Stasera cinema?
Il sequel-del-prequel di "Alien", un film su Re Artù di Guy Ritchie e il nuovo di Terrence Malick, che ora ci ha preso gusto
Tra i nuovi film al cinema questa settimana ce ne sono tre di altrettanti registi noti e notevoli. Alien: Covenant, film di fantascienza-horror che è sequel-del-prequel di Alien, è di Ridley Scott, che ha fatto molti ottimi film di fantascienza (The Martian, Blade Runner e Alien del 1979) ma è uno di quei pochi che se la possono giocare con Steven Spielberg in quanto a capacità di fare tanti film molto apprezzati e tra loro molto diversi: ha diretto anche Il Gladiatore, Thelma e Louise e Un’ottima annata, per dirne tre. In alternativa ci sono anche King Arthur – Il potere della spada di Guy Ritche, che fa film dinamici, con tanti e originali tagli d’inquadratura e trame spesso alla Pulp Fiction, in cui le cose si incastrano in modi e momenti inattesi: se l’avete visto, pensate a Snatch – Lo strappo. Il terzo regista con un nuovo film in Italia è Terrence Malick, il regista di film d’autore, apprezzatissimi da qualcuno e fastidiosi e incomprensibili per altri, che dopo aver fatto cinque film in trent’anni ne ha fatti cinque negli ultimi sei. Il più recente è Song to Song, che parla di musica e relazioni incasinate a Austin, in Texas. Ma è difficile sintetizzare film di Malick in una riga.
Alien: Covenant
È un sequel di Prometheus, che uscì nel 2012, anche quello diretto da Scott. Parla dell’equipaggio della Covenant, una navicella che deve andare a colonizzare un nuovo pianeta. È ambientato nel 2104 ed è quindi di fantascienza, ma ci sono anche cose da thriller e da horror. Nel cast ci sono Michael Fassbender, Katherine Waterston, Billy Crudup, Danny McBride e Demián Bichir. È il sesto film della saga di Alien e ci sono piani per fare altri due sequel di questo sequel-del-prequel. L’idea è che il terzo film di questa nuova trilogia (Alien: Covenant più i due che ancora non esistono) arrivi fino a poco prima dell’inizio dell’Alien del 1979.
ll 76 per cento delle recensioni raccolte da Rotten Tomatoes ha parlato di Alien: Covenant in modo generalmente positivo, e il sito ha scritto che il film «mette in scena un altro appagante esempio di incontri ravvicinati spaventosi, ma non riesce a portare la saga verso una nuova direzione». Peter Bradshaw del Guardian ha scritto che è pieno di citazioni ed è una sorta di compilation delle cose migliori degli altri Alien. Per Bryan Bishop – e per molti altri critici – Alien: Covenant è meglio di Prometheus ma non è «quel gran colpo che molti appassionati di fantascienza forse aspettavano». Mekado Murphy del New York Times ha invece analizzato i modi in cui il primo Alien influenzò e per certi versi cambiò il cinema. L’ultimo film di cui si è detto “sembra Alien” è stato Life – Non oltrepassare il limite, uscito a marzo. Si disse anche che nonostante tutto non era per niente al livello del primo Alien.
King Arthur – Il potere della spada
Ritchie ha 48 anni e negli ultimi ha diretto due Sherlock Holmes (i film, non la serie) e Operazione U.N.C.L.E., nel 2015. Di lui si parlò come possibile regista da film di 007 ed è invece certo che dirigerà una versione in live-action, cioè con attori, di Aladdin, il film Disney del 1992. Per ora se ne sa pochissimo: solo che il Genio dovrebbe farlo Will Smith. King Arthur parla invece proprio di quella storia lì: Re Artù è interpretato da Charlie Hunnam, Àstrid Bergès-Frisbey interpreta Ginevra e nel cast ci sono anche Jude Law ed Eric Bana. Il film inizia quando Artù è giovane e non ancora re, poi arriva Excalibur e tutto il resto, con molte libertà. C’è anche un cameo di David Beckham.
