Rouhani riuscirà a farsi rieleggere?
Tra due settimane si vota in Iran e la rielezione dell’attuale presidente, che ha promosso lo storico accordo sul nucleare, non è per niente scontata
Il 19 maggio, tra poco meno di due settimane, in Iran ci saranno le elezioni presidenziali. Hassan Rouhani, l’attuale presidente ed esponente dei cosiddetti “moderati”, otterrà un secondo mandato solo se riuscirà ad arrivare davanti ai candidati del fronte conservatore, quello che in Iran detiene più potere. Nelle ultime settimane stanno circolando sondaggi e previsioni, ma è difficile dire fin da ora come andrà a finire, anche perché a differenza di quello che si pensa in Occidente generalmente le elezioni iraniane non sono “truccate”, non nel conteggio dei voti per lo meno (un’eccezione fu il voto del 2009). Esiste una selezione completamente arbitraria dei candidati fatta da un organo apposito, ma una volta scelti i candidati la partita è abbastanza aperta. Si possono dire almeno due cose con assoluta certezza: il nuovo presidente iraniano non sarà una donna – nessuna donna è stata selezionata tra i candidati – e non sarà nemmeno il conservatore Mahmud Ahmadinejad, presidente dal 2005 al 2013 e uno dei politici iraniani più noti nel mondo, la cui candidatura è stata bocciata un po’ a sorpresa il mese scorso.
Partiamo dall’inizio. In Iran il presidente è il capo del governo, è titolare del potere esecutivo ed è una carica elettiva. Non è però la figura politica più potente del paese, a differenza di quello che succede in diversi sistemi presidenziali, come quello statunitense o quello francese. Il sistema iraniano, che è unico al mondo, fa capo alla Guida suprema, la più importante carica politica e religiosa nel paese. La Guida suprema nomina i capi militari, dei media e degli organi giudiziari, ed è nominata a sua volta da un organo che si chiama Assemblea degli esperti, elettivo. Il sistema istituzionale iraniano è molto complicato, anche perché mischia religione e politica a tutti i livelli. Per capire qualcosa dei rapporti di forza interni al regime si può usare l’esempio dello storico accordo sul nucleare iraniano dello scorso anno: l’accordo fu voluto, raggiunto e firmato dal governo guidato dal presidente Hassan Rouhani, ma non sarebbe mai stato finalizzato se anche la Guida suprema non avesse dato la sua approvazione. L’ultima parola su moltissime questioni è sua.
Il presidente iraniano Hassan Rouhani a una conferenza stampa a Teheran il 29 agosto 2015. Dietro di lui è appeso un ritratto della Guida suprema Ali Khamenei. Il turbante nero indica che Khamenei discende da Maometto, a differenza di Rouhani, che invece indossa il turbante bianco (AP Photo/Ebrahim Noroozi)
Semplificando un po’, si può dire che in Iran ci siano due grandi schieramenti: uno conservatore e uno moderato. Il primo fa capo alla Guida suprema, Ali Khamenei, 77 anni, la cui successione è diventato da tempo il più importante tema politico nel paese. Il secondo fa capo a Hassan Rouhani, 68 anni, che con le opportune prudenze si può considerare un politico di centro. Oltre a Rouhani, che negli ultimi anni ha compiuto diverse importanti aperture verso l’Occidente, ci sono tre candidati da tenere d’occhio.
Il primo è Ebrahim Raisi, conservatore. Raisi si presenta come il candidato del Fronte popolare delle forze della rivoluzione islamica, un gruppo politico nato alla fine del 2016 con l’obiettivo di raccogliere le fazioni più conservatrici in un’unica entità, e di arrivare alle elezioni del 19 maggio con un unico leader. Curiosamente, Raisi non è particolarmente conosciuto in Iran, anche se viene considerato un religioso piuttosto potente e da qualche tempo si parla di lui come possibile successore di Ali Khamenei.
Alcune donne iraniane tengono in mano dei fogli con la faccia del religioso Ebrahim Raisi, il principale candidato conservatore alle elezioni presidenziali del 19 maggio. Raisi viene considerato il candidato più vicino alla Guida suprema Ali Khamenei. La foto è stata scattata durante un evento elettorale a Teheran il 26 aprile (AP Photo/Ebrahim Noroozi)
L’altro candidato conservatore è Mohammad Bagher Ghalibaf, sindaco di Teheran dal 2005. È la terza volta in 12 anni che Ghalibaf si presenta a un’elezione presidenziale: le prime due non gli erano andate troppo bene. Per diverso tempo si è pensato che Ghalibaf fosse disposto a ritirare la sua candidatura poco prima delle elezioni, di modo da non intralciare le possibilità di vittoria di Raisi, ma le cose potrebbero non andare così. In diversi sondaggi pre-elettorali Ghalibaf è risultato essere il candidato conservatore più popolare, anche se al primo dibattito televisivo, trasmesso il 28 aprile, è uscito con le ossa rotte.
Alcuni dei candidati alle elezioni presidenziali iraniane del 19 maggio durante il loro primo dibattito televisivo. Da sinistra a destra: il presidente Hassan Rouhani, il sindaco di Teheran Mohammad Bagher Ghalibaf, il primo vicepresidente Eshaq Jahangiri e il candidato dei conservatori Ebrahim Raisi. Il dibattito si è tenuto a Teheran il 28 aprile (AFP/Getty Images)
Ghalibaf è stato attaccato molto efficacemente da Eshaq Jahangiri, primo vice presidente del governo Rouhani. Durante il dibattito, Jahangiri si è presentato come rappresentante dei “riformisti” (gli iraniani di centrosinistra, diciamo così), una corrente politica che negli ultimi anni ha perso rilievo. I riformisti vissero un grande momento di speranza durante la presidenza del riformista Mohammad Khatami (1997-2005), quando diversi aspetti autoritari del regime iraniano – il controllo sui media o sulla possibilità di organizzarsi informalmente in gruppi di opposizione – furono attenuati. Poi però i riformisti furono repressi con la violenza alle elezioni che portarono Ahmadinejad al suo secondo mandato presidenziale, nel 2009, e da allora si sono avvicinati progressivamente ai moderati. Di nuovo, alcuni osservatori avevano previsto che Jahangiri a un certo punto si ritirasse per non intralciare la strada di Rouhani, ma non è certo che succederà. Lo stesso Jahangiri ha negato di essere un candidato solo strumentale ai fini politici di Rouhani. Per il momento comunque non c’è stata alcuna rottura nel fronte a sinistra dei conservatori, e i leader riformisti hanno ribadito che anche per loro il candidato principale rimane Rouhani.
L’esito delle elezioni iraniane rimane molto incerto, anche per la fluidità degli schieramenti in campo. Un’eventuale rielezione di Rouhani, che viene data come possibile ma non certa, non sarebbe una buona notizia per la Guida suprema Ali Khamenei, che negli ultimi anni ha mostrato una crescente insofferenza verso le politiche di apertura dell’attuale presidente.