La nuova sfilata di Dior, nel deserto
La prima collezione "cruise" – che vuol dire? – di Maria Grazia Chiuri, piena di star e modelle che leggono nel backstage
La stilista Maria Grazia Chiuri ha presentato la sua prima collezione “cruise” – cioè quelle rivolte ai mercati emergenti e con molti abiti da portare facilmente ogni giorno – disegnata per Christian Dior, di cui è direttrice creativa dal giugno 2016.
(CHRIS DELMAS/AFP/Getty Images)
Se n’è parlato parecchio anche per la località scelta per la presentazione: la riserva di Upper Las Virgenes Canyon a Calabasas, in California, un altopiano montagnoso e remoto dove sono stati girati MASH, La casa nella prateria e Via col vento, scelta anche da Kanye West per la sua ultima collezione con Yeezy.
Alle modelle il posto è piaciuto (VALERIE MACON/AFP/Getty Images)
Le modelle hanno sfilato tra canyon, tende e mongolfiere, mentre tra il pubblico c’era il solito affollamento di celebrities: Rihanna, Charlize Theron, Miranda Kerr, Brie Larson, Freida Pinto, Big Sean, Kelly Rowland, Kate Bosworth e Solange Knowles, che ha cantato alla fine della sfilata.
Chiuri ha spiegato che la scelta di sfilare a Los Angeles era stata presa prima del suo arrivo a Dior, ed è stata un punto di partenza da cui ha costruito la collezione. Anziché pensare a Hollywood, agli Oscar e a quel mondo patinato, Chiuri ha guardato alla natura e al deserto che circonda la città. Dagli archivi di Dior ha ripreso una collezione del 1951 dedicata agli affreschi preistorici sulle grotte di Lascaux, e ha aggiunto al tutto una sensibilità femminista che aveva mostrato nelle sue sfilate precedenti per Dior, a partire dalla prima. In questo caso si è ispirata soprattutto a Georgia O’Keeffe (1887-1986), famosa pittrice di paesaggi del New Mexico, grattacieli newyorkesi e fiori in primo piano (e moglie di uno dei primi famosi fotografi, Alfred Stieglitz).
(Rich Fury/Getty Images)
Ne è venuta fuori una collezione di 60 capi in toni terrosi, ocra, terracotta, accompagnati da cappelli a larghe tese (un omaggio a O’Keeffe), da stivaletti di pelle, sandali o sneaker fino alla caviglia, giacche strette in vita e gonne in stile New Look – quello inventato da Christian Dior, con cui viene identificato – con schizzi che richiamavano i dipinti di Lascaux, poncho pieni di frange, pellicce color senape, camicioni legati con cinturoni di pelle, tartan e piume, stampe etniche e jeans con intricatissimi ricami.
(CHRIS DELMAS/AFP/Getty Images)
Il taglio dei vestiti è «sciolto e facile da portare», ha scritto Vanessa Freedman, la critica di moda del New York Times. «Questa libertà del passo è forse l’aspetto più femminista del Dior di Chiuri». Freedman non pare aver apprezzato molto la collezione – «a volte mi sono sentita come se guardassi un episodio di Pocahontas che incontra Westworld» – ma l’ha considerata un passo avanti dall’esordio, dove il pezzo forte era una maglietta con su scritto “We should all be feminists” (“Dovremmo essere tutti femministi”), una citazione della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie: «sotto il cielo aperto c’erano più idee», ha scritto.
Chiuri ha cercato soprattutto di offrire un guardaroba vario e molteplice facile da personalizzare perché, ha detto, «le donne dovrebbero essere libere di definire se stesse».