Rotten Tomatoes ha scritto che King Arthur – Il potere della spada «seppellisce una vecchia storia con una sfilza di momenti da moderno film d’azione e che alla fine resta ben poco della storia tradizionale». David Ehrlich di IndieWire ha scritto che prende un po’ di cose da Game of Thrones e un po’ di altre da Snatch ma che alla fine è soprattutto brutto: «uno di quei generici blockbuster che non ha niente da dire e non ha nemmeno un’idea su come dirlo». In generale le critiche sono state più degli elogi: uno l’ha fatto Bradshaw, che ha scritto che il film è sempre «esagerato», ed è quello che lo rende interessante. Insomma, Ritchie deve ancora fare un film migliore di Snatch:
Song to Song
Prima non abbiamo parlato del cast: Michael Fassbender, Ryan Gosling, Rooney Mara, Cate Blanchett, Natalie Portman; ma anche piccole comparsate per Patti Smith, Iggy Pop, Florence Welch dei Florence and The Machine, i Black Lips, Lykke Li e Flea dei Red Hot Chili Peppers. La trama (ma tenete presente che nel film è scombussolato l’ordine con cui le cose succedono): BV – Gosling, un musicista – incontra Faye (Mara) a una festa organizzata da Cook (Fassbender) e inizia a frequentarla. Faye è una cantautrice e Cook un produttore musicale, che inizia a collaborare con BV e che ha avuto una relazione – e forse ce l’ha ancora, più o meno – con Faye. Nel triangolo si inseriscono anche la cameriera Rhonda (Portman) e Amanda (Blanchett). Un paio di curiosità: Gosling ha detto che il film è stato girato senza sceneggiatura; Malick ha chiesto agli operatori delle cineprese di girare anche durante gli spostamenti in macchina tra un set e l’altro, per non rischiare di non riprendere qualcosa che alla fine, magari, poteva finire nel film; anche Christian Bale ha girato alcune scene (mentre era sul set di un altro film di Knight of Cups, un altro film di Malick), ma sono state scartate; Malick è un grande fan di Zoolander; il direttore della fotografia del film è Emmanuel Lubezki, che ha vinto tre Oscar per la Migliore fotografia in tre anni consecutivi.
Rotten Tomatoes ha parlato di un film «narrativamente spartano ma visivamente sontuoso». Peter Debruge di Variety ha scritto che «il maestro è in modalità disco-rotto e rimescola i soliti vecchi temi con la scena musicale di Austin sullo sfondo». Sam Adams di Slate ha scritto che «il film indie rock di Malick dà l’idea di un cantante che rifà un vecchio pezzo ma che non c’è nessun cantante come lui». John DeFore dell’Hollywood Reporter ha scritto che se non vi sono piaciuti To the Wonder e Knight of Cups potete fare decisamente a meno di andare a vedere Song to Song. Jordan Hoffman del Guardian ha scritto che, se vi sono piaciuti, Song to Song gli è sembrato migliore rispetto a To the Wonder e Knight of Cups. Su Repubblica Paolo D’Agostini ha scritto che «l’effetto generale è irritante e soporifero». Sul New York Times Manhola Dargis ha scritto che Song to Song è l’ennesimo bellissimo puzzle di Malick. Richard Brody del New Yorker ha scritto che Song to Song «offre un’abbagliante profusione di angoli e prospettive». Invece: Zoolander, dicevamo.
Oppure
Sono usciti anche: Richard – Missione Africa, un film d’animazione su un passero che si crede cicogna ed è soprattutto per bambini; Tutto quello che vuoi, una commedia italiana con protagonisti “un trasteverino ignorante e turbolento” e “un poeta dimenticato”; Qualcosa di troppo, una commedia francese che secondo Paola Casella di MyMovies è «surreale e tendente all’esagerazione e allo stereotipo, più grottesca che divertente». Se riuscite a trovarlo, alcuni cinema proietteranno (si dice ancora, oggi che c’è il digitale?) una versione restaurata di Manhattan di Woody Allen.