaus Toppmöller, ex calciatore tedesco con alcune presenze nella Nazionale della Germania Ovest, arrivò a Leverkusen nel 2001 dopo aver allenato a Francoforte e a Bochum. Fin lì non aveva ottenuto grandi risultati, ma era stato apprezzato per il buon lavoro fatto con squadre di fascia media. Toppmöller arrivò al Bayer dopo che negli anni precedenti la squadra aveva ottenuto un quarto e due secondi posti di fila in campionato. La rosa non era cambiata molto e l’unica cessione rilevante era stata quella del difensore croato Robert Kovac, venduto al Bayern Monaco. Con Toppmöller quell’anno il club acquistò il portiere Hans-Jörg Butt, il terzino Zoltán Sebescen e il centrocampista turco Yildiray Bastürk, che Toppmöller aveva allenato al Bochum.
I nuovi acquisti rinforzarono ulteriormente una squadra già di per sé promettente. C’erano il terzino argentino Diego Placente, il venticinquenne Michael Ballack, destinato a una grande carriera, il difensore brasiliano Lucio e il suo connazionale Ze Roberto, talentuoso esterno comprato dal Flamengo tre anni prima. E poi una “colonna” di giocatori tedeschi, affidabili e di una certa sostanza: Jens Nowotny, Carsten Ramelow, Bernd Schneider e Oliver Neuville.
Il Bayer Leverkusen di Toppmöller iniziò la stagione molto bene, ottenendo una buona serie di risultati sia in campionato che nelle coppe. Forse inaspettatamente per le previsioni della società, i risultati della squadra andarono anche oltre le aspettative. Toppmöller riuscì a creare una delle squadre tedesche più forti di quegli anni, con molti giocatori che poi divennero fra i più noti a livello nazionale e non solo.
La formazione classica di Toppmöller era generalmente schierata in campo con un 4-1-4-1. In porta Butt, in difesa due centrali fisicamente imponenti come Nowotny e Lucio, con quest’ultimo in grado di impostare il gioco e spingersi anche in attacco. Davanti ai due centrali, Toppmöller ci mise Ramelow, la cui presenza permetteva ai due terzini, Placente e Sebescen, di partecipare alle azioni offensive senza lasciare sguarnita la difesa. L’unica punta era l’italo-tedesco Oliver Neuville, che nonostante la bassa statura, schierato da solo in attacco faceva muovere le difese avversarie in modo da creare spazi per gli inserimenti dalle retrovie, aiutati anche dal grande lavoro sulle fasce di Zé Roberto e Schneider. In quella stagione Neuville segnò tredici gol, ma il capocannoniere fu un centrocampista, Ballack, che proprio grazie a quel sistema di gioco ne segnò addirittura diciassette.
La squadra riuscì a restare nelle prime posizioni della classifica per tutta la stagione, passò tutti i turni della coppa nazionale e lo fece anche in Champions League, dove passò la prima fase a gironi da seconda classificata, con tre punti in meno del Barcellona, e poi anche la seconda, precedendo Deportivo La Coruña, Arsenal e Juventus. Ai quarti di finale rimontò la sconfitta subita all’andata contro il Liverpool vincendo 4-2 al ritorno. In semifinale eliminò un’altra squadra inglese, il Manchester United, grazie ai gol segnati in trasferta. Tra aprile e maggio, insomma, il Leverkusen si trovò a poche partite dall’ottenere quello che oggi chiamiamo triplete, cioè la vittoria della tre maggiori competizioni a cui un club europeo può ambire in una stagione.
Ma proprio nel momento conclusivo di una stagione fin lì incredibile, il Leverkusen iniziò a sgretolarsi. Il 13 aprile iniziò una breve serie di tre partite senza vittorie: pareggiò contro l’Amburgo e perse contro Werder Brema e Norimberga. In questo modo si fece superare dal Borussia Dortmund, che in tre giornate recuperò cinque punti di svantaggio, riuscendo a vincere la Bundesliga all’ultima giornata, con un solo punto di vantaggio. Pochi giorni dopo, l’11 maggio, giocò a Berlino la finale della coppa nazionale tedesca (la DFB Pokal) contro lo Schalke 04. Concluse il primo tempo in vantaggio di un gol, ma nella ripresa lo Schalke 04 ne segnò addirittura quattro. Il Leverkusen ne fece uno con Kirsten, ma non servì a nulla e la coppa andò allo Schalke.
Quattro giorni dopo perse anche la finale di Champions League, l’ultima competizione che le era rimasta. La finale di Glasgow fu probabilmente la miglior partita disputata dal Bayer nell’ultimo mese di stagione, e la squadra s’impegnò tantissimo per evitare un’altra sconfitta, creando molte occasioni da gol e giocandosela alla pari di un Real Madrid pieno di campioni. Riuscì a rimontare il vantaggio iniziale di Raul con un colpo di testa di Lucio, ma la sconfitta arrivò ugualmente, grazie al gol memorabile di Zidane alla fine del primo tempo.
Dopo aver perso tutto quello che si poteva perdere, Toppmöller divenne suo malgrado famoso come allenatore perdente e il suo Leverkusen si guadagnò l’appellativo tra i tifosi tedeschi di “Bayer Neverkusen”. Ai cinque giocatori tedeschi del Bayer che parteciparono al Mondiali del 2002 andò ancora peggio, dato che poche settimane dopo persero anche la finale contro il Brasile (Lucio, invece, la vinse).
Il Leverkusen di Toppmöller subì un crollo nelle ultime settimane della stagione molto probabilmente a causa dell’inadeguatezza della sua rosa, i cui titolari arrivarono molto stanchi a giocarsi le partite più tese e sentite nella storia del club (e il capitano Jens Nowotny saltò le due finali per un infortunio al ginocchio). La squadra non era stata pensata per affrontare tre diverse competizioni per una stagione intera, e le riserve, nonostante la presenza di ottimi giocatori come Ulf Kirsten e il bulgaro Dimitar Berbatov, non garantivano ancora lo stesso rendimento dei titolari, né la stessa fluidità nel gioco, quella che aveva permesso al Bayer di arrivare in fondo a tutto.
L’anno successivo il Bayern Monaco si prese Ballack e Ze Roberto, privando il Leverkusen di due membri fondamentali della rosa. Poi, nei primi mesi della nuova stagione, diversi titolari s’infortunarono e il rendimento del Bayer crollò fino a portare la squadra a ridosso della zona retrocessione. A febbraio Toppmöller venne esonerato e la storia di quel Bayer Leverkusen finì così in pochi mesi.
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