La cittadinanza per Sirine Chaarabi
La pugile 18enne nata in Tunisia ha scritto a Mattarella perché le conceda la cittadinanza italiana, in modo che possa gareggiare con la nazionale del paese in cui vive da 15 anni
Lunedì pomeriggio alla Camera dei Deputati si è tenuta una conferenza stampa sulla legge di cittadinanza, organizzata dal deputato del Partito Democratico Khalid Chaouki. Durante l’incontro si è parlato principalmente del caso di Sirine Chaarabi, una giovane pugile di origini tunisine che ha lanciato una petizione su Change.org e scritto una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché le conceda la cittadinanza italiana, in tempi brevi: per permetterle di partecipare alle prossime competizioni internazionali di pugilato, compresi i mondiali giovanili che si svolgeranno in India il prossimo novembre. Chaarabi era tra i relatori della conferenza e ha raccontato la sua storia; tra gli altri, era presente il segretario generale della federazione pugilistica italiana Alberto Tappa.
Chaarabi ha compiuto 18 anni il 7 maggio, è nata in Tunisia, ma si è trasferita in Italia con la sua famiglia quando aveva due anni. Vive in provincia di Caserta e in questo momento frequenta il quarto anno di ragioneria e tutto il suo percorso scolastico si è svolto in Italia. Durante l’intervento ha detto di aver imparato l’italiano all’asilo grazie alle maestre e che ora lo considera la sua prima lingua. Si sente italiana, anche se è nata in Tunisia, perché dice di non trovare differenze tra la sua mentalità e quella dei suoi coetanei.
Ha iniziato a praticare pugilato da bambina: a sei anni ha fatto i primi incontri, a 14 il primo match ufficiale e poi i campionati italiani junior che ha vinto nella categoria 54 chili nel 2013 e nel 2014. Da quel momento sono iniziate le convocazioni in nazionale, ma anche i primi problemi dovuti al fatto di non avere la cittadinanza e l’impossibilità di partecipare agli incontri internazionali. Dove ha potuto, è intervenuta la federazione pugilistica italiana, che l’ha convocata ai ritiri della nazionale, le ha permesso di allenarsi con la squadra e di partecipare a incontri amichevoli, contro la Francia e la Romania.
Come poi ha spiegato il segretario della federazione Tappa, Chaarabi ha potuto gareggiare con la maglia della nazionale grazie all’introduzione nel 2014 del cosiddetto ius soli sportivo all’interno del sistema giuridico della federazione pugilistica. Tappa ha definito questa modifica al regolamento una sorta di anteprima di quello che sperano possa avvenire nel più breve tempo possibile per tutte le seconde generazioni presenti in Italia una volta che la riforma sulla cittadinanza verrà approvata. Quella pugilistica è stata la seconda federazione, dopo quella dell’hockey su prato, a riconoscere lo ius soli sportivo. Il segretario ha anche citato alcuni dati: gli atleti cittadini stranieri che svolgono attività agonistica all’interno della federazione del pugilato sono circa il 10 per cento dei novemila totali.
In questo momento, la cosa più importante per Chaarabi è riuscire a partecipare come atleta italiana a due eventi sportivi imminenti: gli europei di Sofia che si terranno a luglio e i mondiali di novembre in India. Per questo, sia lei che i parlamentari Chaouki e Camilla Sgambato chiedono al presidente della Repubblica Mattarella di riconoscere l’eccezionalità del suo caso e concederle la cittadinanza in tempi più brevi rispetto a quelli previsti dall’iter ora in vigore. «Chiedo al presidente Mattarella che mi permetta di non perdere questa grande possibilità di andare agli europei e ai mondiali» ha detto in conferenza stampa Chaarabi, «e di portare l’Italia sul tetto d’Europa e del mondo, perché vado lì per vincere e mi sento italiana».
Un precedente che fa pensare a un esito positivo della richiesta risale all’anno scorso, quando Mattarella riconobbe la cittadinanza a Yassine Rachik, mezzofondista di origini marocchine che lo scorso luglio poté partecipare ai campionati europei di corsa Under 23. Se così non fosse, Chaarabi dovrebbe fare domanda per ottenere la cittadinanza secondo la legge attuale – quella del 1992 – seguendo un iter che generalmente non impiega meno di due anni prima di essere completato. La legge del 1992, inoltre, non considera il riconoscimento della cittadinanza come un diritto del richiedente, ma come una concessione dell’amministrazione, che nella scelta di riconoscerla o meno ha totale libertà discrezionale.