Le unioni civili in Italia non sono davvero poche
Lo scrive Repubblica, tra molte proteste, ma in realtà sono in linea con quelli degli altri paesi europei, e proporzionati al totale dei matrimoni in Italia
Oggi Repubblica ha pubblicato due articoli – con grande spazio in prima pagina – dedicati al numero di unioni civili tra persone dello stesso sesso celebrate in Italia da quando è entrata in vigore la legge Cirinnà che le permette, lo scorso maggio: gli articoli sono stati molto criticati sui social network, anche dall’ex presidente del consiglio Matteo Renzi, per aver usato l’espressione «flop» (già nel sommario in prima pagina) in riferimento al presunto basso numero di unioni civili contratte finora. In particolare uno dei due articoli dice, anche questo già in prima pagina: «In otto mesi 2.802 unioni civili. In tutta Italia. Erano 2.433 a fine dicembre. Se ne sono aggiunte 369 tra gennaio e fine marzo. Non c’è che dire: decisamente un flop». A Repubblica è stato contestato il fatto di aver valutato in termini di applicazione numerica il valore di una legge che ha aumentato i diritti civili di una minoranza, quella delle persone omosessuali. In molti hanno osservato che, anche se fossero state effettivamente poche le persone ad avere usufruito delle unioni civili – “anche ci fosse stata una sola unione civile” -, la validità di un diritto e di una legge non si dovrebbe giudicare dal numero di volte che vengono esercitati. Lo stesso concetto peraltro era stato espresso dal ministro della Famiglia Enrico Costa, intervistato dallo stesso quotidiano.
Ma in molti sono anche entrati nel merito della contestazione di Repubblica e hanno fatto notare che 2.802 unioni civili tra persone dello stesso sesso in otto mesi (le prime sono state celebrate alla fine di luglio 2016) non possono essere considerate “poche”. Nel 2015, l’ultimo anno per cui abbiamo dati ISTAT disponibili, i matrimoni celebrati in Italia sono stati 194.377: dividendo per i dodici mesi dell’anno sono poco più di 16mila al mese, quindi si può dire che in otto mesi sono stati celebrati quasi 130mila matrimoni, arrotondando per eccesso. Il numero di unioni civili quindi è stato circa pari al 2,2 per cento dei matrimoni. Tenendo conto che secondo i più recenti dati ISTAT (sono del 2012) il numero di persone omosessuali residenti in Italia è compreso tra il 2 e il 6 per cento della popolazione, la percentuale di unioni civili rispetto ai matrimoni sembrerebbe proporzionata al numero di persone omosessuali. Facendo un confronto con gli altri paesi europei in cui sono state introdotte delle forme di unioni tra persone dello stesso sesso non ci sono grandi differenze con l’Italia: ad esempio, in Spagna nel 2006, l’anno dopo la loro introduzione, i matrimoni tra persone dello stesso sesso furono pari al 2,1 per cento di tutti i matrimoni, per poi fluttuare tra l’1,6 e il 2,2 per cento negli anni successivi. Nei Paesi Bassi, il primo paese del mondo a introdurre i matrimoni tra persone gay, la percentuale di queste unioni rispetto a quelle tradizionali è più o meno costante e si aggira attorno al 2 per cento. In Irlanda, che come Spagna e Italia è un paese a maggioranza cattolica, nel 2011, primo anno in cui sono state possibili, le unioni civili tra persone dello stesso sesso sono state pari al 2,1 per cento dei matrimoni sommati alle unioni civili di coppie eterosessuali.
In risposta alle critiche ricevute, Repubblica ha pubblicato sul suo sito un terzo breve articolo in cui è scritto che il quotidiano ha «creduto fortemente nella “legge Cirinnà”» e che a prescindere dal numero assoluto delle unioni civili avvenute finora «se non fosse stata stralciata dal testo la stepchild adoption, le unioni civili delle coppie omosessuali con figli sarebbero state certamente di più». Questa critica alla versione finale della legge sulle unioni civili era stata citata anche dai rappresentanti delle associazioni per la difesa dei diritti della comunità LGBT intervistati da Repubblica nel secondo articolo pubblicato questa mattina. Marilena Grassadonia, presidente delle Famiglie Arcobaleno, ad esempio ha detto: «Chi sperava con questa legge di tutelare i propri bambini, con lo stralcio della stepchild adoption si è sentito defraudato di un diritto, di certo da parte delle coppie con figli non c’è stata la corsa alle unioni civili». Un post in risposta alle critiche è stato pubblicato nel pomeriggio anche dall’autrice dell’articolo, una giornalista di Repubblica da molti anni che si occupa di solito di questioni giudiziarie e temi relativi alla Giustizia.